Archivio blog

venerdì 26 aprile 2024

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

NICOLAS  

CAPELLINO

 


 

 Nicolas Capellino è un giocatore argentino residente da diverso tempo in Italia, così si presenta: 

 

Mi chiamo Nicolas Martin Capellino, e sono nato a Humberto 1 provincia di Santa Fe Argentina nel 1989.

 


 Ho giocato nell’ Atletico Rafaela, serie B, dal 2007 fino al 2011, e dopo aver vinto il campionato di serie B siamo saliti in A. Ho giocato 2 anno in serie A sempre al Rafaela.  Successivamente sono andato in prestito in serie B al Ferrocarril Oeste, poi allo Sportivo Belgrano sempre in serie B.

 

 Dopodiché sono venuto in Italia, la prima esperienza è stata al Maceratese, dopo al Cuneo Calcio in Lega Pro e infine al Bra Calcio in serie D.

 

Decido di rientrare in Argentina di nuovo in serie C, il club si chiama Sportivo Belgrano 2017/18, poi mi trasferisco al   Deportivo Madryn serie C, nel 2019 sono al   Gimnasia y Tiro di  Salta.

 

Decido nel 2022, di tornare in Italia al Napoli United, nel 2022/23 Budoni Calcio (Sardegna), e infine nella stagione attuale milito nel G.S Iglesias Calcio.

 

Sono attaccante Seconda punta, esterno alto, adesso sto facendo la prima punta."

 




La prima domanda che le voglio fare è la seguente: come sta andando questa stagione calcistica? E’ soddisfatto delle sue prestazioni?

 

Per quanto riguarda alla stagione calcistica è andata bene, abbiamo fatto un percorso come squadra in cui siamo cresciuti tanto, in certi casi abbiamo sbagliato perché ci è mancata la maturità, ma comunque abbiamo fatto un buon girone di ritorno e sono soddisfatto di quello. Rispetto alle mie prestazioni sono convinto che posso dare ancora tanto, sono rientrato dall’ Argentina a dicembre perché mi sono dovuto operarmi e sono rientrato proprio nel mercato invernale. Nei primi mesi ho subito qualche piccolo sbilancio muscolare, ma poco mi sono messo in forma e ho dato il mio contributo alla squadra. Penso che se sarò in grado di fare una buona preparazione la prossima stagione sarà nella forma migliore.




 


 



Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Quando ero piccolo mio papà voleva che io facessi il pilota questo perché è un grande appassionato di auto, e anche io ho questa passione. Visto che sono una persona che non gli piace proprio stare fermo da piccolo che sempre tentavo col pallone, nel giardino di casa mia, avevo una porticina piccola, da solo correvo e tiravo. 

 

Quando arrivava l’ora di pranzare avevo il pallone sotto i piedi mentre ero seduto a tavola, i miei hanno visto che ero così appassionato mi hanno iscritto nel settore giovanile e quindi penso che è sia cominciata da quel momento la mia avventura calcistica.

 

Lei ha giocato in squadre molto importanti in Argentina, a quale è rimasto più   legato? 

 

Sono stato tanti anni nel calcio professionista, questa è la mia verità: in tutte le squadre ho provato diverse emozioni ed ho imparato tantissimo che è la cosa fondamentale.

 

Imparare e avere storie da raccontare è fondamentale. Ma se devo scegliere una squadre alla quale sono rimasto più legato ti dico l’ Atletico Rafaela, oggi è una squadra che milita in serie B.

 

Mi ha formato come giocatore, con loro ho giocato nel percorso del settore giovanile fino a il mio debutto ufficiale in serie B, per poi vincere il campionato tanto da arrivare in serie A.

 

Infine menziono il club Sportivo Belgrano, con loro ho giocato anche in serie B, ho vissuto in quella città per più di 3 anni, ho diversi amici e penso che andrò a viverci quando lascerò l’Italia.




 




Come mai ha deciso di venire in Italia e di lasciare il suo paese?

 

Ho deciso di venire in Italia tramite un mio procuratore che mi seguiva, ma se c’è una persona a cui devo dire grazie è mia mamma, lei, si è data da fare  per trovare i documenti e farmi avere la cittadinanza Italiana.

 

Appena arrivato in Italia si è subito ambientato bene?

