SEZIONE SPORT
Paolo Radi intervista
GIANLUCA
MOSCARIELLO
Gianluca Moscariello, di Pagani, ha 27 anni ed è docente Scienze Motorie Sportive Da anni lavora nel mondo del calcio e così ci si presenta.
“Ho iniziato 9 anni fa allenando i piccoli amici e man mano ho scalato tutte le categorie del settore giovanile fino alla Juniores Élite.
Da quest’anno sono passato alle prime squadre allenando il Sant’Egidio Calcio militante nel campionato di Promozione Campania girone D.
Il settore giovanile è stato un lungo percorso di 8 anni, ho lavorato in delle belle società come il Tiki Taka Torino Academy, il San Marzano Calcio, l’Inter Club Parma etc”.
La prima domanda che le voglio fare è la seguente: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?
Dopo i mondiali del 2006, avevo 9 anni ed era la prima volta che mi avvicinavo fortemente al calcio, quella vittoria mi ha legato intensamente a questo sport.
I suoi genitori erano d’accordo su questa sua passione oppure le hanno detto la solita frase che si dice spesso: “Non è meglio pensare agli studi?”
Sì, infatti ho sempre pensato ad entrambi, sia al calcio che agli studi. Negli anni in cui ero giocatore e studente scolastico le vicende sia sotto l’aspetto dello studio sia sotto l’aspetto calcistico non andavano alla grande, poi successivamente da studente universitario e da istruttore di calcio tutto è migliorato.
Prima di intraprendere la carriera di allenatore, ha frequentato qualche scuola calcio, ha giocato in qualche club, oppure ha iniziato subito questo mestiere?
No, fino a 18 anni ho giocato in varie scuole calcio, poi sono arrivato nel settore giovanile della Paganese (squadra del mio paese) e infine due anni in Promozione.
Perché ha fatto questa scelta, cioè che cosa l’ha spinta a prendere questa decisione così importante?
Perché a un certo punto ho capito che mi piaceva di più allenare che giocare, e ho trovato riscontro allenando i bambini dove mi sentivo realizzato, anche se mi piaceva anche giocare, tutt’ora gioco con gli amici, ma allenare mi ha fatto sempre sentire diversamente.
Lei ha allenato diverse categorie, quale ricorda con maggior piacere?
Tutte, nessuna in particolare, come dicevo prima mi piace allenare, quindi la categoria diventa relativa.
Tra allenare dei giovanissimi calciatori e allenare gli adulti qual è la differenza principale?
Gli adulti non hanno la stessa ambizione che hanno i giovani, i ragazzi sognano di arrivare e lavorano per arrivare, diventa quindi un processo diverso rispetto a quello degli adulti, questi vivono il calcio diversamente e con altre esigenze.
Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore?
L’empatia, se non riesci a metterti nei panni del giocatore e vivere le sue emozioni diventa molto difficile allenare bene.
Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo?
Mi dà delle emozioni, che sono il motore della vita, e devo ammettere che mi toglie serenità, perché sto sempre a pensare e a stressarmi continuamente, però so anche che stare “senza il pallone” mi toglierebbe lo stesso la serenità, comunque, è “condanna e cura”, come dice Rose Villain nella canzone “Click boom” in quel di Sanremo.
Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?
È uno stato d’animo ansioso, è impossibile non esserlo, ma si tratta di un’ansia positiva, quella che ti fa stare concentrato, non quella che ti allontana dalla realtà e ti fa perdere energie. Ai giocatori ricordo ciò che è stato fatto in settimana, nient’altro.
E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato a livello tattico, oppure volta pagina?
Dovrei voltare pagina, imparerò, ma per adesso resto ancora molto legato agli errori e studio per cercare di evitarli.
Un suo pregio e un suo difetto (sotto l’aspetto calcistico, di essere un allenatore)?
Il pregio: so di essere un innamorato del calcio, e quindi mi reputo un grande lavoratore nel quotidiano; il difetto: quello di essere sincero.
L’esperienza al San Egidio calcio, se dovesse fare un bilancio che tipo d’esperienza è stata?
Straordinaria, anche se è finita male per me, perché c’è stato l’esonero, ma se si fosse lavorato male non si sarebbe mantenuta una squadra fuori dalla zona retrocessione per 23 giornate su 30 in un girone difficilissimo.
Un sogno per il futuro?
Diventare un allenatore professionista.
Grazie
15 04 2024
(Tutti i diritti riservati)
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