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sabato 22 dicembre 2018




PAOLO RADI PRESENTA    













10 DOMANDE 


A  


LUCA ANDREOTTI










Luca Andreotti ha 21 anni ed è nato a Pisa, ha 21 anni ed è nato a Pisa, gioca a calcio nel ruolo di punta centrale. Attualmente gioca nell’ FC Grosseto, squadra che ora è prima in Eccellenza.






La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Appena ho iniziato a dare i primi calci al pallone ho capito che mi ero innamorato di quella palla





Lei ha giocato in diverse squadre, a quale squadra è rimasto più legato?

L’ anno scorso ho vissuto la migliore esperienza con la Cuoiopelli (società calcistica di Santa Croce sull’Arno in provincia di Pisa) però sono giovane devo provare ancora tante squadre ed esperienze.








Se non avesse intrapreso quest’attività agonistica quale sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Sinceramente un altro sport che mi sarebbe piaciuto è sicuramente il tenni, lo reputo uno dei migliori sport dopo il calcio.





La sua famiglia come vede la scelta di intraprendere questa professione, cerca di ostacolarla, oppure le sta vicino?

la mia famiglia mi sta molto vicina e non mi ha mai ostacolato nella mia carriera calcistica. 
Crede in me e mi basta questo.
Nel calcio ci sono momenti meno felici e di sicuro la mia famiglia mi ha sempre aiutato. 








Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. Perché tutti provano a diventare calciatori?

Ti do ragione, il calcio viene visto come un modo “semplice” per vivere nel lusso però dietro quella parola si nascondono veramente tante “troppe cose”.
Finché non sei dentro al mondo del calcio non puoi capire quanti sacrifici ci sono dietro.

Io non gioco al livello professionistico (serie A-B dove ci sono stipendi molto alti) per ora, dove magari qualche giocatore si vive nel lusso, invece, noi ci guadagniamo da vivere con il calcio provando sempre a trovare quell’occasione che ti possa dare una  svolta per la tua carriera e per la  vita. 




In che ruolo gioca?

 Sono una prima punta 


Qual è la principale qualità che deve avere un calciatore?

La voglia di arrivare senza mai mollare davanti a qualsiasi ostacolo quella fa la differenza. 




Un suo difetto?

Sono molto emotivo e a volte non è d’aiuto in certe situazioni.





Una sua qualità?

Direi quella di essere un vero “animale” in campo. 


Se dovesse descrivere se stesso altri cosa direbbe di sé? 

Fondamentale sono un ragazzo molto socievole a cui piace fare gruppo ed essere sempre partecipe perché mi piace stare a contatto con le persone.
E mi descrivo anche un ragazzo molto divertente perché mi piace fare scherzi.










Grazie   



                                       a cura di Paolo Radi   





22  12     2018 

(Tutti i diritti riservati)  






















lunedì 17 dicembre 2018

PAOLO RADI PRESENTA    







10 DOMANDE 


A  


ERNESTO ERMES DISPOTO 








  Ernesto Dispoto ha 26 anni ed è nato a Bari, da lui definita “la più bella città del mondo!” 

È cresciuto nel settore giovanile del Bari dall’età di 8 anni fino a 18 anni. La sua prima esperienza l’ha avuta a 16 anni è andato in prestito in Serie D nell’ US Bitonto. Successivamente è tornato   a Bari dove è stato aggregato alla prima squadra all’epoca in serie A e ha avuto la fortuna sotto la guida di mister Ventura di essere presente due volte in panchina, sempre in serie A. Dopo di che è si è traferito per 4 anni al Martina Franca in serie D dove ha vinto il campionato e successivamente ha passato 3 anni in Lega Pro. Negli anni successivi ho indossato le maglie di: Termoli, Atletico Mola - Team Altamura e ora per il terzo anno consecutivo indossa la maglia della Fortis Altamura squadra che milita nel campionato di eccellenza pugliese. Noi gli abbiamo rivolto alcune domande.







La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Non l’ho scoperto. è una passione che ho fin dalla nascita. Diciamo che l’ho scoperta all’età di 4 anni quando “detto da mio padre” iniziavo a calciare delle arance al posto di un pallone! Vedendo questo mio padre mi portò in una scuola calcio vicino casa nostra il Bari Adriatica e da lì ho iniziato a coltivarla fino ad oggi! 