 

All’ inizio è stato difficile, altro Paese, altre abitudini, tradizioni, ma comunque si è sempre latini. Ci vuole un po’ di pazienza affinché tutto si sistemi, ma poi diventa tutto più semplice, questo però dipende da te.




 





Ad un certo punto lei  va a Cuneo, come si è trovato nel club?

 

Nel nord mi sono trovato benissimo, ho fatto il girone A,  la serie C (Lega Pro) e poi  la serie D con il Bra sempre in  Piemonte. 

 

Si è tratta di un’esperienza molto bella, si tratta di una società seria, ambiziose che ha una importante storia alle spalle,  peccato che a Cuneo mi sono fatto male il ginocchio e purtroppo ho dovuto fare l’intervento del crociato.

 

Durante questo periodo non sentiva la mancanza di casa?

 

Sì in quel periodo ero molto più piccolo, ho sentito la mancanza della mia famiglia soprattutto perché mi sono dovuto sottoporre a un intervento chirurgico.  Avevo bisogno del sostegno della mia famiglia ed è per questo che sono ritornato in Argentina a giocare di nuovo nel calcio professionista, anche per stare vicino ai miei genitori.

 

A un certo punto decide di tornare in Argentina, per quale motivo?


Ero piccolo, erano già passati un paio di anni senza poter tornare, aveva subito un infortunio, mia moglie sentiva la mancanza della sua famiglia, quindi abbiamo deciso di rientrare per ritrovare noi stessi.


Qual è la differenza fra il calcio argentino e il calcio italiano?

 

Esiste una differenza tra il calcio argentino e quello italiano, il calcio argentino ha molta grinta, fisicità, contrasti, gli arbitri permettono di giocare di più, invece, quello italiano è molto più tattico, e più ordinato, le fasi di gioco sono più lunghe, hai più tempo, e riesci riposarti tenendo la palla. In Argentina subito si verticalizza e si cerca di segnare.

 

E poi l’altra differenza è nettamente economica, in Italia si guadagna molto di più; in Argentina c’è una incongruenza con gli stipendi calcistici e la qualità che hanno i giocatori.



 





Ha mai avuto delle discussioni, dei litigi con i mister che lei ha incontrato?

 

Devo dire di no, mai avuti discussioni o litigi con i mister, le differenze ci sono state, ma le ho risolte sempre nel migliore dei modi.

 

Con gli anni ho imparato tanto ad ascoltare e capire i momenti, ti devo anche dire che ho preso il patentino di allenatore, studiare e contemporaneamente giocare, mi ha aperto abbastanza e quindi cerco sempre di reagire sempre in maniera molto più tranquilla e serena.

 

Un giocatore che lei ammira tantissimo? 

 

Gabriel Omar Batistuta. Il mio idolo per sempre.

 


Lei ora si trova in Sardegna, ha una moglie, un figlio piccolo, vi trovate bene a Iglesias?

 

Molto bene, si tratta di un bel posto. Ci troviamo molto bene ad Iglesias, bellissima città, le persone sono molto accoglienti.

Inoltre mio figlio va a scuola e quindi sono felice anche per questo motivo.

 







Lei ha molta esperienza, ha giocato in diverse squadre importanti, com’è riuscito a raggiungere certi obiettivi?

 

Penso che i miei obbiettivi io gli abbia raggiunti “ dura come una pietra”, ho dato  tutto me stesso per  diventare calciatore e vivere di questo, in ogni allenamento non mi sono mai risparmiato, e così in ogni partita, quel sogno che avevo sin da piccolo è diventato realtà.. È vero che nel calcio non tutti gli obbiettivi si raggiungono ma ci ho provato e sono contento degli obiettivi che ho raggiunto.

 

Un sogno per il futuro?

 

Diventare un grande allenatore di calcio e vedere mio figlio crescere felice.

 


 




A chi vorrebbe dedicare questa intervista?

 

A mio figlio che il mio grande amore, a mia moglie che mi è sempre accompagnato in questa avventura che è il mondo del calcio, e alla mia famiglia che è in Argentina. 

 

Hanno fatto di tutto per accompagnarmi quando ero piccolo, e darmi la possibilità di fare sport. Io sono quello che sono grazie a loro e allo sport.

