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lunedì 12 maggio 2025

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

  

FRANCO 

SARDELLI

 


 

 

Franco Sardelli, è nato il 10 agosto del 1971, abita a San Pietro Vernotico (BR), ed ha un passato da giocatore di calcio, ora è un allenatore affermato. 

 

Di seguito le squadre che ha allenato: 

 

2000-2009: Scuola Calcio S. Pietro Vernotico – allenatore (tutte le categorie dal 2000 al 2009); 2009-2010: giovanissimi provinciali SSD S. Pietro Vernotico – Allenatore;    2010-2011: allievi regionali SSD S. Pietro Vernotico – Allenatore;  2011-2012: juniores regionale ssd S. Pietro Vernotico – allenatore;  2012-2013: juniores regionale ssd S. Pietro Vernotico – allenatore;   2013-2014:SSD San Pietro Vernotico (prima categoria) – allenatore 1° squadra; 2014-2015:a.c. Milan (scouting per le province di Brindisi-Lecce-Taranto); 2015-2016: ASD  Squinzano (Prima categoria) – allenatore 1° squadra;  2016-2017: ASD Squinzano (prima categoria) - allenatore 1° squadra;  2017-2018:memory campi (prima categoria) - allenatore 1° squadra  e direttore tecnico;   2018-2019: U.S. Lecce  (responsabile scouting  per sud Italia); 2019-2020: A.C. Nardo’ calcio (allenatore juniores  nazionale- 3°classifica provvis Campionato sospeso per  covid); 2020-2021:         A. C. Nardo’ Calcio (allenatore juniores nazionale-1° posto, classifica provvisoria per via del campionato sospeso per  covid); 2021-2022:SSD Casarano Calcio - allenatore jnrs nazionale ( 2° classificato e  vincitore play off) ; 2022-2023:SSD  Casarano calcio – allenatore juniores nazionale (Vincitore campionato nazionale); 2023-2024:         ASD  Veglie (promozione), poi  SSD al  San Pietro Vernotico (eccellenza)—Allenatore  in 1°squadra; 2024-2025: Taviano Football (prima categoria) play off.

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Da sempre il calcio è stato la mia passione, devo precisare che  in questi anni ho sempre allenato e quest'anno per qualche mese e per mia scelta sono stato in standby e mi sono reso conto che non posso fare a meno di stare senza.

 

Della sua esperienza come calciatore che cosa ci può raccontare?

 

Ero un buon calciatore, ho avuto l'onore di essere selezionato dapprima a casarano e poi a lecce, ma ho avuto due  infortuni gravissimi che mi hanno tenuto lontano dai campi di calcio e successivamente ho continuato a giocare a livello dilettantistico tra prima categoria e promozione, finché ho smesso ed iniziato ad allenare.

 

 

Quest’anno lei ha chiuso la stagione allenando taviano football e io l’ho conosciuta tramite il direttore sportivo Manuel spedicati, che esperienza è stata, questa al Taviano?

 

L'esperienza di Taviano la porterò per sempre nel cuore. Ringrazio il ds Spedicati che mi ha chiamato e mi ha permesso di vivere questa esperienza, ho avuto modo di conoscere persone speciali, dal presidente ai dirigenti tutti, dai calciatori ai  tifosi.



 




Perché ha deciso a un certo punto della sua vita di diventare allenatore? 

 

Come ho detto in precedenza, perché il calcio ce l'ho nel mio DNA e pertanto non potevo fare a meno di stare fuori dai campi di calcio.

 

Un’esperienza importante è stata lo svolgere il ruolo di scouting per l’US Lecce, in che modo è riuscito ad arrivare a fare ciò?

 

Mi ricordo che un giorno di estate di 7 anni fa, fui chiamato al cellulare da un responsabile del Lacce, mi disse che mi avrebbe convocato in sede alla presenza del responsabile del settore giovanile per prospettarmi un ruolo prestigiosissimo: responsabile scouting del settore giovanile del Lecce per tutto il sud italia oltre a responsabile affiliazioni. 

Un ruolo che ho accettato con immenso piacere ed orgoglio, ma che, dopo un anno ho lasciato perché mi mancava il calcio giocato, l'adrenalina della partita, il profumo del campo di calcio. Mi mancava insomma di allenare.

 

Lei ha allenato diverse squadre, c’è una squadra a cui è rimasto più legato?

