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lunedì 13 giugno 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

DIEGO 

CENCIARELLI




 





 

Diego Cenciarelli è un famoso giocatore italiano. E’ nato a Umbertide (Perugia) il tre marzo del 1992 e gioca nel ruolo di centrocampista.

Cresciuto nelle giovanili di Milan e Fiorentina (ha giocato pure nel Modena all’età di 11 anni)  ha militato nel Casarano (serie D) 2009/2010, 2010/2011 con 32 presenze, Campobasso (serie C2); nel 2012 viene acquistato dalla Fiorentina, e con la Fiorentina viene impegnato nella primavera, 2011/2012, Perugia (serie C1) 2012/2013, vince il campionato nel Teramo 2013/2014 con 37 presenze, (C2 e passa in C1) 2014/2015, 2015/2016, Viterbese (serie C) 2016/2017,2017/2018, Gubbio (serie C) 2019/2020, Puteolana (serie D)  e Sanbenedettese 2020. Qui i campionati si fermano per la pandemia. La Sanbenedettese è stata la sua ultima squadra professionistica. 

 

Da due mesi ha ricominciato a giocare con con la A.S.D. Città di Petrosino (Trapani) in prima categoria.

 


 

 

Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo periodo di pausa?  Come mai giocato con il Petrosino calcio? 

 

L ‘inizio del covid l’ho vissuto molto male, ricordo che stavo a San Benedetto da un mesetto e mezzo e quella settimana prima dello stop...avremmo giocato a Piacenza.  Mister Montero mi mise nella formazione titolare poi ci furono dei contagiati a Codogno e la partita fu rinviata fino al definitivo stop del calcio e del definitivo lockdown. 

In quel momento diciamo che ho avuto dei periodi molto complicati e gli ho dovuti affrontare da solo perché mi ero appena separato dalla mia compagna, persona di cui, nonostante tutto, provo una profonda stima affetto e amore fraterno. In quel momento mi trovavo in comunità, come lo sono adesso per mia volontà,  avevo cominciato a provare delle belle sensazioni per una ragazza speciale. In quella struttura avevo uno speciale legame, così rifiutai la possibilità di andare a giocare in eccellenza allo Spoltore, potevo guadagnare molto, ma molto di più rispetto a dove mi trovavo in quel momento.

 

 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Sono nato con il pallone tra i piedi e dall’ età di 5 anni che ho cominciato a giocare e divertirmi, passavo dal provare a palleggiare con il pallone al provare a palleggiare con le arance, le palline da tennis i limoni, e spesso guardavo le video cassette di Maradona e del Milan

 

I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori avevano un bar dove praticamente dalla finestra del bar mi catapultavo nel campo da calcio, precisamente nel Trestina una società che attualmente gioca in D. Non me l’hanno mai detto i miei genitori fino a quando stavano insieme e cioè che i professori dicevano che fossi intelligente, ma che non mi applicavo. Stavo sbagliando perché il sapere il conoscere è importante, ma la vita stessa e la strada ti insegnano  molto, ma molto di piú di un libro. 


 Ho conosciuto compagni di squadra che sono riusciti a coniugare entrambe le cose, mi viene in mente Daniel Ciofani, un ragazzo splendido.

 

Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

Sono legato ad ogni città, c’è spazio per tutti nel mio cuore, sarebbe facile dirle le piazze in cui mi sono espresso meglio, alla Fiorentina abbiamo vinto un campionato di allievi nazionali contro l’Inter giocando una finale importante sostituendo Daniel Agey un “animale”, anche se si è trattato di un percorso tra alti e bassi.


A Casarano ho fatto molto bene, sono stato due anni in quella città in cui si vive solo di calcio se stimolata, riempie di calore i propri giocatori. A Campobasso nonostante il freddo ho fatto bene ed ho staccato il pass. per giocare nel mio Grifo a Perugia, ho il rammarico è il dispiacere di aver dato molto, ma molto poco. Ho fatto male, anche se ero partito molto bene all’inizio, poi ci sono stati vari infortuni, prima un problema al ginocchio -una discreta distorsione -al ginocchio poi rientro, Camplone mi butta nella mischia e mi stiro dopo 3 partite. 