 

 

Grazie 

 

29  04 2024

(Tutti i diritti riservati)

 

 

mercoledì 17 aprile 2024


SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

GIOVANNI

CAIAZZO 









Giovanni Caiazzo è da molto tempo nel mondo del calcio, così ci si presenta:

 

 

 “Mi chiamo Giovanni Caiazzo, nasco a Massa Di somma nel 1989 e comincio a muovere i primi passi nella gloriosa San Nicola Castel Cisterna, la Scuola Calcio di Vincenzo Montella e Antonio Di Natale, vinciamo 3 campionati regionali ed una Coppa Italia regionale.

 

A 16 anni salgo ad Empoli per la preparazione pre campionato voluto fortemente dall'allora DS del settore giovanile Carli, ma a causa della lontananza con la famiglia decido di tornare a casa.

 

Gioco con la Puteolana 1909 e l'anno dopo arrivo al Gaeta vincendo il campionato di eccellenza da under, l'anno dopo facciamo il campionato di serie D.

 

All'età di 22 anni causa problemi fisici intraprendo la carriera di scout prendendo il patentino alla Dream Of Soccer e collaborando con diversi club professionistici per poi diventare responsabile del settore giovanile con l'Ercolanese nel 2011.

 

Divento scout per la Campania sempre per il Gaeta, diverse le mie collaborazioni con diversi club dilettantistici campani come operatore di mercato questo sino alla chiamata della Polisportiva Gricignano come direttore sportivo, questo anno abbiamo vinto il campionato di seconda categoria.

 

Dal 2023 sono iscritto all'albo degli osservatori italiani ed attualmente frequento il corso presso l'università del Salento per diventare Direttore Sportivo Professionista con esame finale a Coverciano.” 

 

 

 


Come prima domanda le voglio fare questa: secondo lei dove sta andando il calcio italiano, prima tutti, anche i non esperti, conoscevano i nomi dei principali calciatori italiani, ora invece è diverso. Secondo lei perché?

 

A mio avviso il problema del calcio italiano sta a monte, non si punta più sui vivai e questo avviene da un po’ di anni, questo succede anche a causa di assenza di strutture che permettano lo svolgimento delle attività giovanili. In  questo modo le società preferiscono andare sul mercato internazionale per avere un prodotto già pronto.

 


Questa domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

La passione è nata all'età di 4 anni quando mio padre mi ha portato per la prima volta allo stadio San Paolo di Napoli, è stata un’emozione unica che mi ha dato la sensazione che quello fosse lo sport che avrei voluto praticare.

 








Come lei sa i genitori sarebbero più contenti che i propri figli studiassero, i suoi invece l’hanno sostenuta oppure le hanno detto: “Prima pensa allo studio e al calcio dopo”?

 

I miei genitori hanno sempre detto che qualsiasi cosa avrei fatto l'avrei dovuta fare con impegno e sacrificio, senza mettere una davanti all'altra, ma far combaciare le due situazioni di pari passo.

 


Un’esperienza importante sono stati gli anni passati al San Nicola Castel Cisterna, la scuola calcio di Vincenzo Montella e Antonio Di Natale, che cosa ricorda di quell’esperienza?

 

A quei tempi non era semplice far parte di quella scuola calcio, perché a differenza delle altre facevano una selezione, il loro progetto era quello di preparare i ragazzi al professionismo.

 


A 16 anni lei sale ad Empoli, poi però decide di tornare a casa. Il ds del settore giovanile il signor Carli lavora per la scuola calcio che lei frequentava?

 

Il presidente della nostra scuola calcio era lo scout dell'Empoli per la Campania, questi mi segnalò al ds Carli che dopo avermi visionato decise di prendermi nel loro gruppo.

 

 Dopo essermi allenato per 2 settimane con loro decisi poi di tornare a casa perché non ero pronto a lasciare la mia famiglia.

 


Se potesse tornare indietro rifarebbe quella scelta?

 

Se potessi tornare indietro è resterei all’ Empoli Calcio, che da sempre è uno dei migliori settori giovanili d'Italia.

 


Come sono state le esperienze alla Puteolana 1909 e al Gaeta? Soddisfatto delle prestazioni che lei ha fornito?