 

Ogni squadra che ho allenato mi ha lasciato un'esperienza particolare che porterò sempre con me. 

Diciamo che i 2 anni a Casarano  - dove abbiamo vinto i playoff nel primo anno addirittura il campionato nel successivo - non si possono cancellare, perché è storia.

 

Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

Secondo me deve avere le proprie idee e non farsi influenzare da nessuno, perché se si sbaglia, ovviamente il primo a farne le spese è proprio l'allenatore. 

 




 


Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

Ripeto il calcio mi da tanto, emozioni, stimoli, mi completa!

Certo è che toglie tanto tempo alla famiglia che ringrazio per starmi sempre vicino.

 

     Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?

 

Prima di ogni partita cerco di essere carico e concentrato per poi trasmettere le stesse emozioni ai miei calciatori.

 

E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato a livello tattico, oppure volta pagina? 

 

A prescindere dal risultato, dopo ogni partita si pensa sempre a quello che si può migliorare, anche dopo una vittoria e memore di queste riflessioni si cerca di pensare già alla prossima partita. 

 

Una partita da allenatore che vorrebbe dimenticare? 

 

Tutte le volte che ho perso.

 

Un suo pregio?

 

Mi piace giocare sempre per vincere perché considero il pareggio come 2 punti persi.

 

Un suo difetto?

 

Non digerisco le sconfitte. Neanche in amichevole! 



 




Per il prossimo anno ha già avuto qualche contatto?

 

Ci sono stati dei contatti, ma per ora preferisco rinviare ancora di qualche giorno prima di sederci a parlare. 

Poi cercherò di scegliere la migliore situazione. Intanto sono lusingato per questi interessamenti.

 

Un sogno per il futuro?

 

Continuare ad allenare e divertirmi, facendo divertire.

 

A chi vorrebe dedicare questa intervista?

 

Alla mia famiglia che mi è sempre vicino e mi sopporta e supporta ogni istante.

 

 

 

 Grazie 

 

12  05    2025 

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

martedì 6 maggio 2025

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

  

MANUEL

SPEDICATI

 

 



 



Manuel Spedicati, nato a Lecce nel 1995,  è stato un giocatore di calcio, ora  è un direttore sportivo questa la sua carriera: 

 

“Ha iniziato a muovere i primi passi nel calcio prima come giocatore e ora come dirigente. La sua carriera calcistica inizia nelle giovanili di: Gallipoli, Salice Salentino, Nardò, Taranto, Squinzano, Ascoli e Lecce.

 

Nelle Prime Squadre ha collezionato numerose presenze, giocando in diverse categorie e vestendo le maglie di diversi club. Tra i quali ricordiamo, in serie D: lo Spoleto, Notaresco, Vasto Marina; in promozione: Brilla Campi, Torchiarolo, Cellino San Marco e Carmiano.

Proprio con il Carmiano, Manuel ha chiuso la sua carriera agonistica in bellezza, vincendo la finale Play-off nella sua ultima stagione.

 

Una volta terminata la sua esperienza da calciatore, Manuel ha iniziato fin da subito a svolgere, in un primo momento, il lavoro di scouting per il settore giovanile del Monopoli Calcio, per poi intraprendere, a distanza di qualche anno, il ruolo da direttore sportivo, incarico che ha ricoperto per un anno e mezzo nell'ASD Virtus San Pancrazio svolgendo un ottimo lavoro.

 

Ci teniamo a sottolineare che la sua determinazione ed il suo impegno lo hanno portato a intraprendere questo nuovo percorso nel miglior modo possibile, pensate, infatti, che si è diplomato ufficialmente come Direttore Sportivo, studiando e superando l'esame presso il prestigioso Centro Tecnico Federale di Coverciano.

 

Nel Taviano, alla sua ultima stagione da direttore sportivo, e arrivando a novembre con la squadra che era in ottava posizione, ha chiuso la stagione al 3° posto, grazie ai suoi innesti, conquistando la semifinale playoff, persa domenica scorsa contro il Ruffano”. 

 


 

 

La prima domanda è la seguente: se dovesse fare un bilancio di questa stagione calcistica, quali sarebbero le sue considerazioni?

 

Se dovessi fare un bilancio di questa stagione calcistica le mie considerazioni sarebbero le seguenti: è stata una stagione dove sono arrivate delle belle soddisfazioni; i risultati dicono che sto crescendo in questo nuovo ruolo ed ho tanta fame di migliorare quello che già di buono è stato fatto quest’anno.