Lei ha giocato in diverse squadre, a quale squadra è rimasto più legato?

La squadra in cui sono rimasto più legato è il Martina Franca lì, oltre ad aver passato 4 anni importanti, ho lasciato anche amici che porto sempre con me nel cuore! 







La sua famiglia l’ha sostenuta in questa scelta di diventare un calciatore? 

La mia famiglia assieme alla mia fidanzata (tra un anno diventerà mia moglie) mi ha sempre sostenuto fin da piccolo seguendomi sempre e non nego che tutt’oggi pur avendo un’attività assieme a mio fratello più piccolo mi continuano a sostenere e per questo gli sarò per sempre grato e riconoscente! 


Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. Perché secondo lei tutti provano a diventare calciatori?


Sicuramente tentare di diventare un giocatore non è semplice ovviamente se lo si diventa si gode di benefici al livello economico però non tutti sanno e conoscono i sacrifici che bisogna affrontare per diventare uno sportivo a ottimi livelli. Molti pensano che sia una passeggiata ma non è così bisogna privarsi di molte cose tipo ritirarsi presto la sera, mangiare sano e seguire un tipo di alimentazione, quando gli altri vanno il sabato sera a ballare tu devi sta in ritiro perché il giorno dopo devi giocare, insomma sembra rose e fiori ma non lo è! 






In che ruolo gioca? 

Io sono un centrale difensivo. Quando ero più piccolo facevo anche il terzino, ma con il passare degli anni sono diventato a tutti gli effetti un centrale! Alla Cannavaro il mio più grande idolo calcistico! 




Lei ha anche giocato in serie A, che cos’ha provato? Quali sono state le sue emozioni appena è entrato in campo?

Sono emozioni che non si possono descrivere, ti senti arrivato, ti senti un calciatore a 360 gradi, sei il protagonista. 
Ed essere un protagonista, di un mondo che fino a qualche tempo prima vedevi solo in tv e potevi solo immaginare cosa potesse essere, è una cosa stupefacente. Diciamo che è stato il giusto premio per tutti i sacrifici fatti da me e dalla mia famiglia!






Qual è la principale qualità che deve avere un calciatore? 

Per me un calciatore deve essere caparbio! Deve cercare sempre la perfezione e cercare di migliorare giorno dopo giorno per tentare di raggiungere l’apice della propria carriera. 


Abbiamo capito che lei è molto legato a Bari, la città dov’è nato, da dove nasce questo particolare attaccamento? 

Come in ogni luogo dove nasce qualcuno io sono legato alla mia città natale; sono legato perché ci sono nato e cresciuto e negli anni in cui ho giocato fuori casa ne ho sentito la mancanza ...la mancanza della famiglia e dei miei più cari amici! 







Tutti cercano praticando un sport di diventare “ricchi e famosi”, anche per lei è così? 

Io cerco di diventare un esempio per altri ragazzi o bambini che vogliono praticare questo sport e spero di essere un esempio soprattutto per i miei figli perché lo sport è come la vita bisogna lottare giorno dopo giorno e migliorarsi sempre fino alla fine! 



Come descriverebbe se stesso? 

Mi descriverei come un ragazzo con la testa sulle spalle, una persona ambiziosa sempre pronto ad affrontare la vita con forza e spirito di iniziativa. Faccio del mio punto di forza la testardaggine che sotto alcuni punti di vista può essere anche un difetto, ma io la vedo come un pregio!Amo la mia famiglia, la mia carriera e la mia futura moglie! 



