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lunedì 4 gennaio 2021

di PAOLO RADI 



 

 


 

 

 

 

 

 




CONVERSANDO CON...

     


FABRIZIO

MARIA PRATTICO’

 





 





Fabrizio Maria Pratticò è nato a Reggio Calabria il 25 maggio del 1990 e gioca nel ruolo di portiere. 





 


 Inizia a giocare nel Centro Reggio Junior, successivamente si trasferisce nel settore giovanile delle Reggina, per arrivare fino alla squadra Primavera; poi passa al Siena, Primavera, giocando da gennaio 2007 sino a giugno 2027.

Successivamente gioca nella  rosa del Pescina Valle del Giovenco, Serie D (20 presenze) ; l'anno successivo nell'Hinterreggio, serie D, per giocare una sola stagione (29 presenze) Vince il premio del miglior  portiere del girone,

Nella stagione 2009-2010 ha  giocato  in Eccellenza, poi nell'Hinterregio; con questa  squadra calabrese ha giocato da titolare) il campionato di Serie D, a  fine stagione passa al Sorrento, in Lega Pro Prima Divisioneci rimane per due stagioni disputando 10 partite. Nella parte finale della stagione 2012-2013 e nella stagione 2013-2014 ha giocato in Eccellenza nei calabresi del Catona.

Inizia dal 2014 la sua avventura all’estero:

 Syrianska, squadra della seconda serie svedese,  Western United, squadra delle Isole Salomone (Oceania), vincendo  il campionato locale ( 20 partite) (poi gioca 3 partite nella OFC Champions League)  Bì/Bolungarvík, squadra della seconda divisione islandese.

Ritorna in patria per militare nel Gallico Catona, con cui termina la stagione disputando il campionato calabrese di Eccellenza.

Decide di ritornare Western United, nelle Isole Salomone; in seguito passa al Guadalcanal(Isole Salomone, 20 partite)  sempre nel medesimo campionato, ritorna al Gallico Catona stagione 2018 – 2019. Nella stagione 2019-2020 vince il premio  del  miglior portiere del  girone di eccellenza premiato dalla Gazzetta del Sud.

 

 

 


Come prima domanda le voglio fare questa: il campionato di serie A, di B, C e D e così le altre gare di Coppa, è ripartito con gli stadi quasi chiusi (una partita ha un sapore diverso rispetto a uno stadio pieno con migliaia di tifosi) che cosa ne pensa di tutto ciò? 

 

Penso che il Ministro dello Sport Spadafora abbia fatto tanto per favorire la ripartenza dello sport in Italia attuando, in concerto con il Comitato Tecnico Scientifico, un protocollo che permette di scendere in campo in sicurezza, ma sotto questo aspetto si deve fare di più: le società di calcio registrano ingenti perdite causate dalla mancata entrata di introiti derivanti dalla vendita di biglietti, la gente deve tornare negli stadi, magari con capienza notevolmente ridotta come avviene in altri paesi, perché i tifosi sono l’essenza del calcio ed anche per i giocatori è un’altra cosa. Queste partite viste in televisione sembrano degli allenamenti congiunti, anche quando ci si gioca qualcosa di importante, quindi è evidente che, nonostante gli sforzi, si stia assistendo a campionati che vengono, passami il termine, falsati da questo fattore.

 











Purtroppo per le squadre che militano dalla serie D sino all’ultima categoria queste dovranno ancora aspettare prima di scendere in campo. Lo trova giusto? Molti giocatori delle categorie inferiori sono delusi e amareggianti e molti di loro non riceveranno alcun stipendio, lei cosa ne pensa a riguardo di questa situazione non facile? 

