SEZIONE SPORT
Paolo Radi intervista
DOMENICO
MUSTONE
Domenico Mustone è un giocatore campano, ruolo difensore, e così ci si presenta:
Sono nato ad Avellino il 7 di marzo del 1992. Ho iniziato a muovere i primi passi con il pallone sotto la guida del mister Antonio Flammia nella scuola calcio di Mirabella Eclano.
Successivamente sempre con lo stesso mister mi sono trasferito alla neo scuola calcio del mio paese, la “ San Martino”. In seguito sono andato all “Inter Campus” di Ariano Irpino ci allenava il mister Leonardo Surro ex giocatore della Lazio.
Sono approdato nelle giovani dell’Avellino negli allievi nazionali, purtroppo ho subito la rottura del legamento crociato anteriore. A 17 anni ho esordito in serie D.
In questo momento gioco nella squadra del mio paese, a Grottaminarda da tre anni dove sono stato il capitano e dove sto dedicando i miei ultimi anni calcistici.
Queste sono le principali squadre dove ho militato: Fec Benevento, Sarnese, FC Sambiase, Gebison, San Severo, Madre Pietra D., Agropoli, Grotta 1984.
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La prima domanda che le voglio fare è la seguente com’è terminata stagione 2022-2023.Si si ritiene soddisfatto delle sue prestazioni oppure poteva fare di più?
La stagione è terminata con la vittoria del campionato. Sono soddisfatto della mia prestazione, un po’ meno i primi mesi dovuti ad un infortunio alla caviglia. Ma dopo essere guarito tutto è andato secondo la norma. Mi ritengo soddisfatto.
In questa stagione che è appena iniziata, le gioca di nuovo nella squadra del suo paese la Lions Gratta di Grottaminarda, come mai questa scelta? Dipende forse che lei è molto legato a dove vive?
Da un paio di anni ho preso alcune decisioni importanti nella mia vita, come quella di non spostarmi lontano dal mio paese, dunque sono sceso di categoria.
Ho avuto la chiamata da questa società fantastica della mia città, che mi ha donato grandi stimoli, grazie anche ad una progettazione e alla passione e voglia di fare di questi ragazzi. Durante quest’estate ho ricevuto chiamate allettanti sia di categorie superiori sia da società limitrofe con cospicuo ingaggio, ma l’amore per il mio paese è molto più grande.
Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?
In realtà non l’ho mai scoperto. Forse ci sono nato con questa passione che mi è stata tramandata da mio nonno materno, Vincenzo Assanti ex stella dell’Avellino negli anni 50. Ho ereditato passione e sinistro da lui, e glie ne sarò per sempre grato.
I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”
I miei genitori hanno sempre assecondato e rispettato le mie scelte consigliando di pari passo il proseguo degli studi, importantissimo per la crescita professionale e culturale di ognuno di noi.
Nella scuola calcio Inter Campus lei ha avuto come allenatore Leonardo Surro, ex giocatore della Lazio, quanto è stato importante per lei averlo come allenatore?
Il mister è stato un punto di riferimento per tanto tempo. Grande intenditore di calcio mi ha fatto crescere e durante quel periodo mi adoperava in più ruoli. Grazie a lui ho sviluppato la duttilità nei ruoli ed ho affinato questa dote nei lunghi anni militati in serie D dove mi sono affermato come atleta giocando tantissime partite.
Nelle giovanili dell’Avellino lei subisce un infortunio, sarà stato un brutto periodo, com’è riuscito a superarlo?
Sì ricordo di aver firmato negli allievi Nazionali dell’Avellino una settimana prima. Avevamo la prima sfida stagionale contro il Frosinone e durante un allenamento un difensore in prova, dopo averlo dribblato, mi entra sulla gamba sinistra. Il ginocchio subii una torsione e ci fu il crack. È stato un periodo, difficile ma mi ha formato sia caratterialmente sia mentalmente. Ho acquisito la capacità di reagire agli eventi bruschi della vita e di non mollare mai perché nel calcio nessuno ti regala nulla.
Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più legato?
Sono rimasto legato un po’ a tutte ma i ricordi più belli ce li ho nella Forza e Coraggio di Benevento, Gelbison, San Severo ed Agropoli.
Ho avuto l’onore di essere allenato da allenatori che hanno scritto e stanno scrivendo il palcoscenico italiano della serie D e della serie C. Come i mister: Emilio Longo, allenatore del Picerno in Lega pro; Mister Alessandro Erra ex allenatore Catanzaro, Vigor Lamezia, Nocerina e Paganese; Mister Esposito attuale allenatore della Nocerina; Severo De Felice ex Paganese, San Severo, Gelbison e Scafatese e Andrea Cammarota. Ognuno di loro mi ha regalato tantissimo e mi hanno fatto migliorare tantissimo sia come calciatore che come uomo. A loro è il gran merito di avermi resto l’atleta che sono. Grazie infinitamente.
Ci può dire qualcosa della sua esperienza nel club San Severo Calcio 1922?
