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giovedì 11 aprile 2024

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

  

MATTEO 

SANTI

  

 


 


Matteo Santi è un giocatore di calcio (Pomezia, Roma) e così ci si presenta

 

Ho iniziato a giocare all’età di quattro anni e ho frequentato varie scuole calcio di Roma, ad un certo punto inizio a frequentare il settore giovanile dell’AS Roma, poi sono andato via e ho iniziato a frequentare ad una scuola calcio vicino casa. Successivamente   sono stato acquistato da una società di serie C, chiamata Cavese 1919 a Cava de Tirreni.

 

Ho fatto il mio ultimo anno con i piccoli: allievi nazionali, e l’anno successivo ero subito in prima squadra, ho iniziato così il mio percorso con i grandi dalla serie C che all’epoca era unificata. 

 

L’anno seguente sono stato mandato in prestito in una squadra che militava in serie D, a Roma chiamata: Fidene Calcio, poi mi sono trasferito alla Viterbese sempre in serie D, e poi un ritorno in C2 al Teramo calcio.

 

Nell’anno successivo ho avuto qualche problema a trovare squadra, poi però ho avuto l’opportunità di giocare sempre in serie C alla Lupa Roma!

 

Per varie vicissitudini non ho più fatto il professionista ed ho cominciato a giocare nelle serie dilettantistiche, queste mi danno tante belle soddisfazioni inoltre la loro sede è vicino casa.

 

Ho trascorso i primi tre anni all’Unipomezia dove abbiamo vinto un campionato e due Coppe Italia, i successivi due al Monterotondo Scalo dove abbiamo vinto una Coppa Italia, poi per metà stagione sono stato al Tarquinia Calcio e per metà al Pomezia calcio.

 

L’anno seguente sono andato alla Lupa Frascati dove abbiamo vinto un altro campionato.

 

Negli ultimi due anni purtroppo per varie vicissitudini ci sono stati diversi cambiamenti, quindi l’anno scorso nella prima parte sono stato alla Audace calcio e nella seconda alla Campus Eur dove sono stato benissimo. Quest’anno nella prima parte al Colleferro Calcio e adesso alla Anagni Calcio dove mi trovo veramente bene! Questo è un po’ il mio umile percorso”

 

 

 

La prima domanda che le voglio fare è questa: come sta andando la stagione all’Agnani calcio? Soddisfatto delle sue prestazioni?

 

Sì, se devo dire la verità sì sono molto soddisfatto, da quando sono arrivato abbiamo fatto veramente un una parte di stagione molto importante con grandissimi risultati, purtroppo nel momento più importante abbiamo avuto qualche defezione per qualche infortunio, ma devo dire che comunque tutto sommato la stagione è andata molto bene e adesso la vogliamo chiudere nel migliore dei modi.

 

  Per quanto riguarda le mie prestazioni direi che  sono molto soddisfatto, mi sono ripreso dopo una prima parte di stagione, dopo ho giocato poco, quindi non era facile, ma devo dire che con l’aiuto di tutti sono riuscito a fare veramente una parte di stagione molto importante.

 

La prossima stagione pensa di essere ancora in questo club?

 

Nella prossima stagione penso che ci siano buone probabilità di poter rimanere in questa società  il tutto  è veramente studiato e organizzato molto bene  e con una progettualità importante, su di essa  si può creare una continuità veramente importante.

 

Questa è la domanda che faccio sempre: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Secondo me ho scoperto che il calcio era la mia più grande passione quando ogni giorno in ogni istante da piccolo pensavo sempre e solamente a questo sport. Cioè per ogni cosa che succedeva e per ogni evento tutto riportava a questo sport, e quindi da quel momento in avanti  ho capito che sarebbe diventata  una grandissima passione.



 




I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

Ovviamente la prima cosa che dicono i genitori è quella di studiare, ma non posso dire che i miei genitori non mi abbiano assecondato, anzi tutto il contrario, sono sempre stati soprattutto mia madre vicini alle mie decisioni e mi hanno supportato in quello che sarebbe stato il mio percorso.