 

Come ti ho già detto nella precedente risposta, in realtà i collaboratori sportivi e tesserati delle società dilettantistiche hanno fruito di ingenti somme di denaro messe a disposizione dal decreto Cura Italia di Sport e Salute  che hanno di fatto sostituito, seppur temporaneamente, i rimborsi messi a disposizione dalle squadre di appartenenza. Era chiaro a tutti che il protocollo previsto rappresentava, per motivi meramente economici, uno strumento di difficile attuazione per le società dalla D alla Terza Categoria, quindi pur apprezzando gli sforzi, forse sarebbe stato meglio non ripartire proprio, evitando di falsare i campionati. Tuttavia leggo che, per fortuna, esiste un piano di ripresa che dovrebbe attivarsi a breve, e in quanto rappresentante della categoria, mi sento particolarmente eccitato all’idea di riprendere gli allenamenti anche se in maniera individuale, per il momento, in attesa delle partite ufficiali.

 











Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione? I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”


Ero piccolo, un po’ cicciottello, ed i miei genitori (così ti rispondo anche alla domanda successiva) mi hanno sempre spronato, essendo un bravo studente, a praticare anche dello sport. 

Inizialmente facevo nuoto, poi c’è stato un breve periodo in cui andavo a basket, ma era quando tornavo a casa con i miei cugini oppure con i vicini di casa che potevo finalmente dare sfogo alla mia passione: due lampioni oppure la serranda di un garage a delimitare una porta, ed io, che non godevo di una eccellente resistenza aerobica a causa dell’asma, mi mettevo in porta e mi tuffavo sul cemento mentre simulavamo le partite dei mondiali o della Champions League. È stato in quegli anni che ho capito realmente che cosa mi sarebbe piaciuto  fare: giocare a calcio ed in particolare volare tra i pali, richiamare la difesa ed essere bersagliato dalle curve avversarie.

 









Lei ha giocato in diverse squadre italiane, ad un certo punto lei si trasferisce all’estero: Svezia, Isole Salomone (Oceania) e IslandaCome definirebbe questa esperienza, e poi che cosa le ha lasciato sia dal punto di vista sia umano che professionale?

 

L’esperienza che ho vissuto dai 20 ai 30 anni circa ha notevolmente arricchito il mio bagaglio personale da un punto di vista culturale: vivere quel pezzetto particolare della mia vita in varie città italiane, ma sopratutto, in paesi così diversi tra loro, mi ha permesso di crescere molto, di allargare gli orizzonti, di modificare il mio modo di vedere le cose, di vivere la vita, e sopratutto di realizzare il mio più grande sogno: quello di vivere in una società variegata, assumerne gli usi e i costumi, le tradizioni, aggiornare il mio pensiero.

 








Lei è un portiere quali sono le principali differenze tra l’essere portiere in Svezia, Islanda e in Oceania, principalmente nelle Isole Salomone? 


Il calcio è profondamente diverso da un campionato all’altro all’interno dello stesso continente, figuriamoci se si parla di due mondi diversi: in Svezia e in Islanda il calcio era molto fisico, per il portiere era obbligatorio, per esempio, uscire nelle palle alte respingendo con i pugni, perché mi ricordo che subivo delle cariche clamorose, ma gli arbitri non fischiavano mai fallo. 


I paesi scandinavi hanno nel loro DNA  una mentalità vichinga, vedono lo sport come una battaglia, per me è stato piuttosto complicato specie quando ha cominciato a fare freddo sul serio: ricordo alcune partite giocate sulla neve e sotto lo zero, talvolta avevo il pallone tra le mani e nemmeno me ne rendevo conto perché non mi sentivo più le dita. L’intervento del portiere è molto più complicato perché il manto erboso è perennemente umido e la palla scivola in maniera notevolmente più veloce, per non parlare del vento fortissimo che modifica le traiettorie. Nelle Isole Salomone è più in generale in Australia, invece, il problema era l’opposto per quanto riguarda l’aspetto climatico: talvolta si giocava a 40 gradi e con un’umidità del 90%, si boccheggiava, era complicato restare lucidi, anche per un portiere, se poi consideriamo che, da un punto di vista tecnico, ero chiamato in causa in continuazione perché le difese erano molto ballerine visto che lì il calcio è visto come intrattenimento, allora puoi capire la fatica alla fine della partita anche per il portiere che si ritrovava a fare 9/10 parate in media a partita.