 

Lei è arrivato al Footbal Taviano (prima categoria girone C) a novembre, la squadra era in ottava posizione e a fine stagione siete arrivati terzi, un bel traguardo,  ho letto che determinanti sono stati i suoi innesti, ce lo potrebbe spiegare meglio?

 

Sì, è tutto vero, quando sono arrivato il Taviano era in ottava posizione pur avendo già un organico a mio parere importante, ho messo il mio “zampino” con qualche cessione compensata da qualche piccolo innesto che ha sicuramente pagato e dato i suoi frutti. Lo sappiamo, il calcio è così, se quello che fai porta un risultato peggiore hai fatto male, se invece, come in questo caso, dà un risultato migliorativo, allora vuol dire che hai fatto bene, sono felice che sia stato così. 

 

Lei si è diplomato come Direttore Sportivo, presso il prestigioso Centro Tecnico Federale di Coverciano, è stato difficile raggiungere un simile obiettivo?

 

Prendere un attestato ufficiale ed una qualifica professionale a Coverciano non è mai facile, devo ammettere che molti miei colleghi sono stati bocciati e che quando si affrontano esami di questo tipo non è mai semplice mantenere i nervi saldi e concentrarsi. Ricordo l’emozione quando ho scoperto di essere stato promosso, è stato davvero emozionante! Una bellissima esperienza, anche perché ho avuto modo di conoscere gente come: Del Piero, Ribery, Padoin e tantissimi altri professionisti ed icone nel mondo del calcio.

 

 

Questa è una domanda che faccio sempre: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Ho scoperto che il calcio sarebbe diventato una grande passione quando, da piccolo, nel giardino di casa tutti i giorni appena tornato da scuola, mentre aspettavo che fosse pronto per mangiare, giocavo a calcio con mio padre e con mio nonno, il più delle volte eravamo io e mio nonno contro mio padre, questi sono i più bei ricordi per me legati al gioco del calcio. Ricordiamoci che prima di tutto è un gioco, giocare ci rende felici, ed essere felici, il più delle volte, trasforma il gioco in una passione.

 

Lei ha giocato in diversi club qual è quello dove ci ha lasciato il cuore?

 

È doveroso dire che tutti i club in cui ho avuto il piacere di giocare mi hanno lasciato qualcosa e spero anche io di aver lasciato qualcosa a loro. Nonostante ciò, se dovessi citare i club in cui mi sento di aver lasciato in modo concreto un pezzo di me sono sicuramente i seguenti: il club con il quale ho mosso i primi passi nel professionismo, l’Ascoli calcio, il club del mio paese, il Cellino, il club del paese di mio padre, Torchiarolo (all’epoca dedicato ad un caro amico che oggi non c’è più), ed il club in cui ho giocato l’ultima partita ufficiale in categoria, vincendo i playoff, il Carmiano-Magliano.

 

Esperienze bellissime sono state anche quelle con il Lecce (città in cui sono nato e alla quale sono molto legato), con il Gallipoli e con il Taranto, società e città con la quale sento di avere ancora un legame importante.

 

Con il Carmiano lei ha chiuso la sua carriera calcistica, che è esperienza è stata in questo club?

 

Come detto in precedenza il Carmiano ha rappresentato per me un club importante ed è stata senza ombra di dubbio una stagione importante, quella che ha segnato il passaggio tra la carriera calcistica da giocatore a  quella da dirigente.

 


 





Grandi discussioni con i mister le ha avute oppure ha sempre accettato le decisioni con serenità?

 

In questi anni ho lavorato con diversi mister, anche quest’anno ho alternato ben 3 tecnici e lavorare con ognuno di loro non è mai semplice, ma, allo stesso tempo, è spesso stimolante ed entusiasmante confrontarsi con mentalità e modi di lavorare diversi. Non ricordo grandi discussioni, sicuramente tanti confronti e chiacchierate costruttive, del resto si sa, ognuno ha il suo carattere, la cosa importante, in fine, è stata quella di raggiungere il risultato, come sempre.

 

Ad un certo punto lei decide di diventare Direttore Sportivo, prima però c’è stata l’esperienza di scouting presso il Monopoli Calcio, come si rapporta con la società nella quale lei lavora, cerca di imporre le sue idee? Inoltre  quando vede un giocatore che cosa la colpisce per primo? O meglio quali doti deve avere un giocatore affinché lei rimanga impressionato?

