PAOLO RADI PRESENTA
10 DOMANDE
A
FIORE MANZO
IL PREGIUDIZO NELL’ ESSERE UN ROM
Fiore Manzo, 26 anni, è cresciuto in un campo Rom a Cosenza, (sono italiano da 600 anni ci dice con orgoglio) con due lauree vorrebbe insegnare per abbattere il pregiudizio e quello che non si conosce sui Rom. Noi gli abbiamo rivolto le nostre classiche 10 domande.
Signor Fiore Manzo, la sua storia ha stupito l’Italia intera, molti hanno commentato con sarcasmo “sarà una casualità”,
mentre invece noi sappiamo che non è così, è esatto?
È proprio così. Non sono “un ago in un pagliaio” per dirla con una delle frasi di chi ha commentato. Ci si abitua a pensarci tutti “uguali” ma non è così. Oltre a quelle “persone” di etnia romanì che chiedono l'elemosina per questioni sociali e non culturali ma anche oltre le notizie negative che i media diffondono quotidianamente ci sono tante altre “persone” per bene che frequenta l’università, lavora e vive una vita “normale”.
Quando il ministro dell’Interno ha proposto il censimento dei Rom presenti in Italia, lei si è indignato, facendo presente che essendo italiani siete già censiti, è esatto?
Non si può censire chi è già censito. Sanno quanti siamo e dove siamo. Fare un altro censimento significherebbe crearne uno etnico. Quindi un censimento specifico per noi. La costituzione, fortunatamente, lo vieta.
Com’è stato nascere in un campo Rom, senza i confort, forse che sono presenti nelle abitazioni della maggior parte degli italiani?
La nostra, ma anche quelle degli altri, era in cemento. Era una casetta con una stanza, la cucina e il bagno. C'erano in prossimità le stalle. La situazione a prescindere non era idonea, quindi, dopo la lotta di alcune donne che si unirono e costituirono un comitato che chiamarono lav romano (parola/ voce Rom) si riuscì con scioperi ad ottenere le case. Siamo passati però da un ghetto che era nelle vicinanze del centro della città ad un ghetto in periferia con delle case belle e confortevoli. Il risultato? È stato spostato il problema. L'unica soluzione era e resta l'equa dislocazione abitativa. La concentrazione sociale ovunque, a prescindere dall'età, genera difficoltà: disperazione scolastica, criminalità, spazzatura, malessere psichico...
Che percorso di studi ha compiuto?
Ho frequentato l’università della Calabria. Ho conseguito la laurea triennale in scienze dell'educazione e la specialistica in scienze pedagogiche per l'interculturalità e la media Education.
Ora che lei si è laureato come viene visto quando dice agli altri che lei è un rom con due lauree?
Dipende dalle persone. Solitamente si sentono confuse Alcuni non concepiscono che siamo “uguali” agli altri, che possiamo fare anche noi altro rispetto alle cose che si vedono quotidianamente.
Quando si parla di Shoah l’attenzione viene focalizzata sugli ebrei, il conferenziere però menziona anche la vostra tragedia, ma solo alla fine del dibattito. La domanda è d’obbligo: perché del vostro genocidio si parla così poco, e perché non esistono fondazioni come quelle che sono presenti nelle maggiori città europee?
Il samudaripè (tutti morti) è poco conosciuto anche da alcune comunità romanès. Pochi Rom o Sinti italiani sono stati internati. Le deportazioni toccarono soprattutto le comunità romanès straniere e non quelle Italiane anche se alcuni appartenenti alle comunità italiane furono internati e fortunatamente rilasciati. Pochi sanno che ci sono stati anche diversi partigiani Rom e Sinti. In Calabria le comunità romanès parteciparono alla guerra. Furono arruolati nell'esercito Italiano. Anche il mio bisnonno ha combattuto in Africa.
Secondo lei se tale sterminio avesse riguardato solo i Rom, ad esempio se ne sarebbe parlato così tanto, ci sarebbe una Giornata della memoria?
Se guardiamo al presente forse no. I tempi cambiano ma in peggio.
Il fatto che lei si sia laureato com’è stato accolto dalla sua comunità?
Ci sono anche altri laureati e siamo visti positivamente e negativamente. Dipende dalle persone. Essendo delle “persone” c’è chi vede lo studio positivamente e no.
Nei vari media spesso vengono menzionati solo fatti di cronaca nera: furti, bambini che vanno a mendicare e che non frequentano la scuola, questa realtà è viene ingigantita dai giornalisti, oppure il problema esiste e le varie autorità fanno poco per migliorare le condizioni di vita di questi campi?
Il “campo nomadi” proprio perché concentra delle persone che condividono delle difficoltà genera, come ho specificato prima, queste problematiche quindi vanno superati con delle politiche non differenziate che sono un male. Le politiche differenziate creano la guerra fra i penultimi e gli ultimi. In Italia per chi non ha la possibilità di comperare una casa è possibile chiedere un alloggio popolare e anche la minoranza romanì dovrebbe beneficiarne. È ingigantita la questione da alcuni media sicuramente se pensiamo che nei campi ci abitano 26 mila persone. Il resto abitiamo in “normali” abitazioni popolari e privati.
Ultima domanda; perché sui Rom ci sono tanti pregiudizi e così tanta ignoranza? La maggior parte degli italiani non conosce nulla della vostra storia, confonde Rom con i Sinti, pensa che siete tutti degli stranieri che siete venuti in Italia per non lavorare. Immagino che non si facile vivere con questa, mi permetta questa espressione “spada di Damocle” sulla testa, di conseguenza quale sarebbe il suo sogno?
La chiusura è una strategia di difesa necessaria, in alcuni casi, per potere andare avanti. Si pensi ai bandi di espulsione, ai rastrellamenti, alla mobilità coatta, appunto, che ha dovuto subire il popolo romanò. La popolazione romanì ha preferito la chiusura anziché la guerra ecc. Questo ha accresciuto gli stereotipi. Il dialogo è fondamentale, senza non si risolve nulla. Abbiamo bisogno di gente che sappia creare ponti e non che continui ad ergere muri. Il mio sogno? Una Italia diversa, non incline alla generalizzazione e che sappia dialogare e confrontarsi con l'alterità.
La ringrazio per questa intervista.
a cura di Paolo Radi
25 11 2018
(Tutti i diritti riservati)
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