Grazie   

a cura di Paolo Radi   



17 12    2018 
(Tutti i diritti riservati)  










mercoledì 12 dicembre 2018


PAOLO RADI PRESENTA    











10 DOMANDE 

A 





INTERVISTA AGGIORNATA 








CARMINE PIROZZI 








Carmine Pirozzi è nato a Napoli nel 1998 anni. Ha iniziato a 4 anni a dare calci al pallone, poi ha frequentato la scuola di calcio Materdei, è rimasto sino alla categoria Giovanissimi, poi la scuola gli ha offerto la chance di giovare nell’Altovicentino che era in serie D, ci è rimasto un anno e mezzo, ha pure giocato nella Juonories Naz. Dove ha segnato 6 gol. Successivamente ho militato nella Paganese e feci un anno ad Ancona, nella Lega Pro (Beretti) ho giocato pure contro la sua città, il Fano. A causa di un infortunio al ginocchio sono stato fermo 8 mesi, a Napoli feci una scelta, quella di allenare nella mia scuola di calcio inziale. Vengo chiamato da altre squadre, sono che rinuncio a tutto perché il calcio l’avevo abbandonato. Quest’estate la chiamata di un grande direttore sportivo Antonio Gravagnoli mi ha dato la possibilità di rimettermi in pista. Ha giocato nell’Aurora Vodice Sabaudia (Promozione girone D) sino a qualche giorno fa, ci riferisce che “a malincuore la strada si è divisa, il Sabaudia calcio ha dato tantissimo alla società di appartenenza, i tifosi mi hanno accolto molto bene e sin dai primi giorni mi hanno fatto sentire a casa mia. Mi sento di ringraziare il Direttore Sportivo Antonio Gravagnoli, e il grande presidente Claudio  Danesin. Lascio a malincuore il Sabaudia calcio, ma è una scelta che ho fatto per salire di categoria, ringrazio i tifosi e che spero che non sarà un addio, ma solo un arrivederci “.  










La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

All’età di 4 anni, poi ho iniziato a frequentare la scuola di calcio Materdei. Il calcio per è tutto, passione e sacrificio.



Lei ha giocato in diverse squadre, a quale squadra è rimasto più legato?
   
   La squadra del cuore per il loro modo di concepire lo sport, è stata    la società dell’ Altovicentino, dove sono rimasto un anno e mezzo.







Possiamo dire che ha iniziato molto giovane, se non avesse intrapreso quest’attività che cosa le sarebbe piaciuto fare, anche se vista la sua giovane età, può svolgere qualsiasi professione? 

   Visto che frequentavo l’Istituto Alberghiero, mi sarei diplomato e mi sarebbe piaciuto aprire un ristorante.


Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. Perché tutti provano a diventare calciatori?
    
Semplicemente perché tutte le famiglie vogliono che i propri figli pratichino come sport solo il calcio.









In che ruolo gioca? 

   Centrocampista.

Squadra italiana in cui le piacerebbe fare una splendida carriera? 

    Atalanta Calcio. 






Che cosa rappresenta per lei Napoli? 

  Napoli per me è una splendida cartolina, oltre ad essere una città bellissima bisogna precisare che ci sono tanti calciatori di spessore.


Un suo difetto? 
  
   Difficile trovarlo


Un suo pregio

   Ho entrambi i piedi buoni.








Messi, Maradona o Ronaldo? 

   Non ho dubbi, Maradona





Grazie   

a cura di Paolo Radi   





12  12    2018 
(Tutti i diritti riservati)  





















lunedì 3 dicembre 2018


PAOLO RADI PRESENTA    







10 DOMANDE 

A  


GIUSEPPE 

LUCIGNANO








Giuseppe Lucignano Di Casoria (Na) è nato  nel 1995 a Villaricca. Dopo aver fatto il settore giovanile del Napoli e della cavese si è trasferito in Abruzzo per giocare con il Miglianico dove ho giocato per un anno. Successivamente ha militato nel Giugliano eccellenza campana e nel Sant’Anastasia (entrambe con sedi nel Napoletano). Nella sua città, invece   Casoria ha vinto un campionato. Si è spostato nel Lazio giocando nel Minturno Calcio 1936. Attualmente milita nel   Formia dove fortunatamente sta facendo un campionato da protagonista. Come ci ha detto lui stesso: “Il calcio è una passione di famiglia e grazia e mio padre e mio fratello maggiore ho questa “ossessione”.











La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

L’ho scoperto crescendo, quando per il calcio ho iniziato a mettere da parte molte distrazioni e molti divertimenti. Credo che quando si ha una forte passione lo si capisca da questo, quando riesci a fare tanti sacrifici per un solo obbiettivo. E personalmente per come la vivo io la definirei un’ossessione più che una passione. 




Lei ha giocato in diverse squadre, a quale squadra è rimasto più legato?