 

In tutte le società in cui si ha la volontà e l’ambizione di crescere e migliorare non è mai propedeutico imporre in modo autoritario le proprie volontà senza ascoltare il giudizio degli altri. Sono una persona favorevole ed aperta al confronto, anche perché lo staff di cui mi circondo tendenzialmente è composto da gente di mia fiducia e che stimo, quindi confrontarsi è sempre la soluzione migliore.

 

Ovviamente per un direttore è giusto anche proporre e trasmettere con convinzione quelle che sono le proprie idee, cosa che cerco di fare spesso. 

A proposito della seconda parte della domanda ti posso dire che noto subito:  lo stop, il tocco di palla, lo stop direzionato, cosa che anticipa spesso un tempo di gioco, la qualità nell’accarezzare e dare del tu al pallone, la rapidità di pensiero e la fantasia; questa per me è la base, se poi il tutto è condito da delle ottime doti atletiche e da una buona rapidità, accelerazione palla al piede ed agilità è  ancora meglio.

 

 

 

Terminata la carriera da calciatore, come mai non ha pensato di diventare allenatore (in genere è quello che fanno molti giocatori)?

 

Fare l’allenatore penso che sarebbe bello, si sa, piace a tutti, in Italia siamo un po’ tutti allenatori (sto scherzando), di base, però mi ha sempre entusiasmato la trattativa con i calciatori, avere un budget, stendere un bilancio, fare da tramite tra allenatore, società e calciatori, gestire l’aspetto economico e tecnico di una squadra di calcio. 

Non so spiegarlo con esattezza, posso solo dire che, dentro di me, sentivo che la strada del direttore sportivo era la via giusta da percorrere e, ad oggi, ne sono ancora convinto.

 

Per chi non è addentro nel settore, com’è la giornata lavorativa da Direttore Sportivo? 

 

La giornata lavorativa del direttore sportivo dipende molto, ovviamente, dalla categoria in cui si milita: man mano che si sale si acquisiscono nuovi compiti e nuove sfaccettature a questo lavoro. 

In generale, durante la stagione, si va al campo a vedere gli allenamenti e controllare che tutto vada bene, se c’è bisogno ci si confronta con qualche atleta. Durante il calciomercato invece non ci sono orari e non c’è un iter definito che sia sempre lineare, dipende molto dagli obiettivi di mercato che si hanno, se si sono già raggiunti o se manca ancora qualcosa prima della fine del calciomercato.

 

Sino a questo momento come sono stati i rapporti con la dirigenza nei club dove lei è stato?

 

Rapporti con le dirigenze ed in tutte le società in cui sono stato da direttore sportivo sono stati eccellenti! Devo ammettere che ho avuto la fortuna di lavorare con società serie e gente per bene, questo è un fattore chiave nella scelta di una società, finora è andato tutto bene e sono felice dei rapporti umani che ho stretto con la gente con la quale ho lavorato nelle varie società.

 

 

 Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

Il calcio mi sta dando tante emozioni, tante amicizie nuove, tanta esperienza, mi sta facendo crescere, mi sta fortificando a livello caratteriale. Allo stesso tempo, dall’altra parte, devi essere disposto a sacrificare tanto tempo che avresti potuto trascorrere con la famiglia, dedicare al lavoro o magari utilizzare per viaggiare: ricordiamo che ogni domenica siamo impegnati e se si conta anche la rifinitura possiamo dire che chi fa calcio in modo professionale non ha mai un weekend libero, e quei pochi weekend liberi che si hanno, di solito, li si spendono per vedere altre partite di calcio, per accrescere ancora di più il proprio bagaglio personale.



 




Per la prossima stagione c’è qualche squadra che l’ha contattata, oppure pensa di rimanere al Footbal Taviano?

 

Per quanto riguarda la prossima stagione è ancora presto dire cosa succederà. Sicuramente sarebbe bello continuare quello che è stato il mio percorso al Taviano, visto che è stato un anno importante dove si è fatto bene, allo stesso tempo però è giusto valutare ed ascoltare tutte le richieste o i sondaggi che sono arrivati in questi giorni. 