 

 



 

 






Quando ha deciso di partire per la Svezia era più ansioso visto che non sapeva come si sarebbe ambientato o più curioso di conoscere una nuova realtà calcistica

 

Quando sono partito per la Svezia non vedevo l’ora di arrivarci (e di restare). Ero molto determinato, ho cominciato a curare la mia alimentazione a partire dalle settimane precedenti, mi allenavo ogni giorno, e da quando sono atterrato mi sono concentrato esclusivamente sugli allenamenti. 

Ero aggregato ad una squadra di 1st div. (equivalente delle serie C italiana) e gli allenamenti andavano bene, quando avevamo il giorno libero mi allenavo da solo nel giardino di casa (stavo dalla famiglia del collaboratore del mio procuratore che all’epoca era D. Mafrica, il quale lavorava in sinergia con F. Bagerfeldt che mi ha ospitato a casa sua per tutto il periodo che è intercorso tra il mio arrivo in Svezia e la firma sul contratto). Poco prima della fine del mercato avemmo un’amichevole con una squadra di Superettan (equivalente delle serie B italiana) e quel giorno feci talmente bene che invece di firmare per la prima squadra firmai per la seconda, cioè quella di categoria superiore che avevamo appena affrontato. Fu il giorno più bello della mia vita perché ricordo ancora la soddisfazione determinata dal raggiungimento dell’obiettivo prefissato.

 










Com’è stato accolto in Svezia, si è ambientato bene? 


Sono stato accolto benissimo. Come ti dicevo ho vissuto per un mese a casa della famiglia di F. Bagerfeldt, un collaboratore autoctono del mio procuratore, una persona che presto ricoprirà un ruolo cruciale nella mia carriera e a breve vi spiegherò il motivo. Nel giro di pochi giorni ho stretto una grande amicizia con questa famiglia, mi davano consigli essendo il padre un allenatore ed il figlio un giocatore (adesso allenano e giocano nella Alsvenskan, la serie A svedese), con la moglie ci divertivamo a cucinare roba italiana, la figlia mi ha fatto da Cicerone per le vie di Stoccolma. I compagni di squadra provenivano dalle parti più disparate del mondo, in particolare dalla Siria in quanto il Syrianska, come suggerisce il nome, è una squadra fondata nel ‘77 da immigrati siriani che rappresentano 1/3 della popolazione svedese. Io in particolare avevo stretto con i compagni balcanici: c’era una bella rappresentanza tra serbi, bosniaci, albanesi e montenegrini, io trascorrevo la maggior parte del tempo con loro, andavamo a pranzo assieme, condividevamo la casa, la sera andavamo a vederci le partite dei maggiori campionati europei in un pub irlandese.

 









Dica la verità vista che si trattava della prima esperienza fuori dall’Italia non sentiva la mancanza della sua terra, ad esempio, la famiglia, gli amici, o il clima stesso? 

 

Non sentivo la mancanza della mia terra perché dopo essere partito ad aprile subito durante la pausa estiva sono rientrai per una settimana, e comunque mio padre venne a trovarmi a ottobre. La stagione si concluse a novembre, in quanto si sviluppa durante l’anno solare, come anche in Islanda. Tutte le sere, dopo cena, facevo una chiamata Skype con i miei genitori, i nonni con mio fratello e con i miei amici, tutti mi hanno fatto sentire la vicinanza perché erano orgogliosi di me. È stato complicato per il clima quando ha cominciato a fare freddo davvero verso la fine di settembre, e anche le mie prestazioni ne hanno risentito, infatti persi considerazione nelle gerarchie dell’allenatore.

 









Ho una grande curiosità com’è arrivato a giocare nelle Isole Salomone, Oceania, conosceva qualcuno che le ha proposto di fare questa esperienza di vita oppure è stata una casualità?

 

Come dicevo prima, F. Bagerfeldt, il collaboratore del mio procuratore, mi telefonò verso fine gennaio e mi disse: “ho firmato un contratto di un anno con una squadra delle Isole Salomone e mi hanno detto che gli serve un portiere, tu sei libero”? E io risposi: “Sì, ma dove si trovano le Isole Salomone”?