 Sicuramente questa:  a Formia che  sta diventando un’annata importante, ma sentimentalmente sono legato a due piazze che mi hanno insegnato tanto e mi hanno fatto vivere forti emozioni: una è Giugliano, una realtà importantissima, una società che ha fatto la serie C (e con un pubblico di altre categorie che ci seguivano ovunque e veramente erano il nostro dodicesimo uomo), e l’altra è sicuramente il Casoria la squadra della mia città, dove ho vinto anche un campionato. E ti dico che giocare per la propria città ti da quelle motivazioni in più che ti fanno spingere oltre alcuni limiti che hai.








Se non avesse intrapreso quest’attività agonistica quale sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Sono sempre stato attratto dal tennis e mi sarebbe piaciuto provare uno sport non da squadra.



Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. Perché tutti provano a diventare calciatori?

Oggi giorno per colpa anche dei social che vengo usati per ostentare il proprio tenore di vita ormai “il lusso” sta diventando l’unico motivo per intraprendere questo sport che sicuramente fatto ad alti livelli ti offre tanti agi, ma secondo me toglie anche tanto, "non è tutto oro ciò che luccica". E per colpa di questo si stanno mettendo da parte i veri sentimenti per cui si gioca a calcio, mettendo avanti a tutto la venalità. 







Qual è la principale qualità che deve avere un calciatore? 

La personalità. Credo sia una dote imprescindibile se si vuole arrivare ad alti livelli; essa ci permette  di superare i tanti ostacoli, di farsi scivolare tante cose addosso ed andare avanti per la propria strada. È una dote fondamentale sia dentro che fuori dal campo e che noi si confonda con l’essere poco umili. 




Squadra italiana in cui le piacerebbe fare una splendida carriera? 

Come già detto prima credo che giocare per la propria città ti dia quei stimoli in più per superare tanti limiti, fisici e mentali, ma sicuramente come ha dei pro ha sicuramente dei contro che sono il sentirsi più di tutti sotto la lente d’ingrandimento per qualsiasi fatto che possa accadere. Per questo ti dico il Napoli che è sempre stato il sogno da bambino giocare al San Paolo. 





Un aggettivo per descrivere sé stesso? 

Caparbio, il non mollare mai mi ha sempre contraddistinto. Perché è inevitabile cadere, ma l’importante è sempre rialzarsi e ne modo giusto. La penso così su tutto.



Un suo difetto? 

Credo di essere troppo autocritico; forse il pretendere sempre e per forza di più da sé stessi non è sempre una cosa positiva, bisognerebbe riconoscere i propri limiti, perché anche quello è un modo per migliorarsi. 






   Squadra estera in cui le piacerebbe giocare? 

Sono sempre stato affascinato dalla scuola catalana del Barcellona nel suo ", nella ricerca ossessionata della perfezione in tutto. E ovviamente perché mi piace vincere e quindi dove se non con loro.


    Mi pare di capire che lei sia molto legato alla sua famiglia e   agli amici, che cosa rappresentano per lei? 


La mia famiglia è colonna portante della mi vita è quindi inevitabilmente anche nel calcio, posso dire che da mia madre ho preso il mio miglior pregio: la caparbietà, è proprio lei mi ha insegnato a non mollare mai e a tenere sempre duro, cosa fondamentale in questo sport - e nella vita in generale - e per questo non smetterò mai di  ringraziarla. A mio padre devo tanto, lui mi ha insegnato la dedizione e l’amore per questo sport, poi mi ha seguito ovunque nei tornei in giro per l’Italia quando ero con le giovanili del Napoli e anche tutt’ora è il mio primo tifoso sincero e soprattutto mai troppo invadente. Mio fratello maggiore è sempre stato la mia fonte di ispirazione, per serietà e sacrificio, professionalmente è il giocatore che stimo di più, l’ho sempre visto come il più forte di tutti, ho avuto la fortuna di giocare con lui, mi ha insegnato tanto, sicuramente con i suoi modi più bastone che carota, mi ha fatto maturare tanto e non ho mai smesso di guardarlo con gli occhi da bambino che guardano il suo supereroe.










Grazie   

a cura di Paolo Radi   





03 12   2018 
(Tutti i diritti riservati)