 

Precludersi la possibilità di approfondire i discorsi con qualche società che mi ha contattato penso che sarebbe sbagliato, quindi bisogna valutare bene tutto per poi decidere in piena serenità. Ora mi prenderò qualche giorno di pausa per staccare la spina e rilassarmi, nelle prossime settimane però cercherò di definire quello che sarà il mio futuro calcistico, spero di poterlo fare al più presto in modo da calarmi subito nella nuova realtà (se nuova realtà sarà) e concentrarmi al massimo per poter già iniziare a lavorare in vista della prossima stagione.

 

Un sogno per il futuro?

 

Il mio sogno per il futuro è quello di continuare ad essere felice grazie al gioco del calcio. Sembra una cosa scontata, ma vi assicuro che non lo è, spero che questo sport, adesso così come anche in futuro, continuerà a regalarmi le emozioni che mi spingono ogni giorno a fare sacrifici e ad avere quell’entusiasmo che mi permette di dare sempre il massimo in quello che faccio. Essere felici facendo ciò che si fa credo che sia una delle sensazioni più belle in tutti i settori e gli ambiti professionali. Sono grato per tutte le emozioni che questo sport sa regalarmi.

 

 

 

 Grazie 

 

06 05     2025 

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sabato 3 maggio 2025

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

  

LEONARDO

GARGIULO

 


 



 



Leonardo Gargiulo, di Castellamare di Stabia (NA)  è  un giocatore   di calcio  e così si presenta: “ 

 

Come tutti i ragazzini inizio a giocare a l’età di 6 anni nel settore giovanile della Juve Stabia fino ad arrivare in prima squadra in serie C2 facendo qualche apparizione nel 2000 in coppa Italia. 

 

Nel 2001 andai in ritiro con la Juve Stabia in C2, ma dopo 10 giorni di ritiro la squadra fallì. 

Presi una decisione di andare a militare nel Sorrento Calcio che allora giocava in serie D e decisi di rimanerci dal 2001 appunto sino al 2006. Con. Questo club ha vinto: un play off, il campionato di Serie D e la Coppa Italia, un campionato di serie C2 e la super coppa.

Campionati vinti con i seguenti club: Gragnano in eccellenza, Vico Equense in promozione, Santa Maria La Carità in promozione, Virtus Stabia in promozione, per un totale di 6 campionati vinti.

Tre i club dove ho giocato menziono: S.S. Cassino, 1927, Vico Equense, Calcio Pomigliano, Libertas Stabia, Gragnano, Afragolese, Puteolana, Salernum Baronissi e ACD Santa Maria Per La Carità.

mentre nelle ultime due stagioni ho giocato nella Virtus Stabia, promozione, 28 partite 2 goal, e in questa nella Stabia City, 15 partite giocate.”

 

 


La prima domanda che le voglio fare è la seguente com’è terminata stagione questa stagione? Si ritiene soddisfatto oppure ha qualche rimpianto? 

 

Personalmente non è stata la stagione che speravo. A gennaio ho deciso di fare un passo indietro, una scelta ponderata. Ma sono contento per la squadra e per i miei compagni: l’obiettivo è stato raggiunto e questo conta. Rimpianti? Nessuno. Le scelte si fanno con il cuore, e io non ho mai voltato lo sguardo indietro.

 

Lei ha 42 anni e gioca sin da quando ne aveva 6, una vita passata nel rettangolo verde, la domanda mi sembra scontata: che cosa le ha dato il calcio e che cosa le ha tolto?

 

Il calcio mi ha dato tanto, è stato ed è la mia vita. Ho iniziato da ragazzino nel settore giovanile della Juve Stabia e piano piano sono arrivato alla prima squadra. È stato un viaggio incredibile, fatto anche di momenti difficili: nel 2010, ad esempio, ho affrontato un brutto infortunio al legamento crociato e al menisco. 

 

Ma il calcio è forse cos? Ti mette alla prova e ti spinge al limite. Nonostante tutto, non sento che mi abbia tolto nulla, chiudendo questo ragionamento ti posso dire che sono orgoglioso del mio percorso.

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Credo che ogni bambino sogni di diventare un calciatore. Poi, col tempo, con l’esperienza, inizi a capire che per te non è solo un gioco. È una vocazione, un qualcosa che ti scorre dentro.



 





I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori mi hanno sempre sostenuto. Mi hanno accompagnato in ogni scelta, senza mai impormi nulla. Questo è un dono prezioso, e gliene sarò sempre grato.