A San Severo sono stati degli anni bellissimi. Ho avuto compagni di squadra eccezionali. Come Davide Evacuo, Andrea Florio, Ciro cipolletta, Lorenzo Cinque, Alessandro Rosso, Ciro Favetta, Raffaele Natino, Pasquale D’Arienzo e tanti altri. Giocatori che hanno fatto carriera, grandissimi calciatori con i quali sono convinto che se solo avessimo continuato qualche altro anno tutti insieme, avremmo vinto il campionato di serie D.
San Severo è una piazza storica che merita il meglio e uno stadio adeguato alla sua città.
I tifosi mi hanno sempre accolto bene e stimato. Sono stati anni stupendi.
Grandi discussioni con i mister le ha avute oppure ha sempre accettato le decisioni con serenità?
Sono stato uno di quei calciatori fortunati, perché in tutte le squadre dove ho militato sono sempre partito negli undici titolari, di conseguenza non ho mai avuto grandi screzi con nessuno! Credo che il calcio sia sacrificio e come ho detto prima nessuno ti regala nulla! Tutto va sudato e meritato. Anche se fossi partito svantaggiato mi sarei rimboccato le maniche e avrei dimostrato al mister in questione che si stava sbagliando. Fortunatamente, tutto sommato, non posso lamentarmi.
Generalmente che ruolo ha all’interno del gruppo, mi spiego ascolta i consigli dei compagni, discute serenamente con loro, oppure tende a imporre la sua volontà?
Sono una persona che non ama parlare troppo, ma ama farlo quando è necessario e giusto. Credo che sia questa la vera espressione di personalità e di leadership e non quella di imporla e forzarla. Credo che il rispetto che hanno i tuoi compagni di te sia più efficace quando stimano la persona che sei e non quando invece la imponi con la paura. Parlare troppo e male non porta a nulla, secondo il mio avviso.
È importante ascoltare i giovani. Difenderli nei momenti di difficoltà, ma responsabilizzarli cosi da accrescere la loro personalità. I giovani sono importantissimi e sono il futuro del calcio Italiano e non solo. Sono contento che nel gruppo della mia squadra io sia un punto di riferimento. Per i miei compagni ci sarò sempre, in qualsiasi circostanza e situazione che si presenti e sono sicuro che loro farebbero lo stesso per me.
Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando)
Il mio pregio sicuramente la tecnica nonostante sia difensore, la duttilità e la lettura tattica delle situazioni.
Difetti? Sicuramente ho il piede destro solo per salire le scale come si usa dire e in alcune situazioni sono troppo testardo.
Se avesse la possibilità di tornare indietro, cambierebbe qualcosa, oppure è soddisfatto di dove è arrivato sino ad ora?
Non cambierei nulla. Sono soddisfatto di tutto ciò che ho fatto. Non devo dire grazie a nessuno, ho sempre meritato e dimostrato basandomi soltanto sulle mie capacità. Ho lavorato duramente soprattutto dopo essermi infortunato due volte al ginocchio.
Mi sono sempre rimboccato le maniche e sudato per la maglia, tifoseria e società delle squadre nelle quali ho giocato. Ho sempre dimostrato il mio valore e sono fiero di quello che ho fatto.
Ovviamente con l ‘esperienza che ho oggi e tornando indietro saprei affrontare in maniera migliore determinate situazioni e determinate scelte, ma tutto sommato sono soddisfatto di ciò che calcisticamente sono riuscito a realizzare.
Che cosa pensa dell’allenatore della nazionale di calcio Roberto Mancini andato ad allenare l’Arabia Saudita per circa 30 milioni di euro all’anno, ovviamente ognuno da quel che vuole, ma sembra che ogni che passa contino solo i soldi e meno certi valori, o principi, lei cosa ne pensa? Sembra che i soldi riescono a compare tutto, è così?
Penso che si stia perdendo il senso di appartenenza nel calcio soprattutto per la propria Nazione e Nazionale. Il patriottismo davanti al Dio denaro sembra stia scomparendo. Poi ci stupiamo se oramai da anni non partecipiamo più come nazione ai mondiali di calcio. Il sistema sta perdendo tutti i suoi valori.
Famiglia e amici quanto sono importanti per lei?
Sono importantissimi. Sono il motore di ognuno di noi anche se questo vale a mio avviso più per la famiglia che per gli amici. Non tutti sono contenti dei tuoi successi anzi, alcune volte infangano i tuoi successi sportivi proprio perché questi ultimi non li hanno mai ottenuti. Non tutti ovviamente ma la maggior parte. Ritengo che la famiglia sia davvero il porto sicuro e il carburante per affrontare la vita.
Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato?
Vivo la vita giorno per giorno senza aspettarmi nulla. Un sogno che mi preme e quello di vedere i colori della mia città nel calcio importante dilettantistico. Mi piacerebbe vederli un giorno raggiungere la serie D.
A chi vorrebbe dedicare questa intervista?
Dedico quest’intervista alla mia famiglia, ai veri amici, ai tifosi dei Lions, alla società e a mio nonno. Lo ringrazio per avermi donato e tramandato la passione per il gioco più bello del mondo.
01 Settembre 2023
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