 

Lei ha una grande esperienza, quali consigli darebbe a un giovane che volesse intraprendere la sua carriera?

 

Oggi se posso dare un consiglio a un ragazzo più giovane di me, come faccio spesso nelle società dove gioco, è di mettere sempre al primo posto la dedizione al lavoro che comporta un grande sacrificio, è alla base di tutto, tutto dunque deve essere abbinato nel modo migliore.

 

Voglio precisare che lo studio è fondamentale, mi rimprovero di non aver ci dedicato molto tempo come invece avrei dovuto fare.

 

Ho avuto modo di intervistare numerosi portieri, come mai ha scelto questo ruolo, mi spiego meglio è stata una casualità oppure era un ruolo che se lo sentiva sin da bambino?

 

Allora il ruolo del portiere è stato un ruolo che ho sentito mio sin da subito, anche se mi piaceva tantissimo giocare anche in attacco, però, nonostante tutto alla fine ritornavo in porta.

 

Ho  scelto questo ruolo perché mi è sempre piaciuto essere un po’ pazzo un po’ folle andare a prendermi tutte le palle difficili, contrasti palle aeree, parare tutto quello che si poteva parare e quindi ho scelto questo ruolo perché è ricco di tutto!



 





Il ruolo del portiere è difficile, molto difficile, se para un rigore tutti la portano in trionfo, ma se sbaglia e la partita non viene vinta, tutte le colpe ricadono di lei, perciò le chiedo: qual è il modo migliore per affrontare quei 90 minuti?

 

Beh,  una bella dose di sana follia ci deve sempre essere in questo ruolo posso dirti che i 90 minuti devono essere affrontati dall’inizio della settimana nel curare ogni minimo dettaglio dal primo giorno di allenamento fino ad arrivare al riscaldamento prepartita, tutto questo può far sì che i 90 minuti possano filare liscii e che il portiere abbia delle garanzie su tutto quello che va a fare durante la gara.

 

Poi ovviamente l’aspetto mentale è tutto, quindi oltre che l’allenamento va curato anche l’aspetto mentale, una vita sana normale senza troppi stravizi ma sempre con quel bel divertimento e sano divertimento che contraddistingue i ragazzi!

 

Lei ha giocato in serie C, come si riesce a raggiungere un simile obiettivo?

 

La  serie C si raggiunge passo dopo passo allenamento dopo allenamento, dopo momenti belli dopo momenti brutti ci sono salite e discese, sempre in tutti gli anni che si gioca, ci sono momenti particolari sia quando le cose vanno bene che quando le cose vanno male, tutto ti dà un insegnamento che poi ti rimanda all’ esperienza e ti porta a raggiungere quell’obiettivo che ti poni  quando inizi a giocare.

 

 Senza un obiettivo non si va da nessuna parte, quindi io mi sento di dire che quando ho iniziato a giocare mi sono dato un obiettivo: quello di voler diventare un calciatore.  Lo sono stato per poco, ma nel mio piccolo posso dire che quell’obiettivo che mi ero prefissato alla fine un pochino l’ho raggiunto.

 

Si senta libero di rispondere, perché ad un certo punto ha deciso di non giocare più nei professionisti?

 

Sarei un falso se ti dicessi che ho deciso di non giocare più nei professionisti, purtroppo per mille fattori e milioni di motivi tante volte le situazioni non vanno come vorresti che vadano! In tanti momenti, soprattutto all’inizio, non sono stato all’altezza perché non avevo una linea guida, non avevo persone fidate che si prendessero cura di me e spesso.

 

Mi sono sentito solo in un mondo che forse era più grande di me, soprattutto perché avevo 19 anni e quindi per non sapevo ben gestire quello che mi veniva proposto. Quindi ti dico che da una parte ovviamente non ho più trovato squadra e quindi ho deciso di fare scelte diverse, dall’altra ti voglio far presente  che nella seconda parte, se nella prima sono stato poco all’altezza, nella seconda mi sono mi sono sicuramente fatto trovare pronto, ma forse era troppo tardi…nonostante ne avessi solo 21 di anni!