 Rientro e poi nella amichevole del giovedì mi stiro nuovamente, poi rientro e mi viene una dolorosissima sciatalgia ho visto tanto talento e qualità tecniche quell’ anno, è stata la squadra più forte in cui ho giocato fino ad ora, devo aggiungere poca maturità poca esperienza, comunque è stata un’esperienza che mi ha fatto crescere.


Teramo è forse la città in cui sono riuscito ad esprimermi meglio, abbiamo raggiunto 2 promozioni e un ottavo posto partendo da meno 6, abbiamo fatto la storia e regalato emozioni immense indipendentemente da tutto.


Poi c’è il Viterbo dove ho giocato altri 3 anni, il primo anno è stato discreto, il secondo molto buono, il terzo è stato altalenante tra alti e bassi. 


Qui secondo me abbiamo compiuto un’impresa che solo uomini veri guidati da un grande condottiero potevano compiere: giocare 30 partite in 3 mesi viaggiando dal centro Italia al sud Italia allenandosi pochissimo. È stato estenuante a livello psicologico e fisico per come l' ho vissuta io, ma siamo riusciti nell’ impresa, eravamo un corpo unico: società tifosi e squadra.


Purtroppo poi  è iniziato il mio calvario nel Gubbio e nella Sambenedettese, posso solo che chiedere scusa. L’ultima società è stata il Petrosino dove abbiamo vinto la Coppa Sicilia con una grande “banda”, l’abbiamo riportata in promozione dopo 8 anni, forse anche 10.


Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? 

 

Perché si fa credere ai ragazzi che essere calciatori sia l’avere donne,  soldi, notorietà e che sia un bene tutto ciò, che sia la felicità il raggiungimento del traguardo di vita.


 Invece io sono stato bene anche senza soldi e sto bene con il minimo indispensabile; sto facendo il tirocinio per un corso osa e attualmente do una mano ad accudire gli anziani; mi gratifica molto, mi piace, non sono i soldi che mi interessano. Da piccolo ascoltavo molto spesso la canzone “Tu corri”, c’ è una frase che dice: “non e la fama che mi spinge, ma e la voglia di essere un nome inciso un fuoco nella storia” quando rimani nella storia significa che hai fatto qualcosa di speciale e questo vale per qualsiasi lavoro.

 

Lei è molto conosciuto e molto stimato, che cosa significa essere conosciuti da molte persone, almeno così ho letto su diverse riviste? 

 

Non lo so, sono conosciuto abbastanza credo, so di essere stimato e anche di essere meno stimato, io quando voglio bene, voglio bene e do tutto me stesso, e quando non stimo mi sforzo comunque nel fare qualcosa di buono per l'altro.


Quando sei conosciuto devi sentire la responsabilità di fare qualcosa di positivo...di lanciare dei messaggi, le tue idee, il tuo credo. Questo non significa che sia esente da sbagli, sono un essere umano, ma cerco di dare dieci alle persone.

 

Si ricorda il suo goal più bello?

 

Il mio goal lo feci da bambino,  ti parlo di 10 o 11 anni,  realizzai  un goal dal centrocampo,  ovviamente il campo era più piccolo.

 

Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando)

 

Sono felice di aver ritrovato me stesso, ho preso 100 pasticche di depakin, 15 alla volta desiderando la morte, ed ora sono qui a voler donare amore, aiutare le persone a rialzarsi a poter con la mia storia salvare qualche vita e mi fa piacere che ci sia gente che io non conosco bene, ma che riesce a  raccontarmi  le proprie esperienze,  che mi chiede consigli o  che semplicemente ha bisogno di sfogarsi per riuscire  a combattere nuovamente in campo per una città, una comunità, una società per i miei compagni. Quello che siamo ora è il frutto anche e soprattutto delle nostre cadute, comunque  non cambierei nulla di me, ma se posso aiutare a qualche ragazzo a non ripetere i miei stessi errori lo faccio immediatamente.

