PAOLO RADI PRESENTA
C O N V E R S A Z I O N E
CON
GIANLUCA CIPOLLETTA
Gianluca Cipolletta talento napoletano classe 1983. La sua storia é simile a quella di tanti altri scugnizzi di una delle città più belle e difficili del mondo, inizia ovviamente con un pallone come giocattolo preferito.
Un gioco si ma che negli anni diventa una passione e addirittura una ragione di vita. Gianluca tra le strade di Napoli cresce, gioca, si diverte e fa divertire tanti altri con le sue giocate da vero predestinato, si perché chiunque l’abbia visto da bambino avrebbe giurato che un giorno quel ragazzino avrebbe calcato grandi palcoscenici.
A 13 anni entra a far parte delle giovanili del Napoli ma appena un anno dopo viene a mancare il suo più grande tifoso, il suo papà.
Da lì in poi diventa tutto più difficile, camminare da solo per un ragazzino di quel’ età non e facile, a 16 anni lascia Napoli, direzione Siena all’ epoca militante in serie C1, il suo talento ed i suoi piedi gli permettono di girare e di farsi apprezzare ovunque, ma senza una vera guida le scelte si sbagliano e si commettono errori ai quali non sempre è concesso recuperare.
Cosi torna in Campania e inizia il suo girovagare tra i dilettanti (Terzigno, Angri, Ercolanese, Portici, Serino, Sanseverinese) per citarne alcune.
Oggi Gianluca lavora e gioca, gioca ancora a calcio quel calcio che lo ha tenuto lontano dalla strada e al quale lui ha giurato eterno amore a prescindere dalla fama o dalla categoria. Beh un campione mancato dicono tutti quelli che lo hanno visto giocare nei campetti della città con il suo N.10 sulle spalle, e nei quali Gianluca si è fatto amare ed osannare al punto di essere diventato una favola metropolitana. Lui però non ha rimpianti, è felice della sua vita e oggi a 36 anni è sposato con Lucia e papà di 2 figli maschi Vincenzo e Thomas, magari chissà il destino ha ancora in serbo qualcosa...
La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?
Prima era molto diverso da oggi, non esistevano tutti questi videogame, tablet o smartphone, ai miei tempi si usciva di primo pomeriggio e si rientrava quando faceva buio e la maggior parte del tempo si passava a giocare a pallone. Quindi sin da piccolissimo.
A tredici anni viene a mancare suo padre, quanto crede che abbia influito questo evento nella sua potenziale carriera.
Beh perdere un genitore a quell’ età credo sia evento drammatico a prescindere da tutto, mio padre per me e per la mia famiglia era tutto. La mia casa da quel giorno ha vissuto momenti veramente difficili e di conseguenza la mia vita, questo sia nel quotidiano che soprattutto nel calcio.
Diventare calciatore e il sogno di ogni bambino, a Napoli poi e visto anche come un mezzo per fuggire dalla criminalità e povertà?
Beh a Napoli si vive calcio, si respira calcio, in ogni vicolo trovi porte disegnate sui muri...è proprio li che nasce la vera passione quella senza interessi fatta solo di divertimento ed amore per questo sport.
Poi riuscire a farcela e un discorso a parte che non è sempre frutto del merito, purtroppo non basta essere bravi.
Cosa credi ti sia mancato per arrivare più in alto.
Mah non saprei, non è nel mio carattere addebitare alla sfortuna oppure al destino colpe che magari ho io, forse non ero poi così bravo come mi descrivono. Ma uno dei motivi per cui ho fatto fatica e stato sicuramente che non sono mai voluto scendere a compromessi con nessuno e questo mondo a tutt’oggi e a tutti livelli si mantiene solo su quello.
Hai sempre giocato con la maglia N 10 ma qual è il vero tuo ruolo in campo?
Si ho sempre indossato quel numero, diciamo che almeno prima il N.10 era sinonimo di talento quando la numerazione era 1-11 ogni numero aveva un significato e caratteristiche specifiche e quasi tutti aspiravano al N 10 che poi a Napoli e stata indossata dal più forte della storia.
Il tuo goal più bello?
Più bello non saprei...non ho mai avuto l’etichetta di bomber, mi e anche sempre piaciuto far fare goal agli altri, ma tra i goal che ho fatto ne ricordo qualcuno per emozioni che mi ha regalato come uno da centrocampo quasi al 90'.
Dopo tanti anni di calcio giocato cosa ti ha lasciato questo sport.
Direi i rapporti umani che ho costruito negli anni in cui ho giocato, la cosa più bella che porterò con me sono gli amici veri che ho avuto la fortuna di conoscere.
Cosa ti ha tolto invece il calcio?
Tolto non saprei, certo nel mio piccolo qualche sacrificio l’ho fatto, ma rifarei tutto nello stesso identico modo.
Hai due figli, farai ripercorrere la tua stessa strada anche a loro?
Non voglio influenzare i miei figli su che strada intraprendere, sarò sempre al loro fianco qualsiasi passione abbiano, ma di certo non mi dispiacerebbe seguirli su un campo da calcio.
In ultimo un consiglio da dare ai più giovani.
Oggi e difficile consigliare i giovani, ascoltano poco, io li vivo negli spogliatoi ed il loro atteggiamento e troppo influenzato da quello che vedono in TV o sui social, pensano troppo alla forma e poco al contenuto, ed è proprio questo che mi sento di dirli: “cercate di lavorare sul campo e non sugli smartphone”.
Grazie
a cura di Paolo Radi
04 04 2019
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