 

Generalmente che ruolo ha all’interno del gruppo, mi spiego ascolta i consigli dei compagni, discute serenamente con loro, oppure tende a imporre la sua volontà?

 

Sono sempre stato una persona che ha pensato solo e unicamente al gruppo, al noi! 

 

Mi piace molto sentire le idee e le opinioni dei miei compagni per discuterne insieme e diventare una dimensione unica! Ho sempre voluto questo e lo vorrò sempre, quindi non potrei mai imporre una mia idea una qualsiasi cosa all’interno dello spogliatoio.

 

Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando) 

 

Un pregio è che sono sempre pronto ad aiutare qualsiasi mio compagno o qualsiasi persona che fa parte della mia squadra,  un difetto, soprattutto che riguarda il mio passato e che sono stato una persona permalosa!

 

Se ricevesse in questo preciso istante un’offerta da un club estero partirebbe immediatamente oppure ci rifletterebbe?

 

Se ti dovessi rispondere alla prima cosa che mi passa per la testa è che  andrei subito, immediatamente, ma ho una famiglia e quindi prima di prendere qualsiasi decisione se ne parla dentro casa e si affronta il tema insieme per poi prendere una decisione definitiva!

 

Il miglior portiere attualmente in circolazione?

 

Mi piace tantissimo Vicario.



 




Famiglia e amici quanto sono importanti per lei? 

 

La famiglia per me è tutto specialmente perché sono cresciuto con genitori separati e il 95% della mia vita l’ho passato con mia madre e i miei nonni, quindi posso dire che è la cosa più importante, poi da quando ho conosciuto mia moglie voglio precisare  che questo aspetto ha acquisito un’importanza ancor più rilevante nella mia vita, perché mi ha trasmesso dei valori molto importanti di una famiglia unita come la sua!

 

Subito al di sotto ci sono gli amici che sono parte fondamentale della vita con cui condividi i momenti importantissimi della vita sia belli che brutti, ma di uguale importanza!

 

Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

Un sogno immediato… diventare padre!!!

 

A chi vorrebbe dedicare questa intervista?

 

La vorrei dedicare a mia moglie, la mia famiglia e anche un po’ me stesso… perché no!

 

Grazie 

 

11 04 2024

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

martedì 9 aprile 2024

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

PASQUALE

EVACUO

 

 



 

 


Pasquale Evacuo è un giocatore di calcio, ha 27 ed è nato a Torre Annunziata. 

 

Inizia la sua carriera nel Bojano juniores nazionale, poi ebbe la fortuna che dopo 2 settimane esordisce in serie D a 16 anni, in un campo bagnato realizza una doppietta! Subito viene acquistato dal Carpi di Giuntoli e poi viene ceduto in prestito al Bellaria in C2, gioca poco, 25 minuti, fa un gol contro la Spal a Ferrara.

 

 L’anno si traferisce per militare nell’ under a Pesaro con la Vis-Pesaro. Nel primo anno 8 sono i goal segnati.

 

Il secondo anno inizio alla grande con 3 partite 2 gol, successivamente  decide di cambiare società, e da quel momento, come ci riferisce lui “ho fatto poco e niente “. Successivamente queste sono le squadre dove ha giocato:

 Isernia serie D, Ercolanese serie D, Gragnano serie D, Sorrento Eccellenza e Ottaviano Promozione ( è capocannoniere del girone), Sporting Barra, nel 2021 con Napoli United, eccellenza,  segna ben 13 goal e diventa capocannoniere;   e San Giorgio.

 


Signor Evacuo è passato molto tempo da quando l’ho contattata per intervistarla, visto che io lavoro a Pesaro, come prima domanda le voglio fare questa: il 6 settembre 2015, lei esordisce con la Vis Pesaro nella Serie D, dimostra il suo valore segnando il suo primo goal ufficiale il 16 settembre 2015, che cosa ricorda di quella giornata?