 








Avrei tante domande da rivolgerle, la prima è questa che cos’ha provato appena sceso dall’aereo - sa non capita tutti i giorni di andare in luogo così remoto-? 

 

Ho pensato: “ma dove sono capitato?  Si tratta di un luogo in cui lo sfarzo dei resort a 5 stelle si contrappone alla povertà delle periferie, parlo di bambini scalzi per strada, case senza elettricità o servizi igienici, strade sterrate. Dopo due giorni di volo decisi di cambiarmi e raggiungere la squadra per fare un allenamento blando, per rimettere in moto le gambe, e intorno alla struttura c’erano centinaio di tifosi incuriositi che attendevano il mio arrivo, mi hanno assalito affettuosamente con saluti, gente che non aveva nulla, ma che mi sorrideva come se avesse tutto. In quel posto ho veramente incontrato la gente più povera al mondo, ma anche la più felice. E infatti sai qual è stata la prima cosa che ho pensato quando sono andato via? Ho pensato: “qui ci devo assolutamente tornare”. E infatti ci ho vissuto per altri due anni, con due squadre diverse. È stata l’esperienza più bella della mia vita e spesso mi capita di ripensarci con estrema nostalgia.

 










Prima di partire i suoi genitori, amici che cosa le hanno detto; c’è stato qualcuno che le ha consigliato di non andare?

 

Nessuno mi ha sconsigliato di partire: la mia famiglia ha sempre favorito la mia personale ricerca della felicità attraverso questo tipo di esperienze che, a loro avviso, e non smetterò mai di ringraziarli per questo, è il mezzo migliore per migliorare il proprio modo per stare al mondo. La seconda volta, invece, il mio procuratore mi sconsigliò di partire perché avevo offerte in prima divisione in Europa: tra Lituania, Finlandia e Malta, con offerte economiche anche maggiori, ma, come ti ho già detto, era troppo tardi, mi ero già innamorato. La cosa più bella è stata fare capire alla mia fidanzata e sopratutto a mio padre perché amavo quel posto, e infatti anche loro impararono ad apprezzarlo, venendomi a trovare in più di una occasione

 









Riusciva a tornare qualche volta in Italia, oppure venivano trovarla i parenti e gli amici? 


Come ti ho già detto, mio padre e la mia fidanzata vennero a trovarmi diverse volte e si fermavano anche per un mese o due, mentre io quando partivo dovevo attendere il termine della stagione. Sono rimasto lontano anche per quasi un anno, quando sono tornato mi sembrava tutto diverso, la mia cagnolona Mya, di cui sono profondamente innamorato, quasi non mi riconosceva più.

 

 




 


 




 

Lei era l’unico straniero a giocare oppure nella sua squadra ce n’erano altri?


No, ho avuto compagni di squadra delle Fiji, Papua, Nuova Guinea, dal Giappone e dalla Nigeria, ma anche europei dalla Francia, Belgio e Scozia. Condividevamo l’albergo in cui risiedevamo, è stata un’esperienza magnifica.

 



Si è ambientato bene, oppure ci sono state delle difficoltà? 

 

Mi sono ambientato benissimo, nel giro di poco tempo sono divenuto l’idolo dei tifosi, era veramente bello uscire per strada ed essere riconosciuto: mi fermavano per farmi i complimenti, scattare delle foto o semplicemente per intrattenere delle piacevoli conversazioni. Poi, fortunatamente, dobbiamo considerare che le cose andavano bene anche da un punto di vista sportivo: vincemmo due campionati e ci qualificammo per le prime volte nella storia del club alla OFC, la Champions League dell’Oceania, vincendo anche due partite e sfiorando il pareggio contro i campioni di Auckland City che vinsero 4 titoli consecutivi partecipando al Mondiale per Club.