 

Dopo ho avuto delle esperienze con la Puteolana 1909, lì ho conosciuto un grande uomo di calcio il presidente Gennaro Fiore, e Gaeta dove sono stati gli anni più belli della mia esperienza non solo calcistica ma anche di vita.

 

Ho conosciuto delle splendide persone come l'attuale presidente Francesco Di Cecca, il presidente dell'epoca Massimo Magliozzi e il vice presidente Giuliano Pierro che mi ha fatto da padre in quegli anni lontano da casa.

 


A 22 dopo un infortunio diventa scout, collabora con diversi club professionistici e diventa responsabile del settore giovanile dell’Ercolanese, come ha vissuto quei momenti, era giovanissimo all’epoca?

 

Ho iniziato la mia carriera dirigenziale a 23 anni come osservatore prima e responsabile del settore giovanile poi.

 

Da qualche anno invece ho deciso di collaborare come scout non solo per le giovanili, ma anche per le prime squadre dopo aver operato nel mercato laziale e campano per diversi anni.

 


Quest’anno con Polisportiva Gricignano come direttore sportivo, avete vinto il campionato di seconda categoria, un bel traguardo, come ci siete arrivati?

 

Quest'anno sono stato direttore sportivo alla polisportiva Gricignano, non avevo mai voluto legarmi ad un club in particolare.

 

Però visto che si trattava della, squadra del paese in cui abito ho accettato questa proposta e grazie - non solo al mio operato, ovviamente - al presidente Lettieri al mister Lampitelli e D’Ambrosio, alla società e a tutto lo staff abbiamo vinto il campionato.



 






Non è certamente semplice svolgere il suo lavoro. bisogna guardare tante partite, osservare più giocatori contemporaneamente, intraprendere lunghi viaggi e poi bisogna tener in conto i fallimenti; lei al giorno quante ore dedica a vedere le partite?

 

Io sono uno che ama stare sui campi e non guardo solo le partite, ma anche gli allenamenti, per capire non solo le qualità calcistiche, ma anche quelle caratteriali del calciatore che mi interessa, quindi tutta la settimana giro sui campi principali e quelli di periferia.

 


Quando vede giocare un ragazzo che cosa la colpisce di più, oppure che cosa dovrebbe colpirla maggiormente? 

 

In un ragazzo la prima cosa che guardo sono le capacità cognitive, leggere la giocata prima e sapere già cosa fare memorizzando le situazioni di gioco, poi per me è molto importante il carattere e la serietà

 


Generalmente che rapporti ha con gli allenatori e i presidenti di club? 

 

Con gli allenatori e i presidenti ho un rapporto molto amichevole e sono uno che ama il rispetto dei ruoli, l'organizzazione societaria nel calcio vale più dei soldi.

 


Dal punto di vista lavorativo, qual è il suo più grande difetto e il suo più grande pregio? 

 

Il mio più grande difetto forse è anche il mio più grande pregio è che sono meticoloso nella scelta di un calciatore e valuto a 360 gradi la persona prima che il calciatore.



Un giocatore che lei ammira tantissimo e uno che ammira meno? 

 

Ovviamente essendo napoletano ho amato ed amo ancora oggi Diego Armando Maradona. Invece gli unici che non stimo sono tutti quei calciatori che hanno sporcato il gioco più bello del mondo con il calcio scommesse.

 






Un sogno per il futuro?

 

Mi auguro di poter crescere passo dopo passo, anche perché sto frequentando il corso per diventare direttore sportivo professionista con l'università del Salento, l’esame finale sarà a Coverciano.

 


A chi vorrebbe dedicare quest’intervista?

 

Dedico questa intervista a mio nonno che mi ha sempre seguito nella mia carriera calcistica ed è venuto a mancare qualche anno fa.

 

 

Grazie 

 

 

 

17  04     2024

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

lunedì 15 aprile 2024

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

  

 

GIANLUCA

MOSCARIELLO




 


 

Gianluca Moscariello, di Pagani, ha 27 anni ed è docente Scienze Motorie Sportive Da anni lavora nel mondo del calcio e così ci si presenta.

 

“Ho iniziato 9 anni fa allenando i piccoli amici e man mano ho scalato tutte le categorie del settore giovanile fino alla Juniores Élite.