 

Da come sappiamo un’esperienza fondamentale è stata la sua permanenza calcistica nel Sorrento Calcio, vincendo anche tanto. In poche parole come definirebbe questa sua avventura nel Sorrento Calcio?

 

Sorrento è stata la mia prima vera casa calcistica. Era il 2001 quando ho iniziato.  Sei anni intensi, in cui sono cresciuto tantissimo sia come calciatore e sia come uomo. Abbiamo vinto playoff, un campionato di Serie D, la Coppa Italia, la C2 e la Supercoppa. Ricordi bellissimi, che porterò per sempre nel cuore.

 

È rimasto ancora in contatto con il club?

 

Sì, i rapporti sono rimasti buoni, anche se nel frattempo la società e i dirigenti sono cambiati. Ma il legame affettivo resta.

 

Diversi sono i campionati che lei ha vinto, qual è la sua qualità che le ha permesso di essere fondamentale nelle partite che lei ha giocato? 

 

Forse la mia forza è sempre stata quella di non mollare mai. Dare il massimo, essere d’esempio, affrontare tutto con spirito costruttivo. Anche nei momenti duri ti posso garantire che non mi sono mai tirato indietro.

 

Non è certamente facile riuscire ad essere ancora in pista sino alla sua età, vorrebbe dirci il suo segreto per essere così costante?

 

Non credo nei segreti. Credo nella passione, nella voglia di mettersi in gioco, sempre. Ogni stagione per me è come fosse la prima. Lo stesso entusiasmo, la stessa fame

 

Lei ha conseguito il patentino Uefa B, ha già qualche proposta per la prossima stagione calcistica? 

 

Sì, l’ho preso nel 2012. Al momento però voglio ancora giocare qualche stagione. Poi, chissà, mai dire mai.

 

Il suo ruolo è quello di essere difensore, precisato questo, si ricorda il suo goal più bello?

 

Sì, è facile ricordarli anche se non sono tanti! Ma ce ne sono alcuni speciali: uno da fuori area con il Sorrento, uno importantissimo con il Vico Equense e quello con il Santa Maria la Carità, dedicato alla nascita di mia figlia: quel gol… è stato il più bello in assoluto.

 

Ultimamente vista la sua grande esperienza, grandi discussioni con i mister le ha avute oppure ha sempre accettato le decisioni con serenità?

 

Mai grosse discussioni. Ho sempre accettato le decisioni con serenità. È vero però che alcuni allenatori, magari, facevano fatica a confrontarsi con uno della mia età, ma il rispetto è sempre stato alla base.

 

Generalmente che ruolo aveva e ha all’interno del gruppo, ascolta i suggerimenti di tutti i giocatori, oppure tende a imporre la sua visione di gioco?

 

Mi piace confrontarmi, sono una persona semplice e rispettosa. Penso che ognuno abbia qualcosa da insegnarti. Ascoltare è fondamentale e alla fine credo che questo atteggiamento venga percepito e apprezzato.




 





Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando)?

 

Il mio pregio è l’impegno. Sempre. Anche nei momenti più difficili non ho mai smesso di mettermi in discussione. Il difetto? Forse la permalosità, però ci sto lavorando.

 

Di lei si parla molto bene, come si riesce ad essere così apprezzati e benvoluti nell’ambiente calcistico (tutti noi sappiamo che non è facile essere giudicati bene, in quanto si tende sempre a criticare in negativo ogni aspetto) ?

 

Fa piacere sentire questo che hai appena detto. Per me è la vittoria più bella. I risultati passano, il calcio finisce, ma la persona resta. E se lascio un buon ricordo come uomo, allora vuol dire che qualcosa di buono l’ho fatto.

 

Terminata questa intervista squilla il telefono e le propongono di allenare una squadra fuori dall’Italia. Se la sentirebbe di accettare questa nuova sfida e trasferirsi con la famiglia all’estero? 

 

Sarebbe una sfida affascinante, certo. Ma per adesso non ci penso. In futuro, chissà.

 

Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

Continuare a giocare finché il fisico me lo permetterà. E dare ancora il mio contributo, dentro e fuori dal campo.

 

A chi vorrebbe dedicare questa intervista?

 

A me stesso, alla mia famiglia e a tutte le persone che mi sono state vicino lungo questo bellissimo cammino.

 

 

Grazie 

 

03  05    2025

 

(Tutti i diritti riservati)