 

Quella fu una giornata particolare perché fu la prima partita dove c’era mio padre e la ricordo con grande affetto, fu una giornata bellissima

 

Complessivamente si era trovato bene in questo club?

 

Pesaro è stata una delle più belle esperienze se non la più bella. Fu un anno e mezzo bellissimo, con una grande tifoseria, inoltre Pesaro è una bellissima città.

 






Di lei ho letto molto bene, molte testate sportive scrivono che lei è un giocatore talentuoso, le voglio chiedere come si riescono a raggiungere determinati obiettivi?

 

Ma… sicuramente con la determinazione e con la costanza si riescono a raggiungere degli obbiettivi importanti, parlando di me ti posso dire che purtroppo a causa della poca fortuna e con la mente altrove  che  avevo mi sono fermato.

 

 

Facciamo un passo indietro, lei il 4 maggio 2014 fa il suo debutto nel calcio professionistico, con la  squadra del Bellaria Igea in una partita della Lega Pro 2, un bel traguardo, in che modo era riuscito ad arrivare al Bellaria?

 

Il 2014 fu un anno particolare; inizio tutto dal Bojano in serie D con la Juniores nazionale, feci 2 partite e segnai 3 gol. 

Poi grazie a Mister Menna arrivò la convocazione in prima squadra, attenzione, sarei dovuto andare in panchina, però visto che a livello societario c’era un po’ di “confusione” se così posso dire, due attaccanti si rifiutarono di giocare; e a quel punto ero rimasto solo io. 

In 25 minuti feci due gol, si trattò di esordio con doppietta che non dimenticherò mai.




 




La prossima stagione sa già in quale club andrà a giocare?

 

Al 99% ti posso dire di sì, ma vediamo che succede da qui ad agosto.

 

Per due anni lei non ha giocato, se la sente di dire ai lettori del perché?

 

Per problemi personali molto seri

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Ho iniziato a giocare a 6 anni, quindi si è trattata di una passione che è nata da piccolo.

 

 

Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più   legato? 

 

La Vis Pesaro e il Carpi

 

Si ricorda il suo goal più bello?

 

I goal più belli sono due: ottobre 2014 Bojano contro la Jesina (esordio) e a maggio 2015 quando ho esordito con il Bellaria C2, la partita era contro la Spal.

 

Grandi discussioni con i mister le ha avute oppure ha sempre accettato le decisioni con serenità?

 

No, grandi discussioni mai. 

Però sono una persona molto impulsiva, come anche nella vita in generale, e tutti i mister che ho avuto i rapporti sono stati ottimi.

 

Un suo pregio e un suo difetto (calcisticamente parlando) 

 

Pregio: so fare i goal; difetto: ne ho tanti!

Ne ho tanti.

 

Famiglia e amici quanto sono importanti per lei? 

 

Ringrazio la mia famiglia di avermi sempre supportato e sopportato in qualsiasi momento, soprattutto nei momenti bui della mia vita

E grazie anche ad una persona in particolare Domenico Baino che è sempre stato a mio fianco.

Infine ringrazio Michele Iervolino presidente del club  Ottaviano Francesco Mango presidente del club Pompei, sono state due persone che mi sono state vicine in questi due anni.



 




Un sogno che vorrebbe che si realizzasse nell’immediato? 

 

Che la mia famiglia potesse star sempre  bene:  mia moglie e i miei figli. 

 







Grazie

 

 09 04   2024

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

mercoledì 3 aprile 2024

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 


NICOLAS

ROSSI



    


 


 Nicolas Rossi ex giocatore è ora un allenatore è cosi ci si presenta: 

 

“Mi chiamo Nicolas Rossi e sono nato a Roma.

 

 Mi avvicino al calcio fin da piccolo giocando fino all ‘età di 29 anni in categorie dilettantistiche. Negli ultimi anni avevo iniziato il percorso come allenatore nelle scuole calcio per poi farlo diventare oggi un vero lavoro. 

