SEZIONE SPORT
Paolo Radi intervista
GAETANO
PONE
Gaetano Pone è un allenatore di calcio di Napoli e così ci si presenta.
“Mi chiamo Gaetano Pone e sono nato a Napoli 31/01/78, inizio a giocare a calcio come tutti i bambini per strada senza regole l’unica regola era di vincere. Poi iniziai la scuola calcio che si chiamava Cavallino, nel ruolo di portiere. Vorrei anche precisare che all’epoca chi era bravo entrava con un provino e non pagava niente, ed io sono stato uno di quelli. Riprendendo il discorso dico che ho frequentato molto la scuola calcio, successivamente ho iniziato a giocare nelle categorie dilettantistiche sino ad arrivare da under all’eccellenza, per poi finire la mia carriera da calciatore in seconda categoria. Successivamente ho iniziato una nuova vita calcistica.
All’inizio allenavo i portieri, poi lo sono diventato per l’intera squadra. Ho iniziato in terza categoria fino ad arrivare in promozione riuscendo a vincere 3 campionati, da solo come mister, invece un campionato di promozione l’ho vinto come secondo. Nella carriera sono arrivato 3 volte ai play off l’ultima volta è stata la scorsa stagione con il Sant’ Arpino.
Quest’ anno iniziò una nuova avventura a Marigliano con la Mariglianese Sveva”.
Come prima domanda le voglio fare questa: a livello personale che cosa le ha insegnato “il giocare per strada”, mi spiego meglio, è maturato prima?
Stare per strada anche nel gioco, ti fa maturare prima e ti fa vedere, uso questa espressione, “più lungo” mi spiego vedi tante di quelle situazioni che poi capisci con il tempo come voler vivere la tua vita.
Da come lei ci ha fatto capire chi non era bravo giocava pagando, oggi questo modo di fare continua, secondo lei che cosa si può fare affinché il pagare non esista più?
Ti posso dire che è un po’ difficile cambiare questa prassi che consiste nel pagare qualche addetto di una società per poter fare in modo che tuo figlio possa giocare, o stare in panchina.
Lei ha giocato in diversi club, qual è quello dove ci ha
lasciato il cuore?
Il club al quale sarò sempre legato da giocatore è il Real Pitone.
Perché ha deciso a un certo punto della sua vita di diventare allenatore?
E’ stata la passione per questo gioco che mi ha portato a diventare allenatore dopo la rottura del ginocchio, e di conseguenza per non lasciare questo bellissimo bel sport sono diventato, appunto, allenatore.
L’anno passato con il Sant’ Irpino, che hanno è stato? Mi spiego, si è trovato bene? Ha ottenuto dei buoni risultati?
Per quando riguarda l’anno scorso passato al Sant’Arpino posso solo dire che è stato un periodo molto bello sia sotto aspetto di del gioco e sia dal punto di vista societario e dell’ambiente vicino al club.
Quest’anno lei è l’allenatore della Mariglianese Sveva, è contento di questa scelta? E che cosa si sente di promettere ai alla società e ai tifosi?
Sono molto contento di questa chiamata, ho trovato un altro club dove il primo fattore che conta è un ambiente sano composto da ragazzi per bene. Quello che posso promettere e di cercare con il mio staff di raggiungere i play off.
Lei ha allenato diverse squadre, c’è una squadra a cui è rimasto più legato?
Da allenatore la squadra che rimasta nel cuore l’Afro-Napoli United.
Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore?
Sicuramente riguarda la capacità di mantenere un gruppo legato e unito di loro e capire l’esigenza che hanno, che è fondamentale affinché possa diventare un gruppo vincente.
Che cosa le sta dando il calcio in questo momento e che cosa le sta togliendo?
In tanto mi dà tanta adrenalina e mi fa sentire sempre giovane, però mi ha tolto del tempo per la mia famiglia e per mia figlia.
Quali consigli dà ai giocatori prima di una partita?
L’ unico consiglio per i miei ragazzi prima di una gara è l’entrare in campo per divertirsi , perché in fin dei conti è pur sempre un gioco.
E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato a livello tattico, oppure volta pagina?
Dopo una gara faccio sempre riflessione sulle mie scelte, anche se si tratta di una vittoria.
Un suo pregio e un suo difetto dal punto di vista del suo modo di fare l’allenatore?
Ti posso dire il mio pregio è essere molto amico e legato con i ragazzi che alleno; il mio difetto è non essere presuntuoso, in certe occasioni occorre esserlo.
Lei ci ha detto che abita vicino a Scampia, quando si parla di Napoli spesso e volentieri si parla sempre di Scampia, perché secondo lei, qual è il motivo?
Perché è più semplice parlare di un quartiere che è già “sulla bocca di tutti”.
Un sogno per il futuro?
Il mio sogno è riuscire ad arrivare ad allenare un club professionistico.
A chi vorrebbe dedicare quest’intervista?
La dedico a mia moglie che mi sopporta, mi offre il suo incondizionato sostegno, a mia figlia, infine, a mio padre che crede in me come allenatore.
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Grazie e buon lavoro
21 09 2025
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