 

 

Il mio pregio e il recupero palla la pressione, la grinta...la capacità di soffrire per gli altri, il difetto e che devo gestire con maggiore lucidità alcuni palloni quando vado in debito d’ossigeno e fare la cosa più semplice possibile, questo perché il calcio e semplicità, muoversi nello spazio con i tempi giusti e altro, ma ognuno porta le proprie caratteristiche. 


Ad esempio ieri ad un mio amico gli ho detto che comunque vada sappi che hai regalato emozioni, sei l’estro del calcio in persona.  Fuori dal campo è un ragazzo che mi tanto ridere, è fuori dagli schemi. In conclusione mentre da piccolo segnavo da centrocampo e da calcio d’angolo da grande ho visto poco la porta.

 

Un giocatore che lei ammira tantissimo? 

 

Il giocatore che ammiro di più in assoluto per averlo visto esplodere, ma più che giocatore lo guardo come uomo perché a me a me ha lasciato il segno dentro, si tratta di Gianluca Lapadula, è un esempio su tutto per me (diciamo quasi), ma non perché guadagna miliardi, perché combatte, da l’esempio senza parlare, perché aiuta, perché si sacrifica, perché è folle, perché morirebbe per il suo credo. Infine ho una grande stima di Gattuso come uomo e giocatore, di Allan, di Medel, da piccolo ammiravo Maradona e Giovinco

 

Famiglia e amici quanto sono importanti per lei?

 

Ho sempre sognato di avere una famiglia tutta mia, una ce l’ho nel cuore, anche se non la sto vivendo e sono i famigliari della mia ex compagna, persone che mi hanno trasmesso tanti bei valori, insieme a qualche batosta, ma siamo umani, si sbaglia, abbiamo sbagliato a vicenda, ma ci amiamo e ci stimiamo lo stesso, gli darei un mio organo se necessario. Comunque vedremo se questo sogno si realizzerà; gli amici sono importanti, io cerco di essere amico di tutti, nel nostro cammino ne troveremo tanti...come troveremo chi non vuole esserci amico. Le amicizie vere le so riconoscere...e so chi sono, per questo li amo e gli voglio un modo di bene.

 

Com’è riuscito ad arrivare a giocare con il Petrosino calcio, inoltre com’è stato accolto nel club? 

 

Sono arrivato al Petrosino grazie a Matteo Asaro un infermiere della struttura di Villa Azzurra, a mia insaputa ha parlato con mister Sandro Ingargiola e Bartolo. In quel preciso momento non volevo più giocare a calcio, stavo bene lo stesso, anzi lo ripudiavo, ma per senso di riconoscenza verso Matteo e per alcuni gesti che aveva avuto nei miei confronti ho voluto tornare a giocare e sin dal primo allenamento l’impatto è stato bellissimo, non me l’aspettavo. Adesso ho il fuoco dentro, il Petrosino e una piccolissima realtà di prima categoria, ma il presidente Licari con tante difficoltà oggettive non ci ha fatto e non mi ha fatto mancare niente. Spero che qualcuno in promozione possa aiutare il Petrosino a crescere, perché i piccoli campioni partono anche da piccole realtà per poi magari sognare e realizzare il sogno di giocare davanti a 75 mila persone.

 

Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

 

Il mio sogno più grande in questo momento e che Alfredino, si tratta un uomo speciale, inoltre è un grandissimo tifoso della viterbese, possa riuscire a vincere la sua battaglia più importante, che è quella della vita: forza Alfredino siamo tutti con te!

 





 

 

13   giugno  2022

 

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