 

La mia carriera da allenatore inizia nel 2014/2015 quando mi occupo di un gruppo di under 13 dell’infernetto calcio. Dopo di che passo ad una società all’epoca in crescita nel panorama laziale come SFF ATLETICO, ci rimango 3 anni allenando prima under 11 poi under 12 e under 13. 

 

Finito il percorso con questa società passo a fare un under 14 provinciale con un collega amico di nome Claudio, peccato che per il covid la stagione come sappiamo fu bloccata.

 

 L’annata successiva decidiamo di rimanere insieme e di continuare con quel gruppo e fare l’under 15 provinciale, tra l’altro riusciamo a vincere nell’ultima giornata. 

 

Lì poi arrivò la possibilità di arrivare all’Urbetevere una delle società d’élite del calcio laziale.Entro all urbetevere per allenare l’under 12 e fare il collaboratore nell under 17 élite di Alessandro che ci tengo a ringraziare per l’opportunità data e gli altri dello staff(alessio,Edoardo,Mirko ,Giancarlo e Mario) per l’annata straordinaria.



 Stagione in cui vinciamo un campionato élite e raggiungiamo una finale per il titolo regionale persa purtroppo negli ultimi minuti, ma esperienza tecnica e umana di un valore assoluto. Quest’anno invece sono ancora all’Urbetevere alleno l’under 13”.



 





La prima domanda che le voglio fare è la seguente, dove sta andando il calcio italiano, a differenza di quello spagnolo, francese, inglese, tedesco?  



Credo che il calcio italiano attraversi un periodo storico con meno qualità e talento rispetto al passato. Il calcio italiano sta provando a stare al passo di altri paesi che investono molto di più in questo sport nei settori giovanili, nei centri sportivi nelle attrezzature e nei tecnici ma è complicato perché dalle altre parti lo fanno davvero. In Spagna hanno una loro metodologia e una loro visione che da anni sta portando fuori talenti e risultati. In Francia, anche per il suo passato coloniale, hanno una scelta e di conseguenza una qualità media molto buona. L’Inghilterra gode probabilmente delle cifre più alte e di conseguenza di tutto il resto. 

 

Aldilà di questo in Italia abbiamo perso la cultura di mandare a giocare i ragazzi per strada. Di fargli fare esperienze con i più grandi formative sia a livello calcistico ma anche umano. Oggi i ragazzi non giocano più per strada e questo influisce.

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Fin da quando ero piccolo il mio giocattolo preferito è sempre stato il pallone. Eppure in famiglia sono il primo. Un amore nato e cresciuto negli anni. Il calcio per me è stato ed è un qualcosa di straordinaria importanza nella mia vita.

 

I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori hanno rispettato sempre questa mia grande passione mettendo in risalto però sempre che lo studio era importante.

Ma soprattutto colgo l’occasione per ringraziarli per non avermi mai messo una pressione o una aspettativa. Ho vissuto il calcio con leggerezza e di questo ne sono molto contento.

 

Perché ha deciso a un certo punto della sua vita di diventare allenatore? 

 

Ho deciso di iniziare questo percorso da allenatore perché sentivo dentro qualcosa che mi diceva che volevo guidare un gruppo.

Mi ritengo uno che anche in campo lo è sempre stato. Saper guidare un gruppo è una cosa molto complicata anche da spiegare.



 





Da diverso tempo lei allena l’Urbetevere, che tipo di società è? Immagino che lei si trovi bene?

 

Sono due anni che sono all’ Urbetevere e la ritengo una società dilettantistica in cui per molte cose si lavora come una professionistica. Lavoro con tecnici, preparatori che lavorano in maniera importante con competenze e conoscenze importanti. L’Urbetevere la sento casa mia e quando senti fiducia lavori meglio.

 

Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

Fare l’allenatore è tante cose.