 

Da quest’anno sono passato alle prime squadre allenando il Sant’Egidio Calcio militante nel campionato di Promozione Campania girone D.

 

Il settore giovanile è stato un lungo percorso di 8 anni, ho lavorato in delle belle società come il Tiki Taka Torino Academy, il San Marzano Calcio, l’Inter Club Parma etc”.

 

 

 


 



La prima domanda che le voglio fare è la seguente: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Dopo i mondiali del 2006, avevo 9 anni ed era la prima volta che mi avvicinavo fortemente al calcio, quella vittoria mi ha legato intensamente a questo sport.

 

I suoi genitori erano d’accordo su questa sua passione oppure le hanno detto la solita frase che si dice spesso: “Non è meglio pensare agli studi?”

 

Sì, infatti ho sempre pensato ad entrambi, sia al calcio che agli studi. Negli anni in cui ero giocatore e studente scolastico le vicende sia sotto l’aspetto dello studio sia sotto l’aspetto calcistico non andavano alla grande, poi successivamente da studente universitario e da istruttore di calcio tutto è migliorato. 



 




Prima di intraprendere la carriera di allenatore, ha frequentato qualche scuola calcio, ha giocato in qualche club, oppure ha iniziato subito questo mestiere?

 

No, fino a 18 anni ho giocato in varie scuole calcio, poi sono arrivato nel settore giovanile della Paganese (squadra del mio paese) e infine due anni in Promozione.

 

 

Perché ha fatto questa scelta, cioè che cosa l’ha spinta a prendere questa decisione così importante?

 

Perché a un certo punto ho capito che mi piaceva di più allenare che giocare, e ho trovato riscontro allenando i bambini dove mi sentivo realizzato, anche se mi piaceva anche giocare, tutt’ora gioco con gli amici, ma allenare mi ha fatto sempre sentire diversamente.

 

Lei ha allenato diverse categorie, quale ricorda con maggior piacere?

 

Tutte, nessuna in particolare, come dicevo prima mi piace allenare, quindi la categoria diventa relativa.

 

 

Tra allenare dei giovanissimi calciatori e allenare gli adulti qual è la differenza principale?

 

Gli adulti non hanno la stessa ambizione che hanno i giovani, i ragazzi sognano di arrivare e lavorano per arrivare, diventa quindi un processo diverso rispetto a  quello degli adulti, questi  vivono il calcio diversamente e con altre esigenze.

 

Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

L’empatia, se non riesci a metterti nei panni del giocatore e vivere le sue emozioni diventa molto difficile allenare bene.

 

Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

Mi dà delle emozioni, che sono il motore della vita, e devo ammettere che mi toglie serenità, perché sto sempre a pensare e a stressarmi continuamente, però so anche che stare “senza il pallone” mi toglierebbe lo stesso la serenità,  comunque, è “condanna e cura”, come dice Rose Villain nella canzone “Click boom” in quel di Sanremo.


 




Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?

 

È uno stato d’animo ansioso, è impossibile non esserlo, ma si tratta di un’ansia positiva, quella che ti fa stare concentrato, non quella che ti allontana dalla realtà e ti fa perdere energie. Ai giocatori ricordo ciò che è stato fatto in settimana, nient’altro.

 

E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato a livello tattico, oppure volta pagina? 

 

Dovrei voltare pagina, imparerò, ma per adesso resto ancora molto legato agli errori e studio per cercare di evitarli.

 

Un suo pregio e un suo difetto (sotto l’aspetto calcistico, di essere un allenatore)?

 

Il pregio:  so di essere un innamorato del calcio, e quindi mi reputo un grande lavoratore nel quotidiano; il  difetto: quello di essere sincero.









L’esperienza al San Egidio calcio, se dovesse fare un bilancio che tipo d’esperienza è stata? 

 

Straordinaria, anche se è finita male per me, perché c’è stato l’esonero, ma se si fosse lavorato male non si sarebbe mantenuta una squadra fuori dalla zona retrocessione per 23 giornate su 30 in un girone difficilissimo.

 

Un sogno per il futuro?

 

Diventare un allenatore professionista.

 

 

Grazie 

 

15  04 2024

(Tutti i diritti riservati)