 

Fare l’allenatore è avere competenze e conoscenze trasmetterle, è guidare un gruppo di 20 personalità diverse, far l’allenatore è parlare con i propri giocatori dell’aspetto tecnico, ma anche dei loro problemi, infine fare l’allenatore nella settimana è un fatto, farlo in partita è tutt’altro. Ho sempre pensato sia uno dei lavori più difficili o complicati che ci sia. Ma credo che l’empatia sia una delle cose più importanti per un allenatore.

 

Generalmente che consigli da ai suoi giocatori prima di entrare in campo?

 

Ai miei giocatori prima di entrare in campo dico di divertirsi e di stare insieme nella difficoltà e nelle cose fatte bene.

Di dare tutto l’uno per l’altro. Uso spesso la parola insieme mi piace molto. Le grandi squadre ottengono grandi risultati tutti insieme.

 

Immagino che non sia facile allenare degli under 13, ci vorrà molta pazienza, molta empatia, e quando è ora essere autoritari, è così?

 

Allenare un under 13 non è facile è in età molto particolare. Iniziano ad essere grandicelli e iniziano a vivere le prime libertà.

Ho la fortuna e il privilegio di allenare un gruppo di ragazzi straordinari e di questo ne sono orgoglioso e grato. A loro dico sempre che devono sapersi adattare al contesto dove sono e comportarsi di conseguenza. Ma ripeto: sono un gruppo straordinario.

 


Una domanda che faccio spesso, grandi calciatori si nasce, oppure ci si può riuscire con duro allenamento e una vita sana?

 

⁠⁠Il talento è un dono che va coltivato e annaffiato ma averlo è molto importante. Si può diventare grandi calciatori con il lavoro la costanza e tanto altro, ma fenomeni no. Il fenomeno per me è quello che ha un talento sopra la media e abbina al resto.


Ultimamente si parla spesso di casi di frasi razziste urlate da contro giocatori di colore, lei cosa ne pensa, si tratta solo di ira momentanea, oppure c’è altro?

 

    Il razzismo è una tematica tremendamente importante e delicata. Il razzismo va combattuto e il calcio deve essere un mezzo per farlo.



 


 


  Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

Il calcio a me ha dato tanto, mi ha formato caratterialmente, mi ha dato la possibilità di sapermi relazionare con tante persone.

 

Con il calcio mi sono aperto perché ero molto introverso, ho avuto la possibilità di aver incontrato alcune persone che ora fanno parte della mia vita quotidiana, posso affermare con certezza che sono fratelli per me. Il calcio mi ha dato supporto nei momenti di difficoltà. “Mi sono aggrappato” a questo sport quando alcune situazioni nella vita non andavano.

 

Mi ha tolto tempo, quello sì, ma essendo uno dei doni più importanti il tempo ne sono molto contento di avergliene dedicato tanto.

 

Un suo pregio e un suo difetto, dal punto di vista calcistico?

 

Un mio pregio penso che sia quello di saper entrare nella testa dei ragazzi. Sono uno che sull’aspetto umano ci conta tanto. Mi ritengo un allenatore molto empatico. Ma questa sarebbe più una domanda da fare ai miei ragazzi. Un mio difetto sicuramente è quello di pensare al calcio 24 ore su 24.


 




Un sogno per il futuro?

 

Il mio sogno è andare avanti e fare sempre meglio.

Che poi questo possa significare allenare una categoria élite o andare in una professionistica non lo so, ma voglio lavorare per migliorami e migliorare chi alleno. Darò tutto me stesso.

 

A chi vorrebbe dedicare quest’intervista?

 

La dedico alla mia famiglia e a mia nonna che non c’è più. Ai ragazzi che ho allenato e che alleno, sono loro il motore di tutto ciò. A chi lavora con me ogni giorno. Ma soprattutto ad Alessio un mio caro amico scomparso qualche anno fa con cui condividevo questa grande passione. 

 

 

 

Grazie 

 

03 04 2024

 

(Tutti i diritti riservati)