 Io mi sono trovato benissimo, a partire dal secondo anno presi una casa in affitto condivisa con una signora australiana anziana che insegnava letteratura, diventò come una mia zia: mi fece conoscere tutti i suoi amici con i quali spesso organizzavamo cene e party, trascorsi pure un Natale ed un capodanno dall’altra parte del mondo in compagnia di questa seconda famiglia, è stato fantastico e mi manca molto tutto questo.

 


Lasciate le Isole Salomone lei va a giocare in Islanda, altro ambiente e altro clima, vista la sua esperienza non sarà stato difficile ambientarsi è così? 

 

In Islanda ho probabilmente vissuto la mia esperienza più complicata, ma comunque sufficientemente piacevole. Le cose andavano maluccio da un punto di vista sportivo, cambiammo un paio di allenatori coi quali non andavo molto d’accordo e lo stesso successe con la maggior parte dei compagni di squadra tranne che un paio di ragazzi autoctoni ed il mio coinquilino, si tratta di  un amico di Haiti che spero di riuscire ad andare a trovare presto a Miami, dove gioca da diversi anni. 

 

Ricordo con piacere la generosità del presidente, S. Samuelsson, che ci mise a disposizione una casa immensa tra i meravigliosi fiordi, una macchina, la palestra, il centro benessere, e spesso ci portava a pescare essendo lui il proprietario di una grossa azienda ittica che esportava in tutta Europa, il pesce li era semplicemente fantastico. 

Tuttavia era piuttosto complicato per me tenere alto l’umore: faceva sempre e solo freddo, specie nei periodi bui, per mesi il sole sorgeva solo per un paio di ore al giorno, e la temperatura si manteneva saldamente sotto lo zero. Ecco, forse questa è stata l’unica avventura durante la quale ho sofferto la lontananza dagli affetti più cari, specie nel periodo estivo in cui non sono riuscito a rientrare per una breve vacanza.

 

 








Dopo l’Islanda, lei torna in Calabria, e poi va a Guadalcanal (Isole Salomone), possiamo dire che sino a qui lei fatto migliaia di Km, infine torna nella sua regione, dica la verità contento di essere tornato oppure ha lasciato un pezzo di cuore in quel bellissimo arcipelago? 

 

Sono contento di essere tornato perché io amo la mia città, Reggio Calabria, anche se non sono un amante della quotidianità, la monotonia mi sconvolge, però qui ho cominciato a lavorare, sto continuando a giocare seppur tra serie D ed Eccellenza, non riuscendo a conciliare gli impegni professionali con gli orari di allenamento di squadre militanti in categorie professionistiche. 


Mi sto inoltre laureando, realizzando un piccolo sogno mio e della mia famiglia, in particolare di mia nonna, mia madre e la mia fidanzata. Sono felice, ma come scriveva uno dei miei autori preferiti, C. Bukowsky, non credo che morirò a pochi chilometri da dove sono nato. Credo di essere un cittadino del mondo, e quindi mi immagino anche tra qualche anno a viaggiare da un paese all’altro, anche prima della pandemia ero solito dedicarmi qualche settimana per visitare qualche paese europeo, il vecchio continente che secondo me rappresenta la culla della civiltà e cultura umana.

 










In questo momento, da come ho capito, lei sta per laurearsi in Scienze della formazione, poi che cosa ha intenzione di fare? 

 

Non so ancora cosa mi riserverà il futuro, non posso fare delle previsioni, credo che dopo questa laurea mi impegnerò per conseguirne la specialistica. Credo mi piacerebbe insegnare partendo dalla scuola, sempre mantenendo un posto di rilievo nello sport. Voglio giocare fino a quando il fisico me lo permetterà, poi magari mi piacerebbe allenare, ma non i portieri e nemmeno i giovani. Mi piacerebbe essere l’allenatore di una prima squadra, esperienza che ho già vissuto a Guadalcanal dopo l’esonero del nostro allenatore, su richiesta dei compagni e della società, e devo dire che mi è piaciuto moltissimo, ma si deve studiare, approfondire, aggiornarsi continuamente. Mi piace gestire i rapporti con decine di uomini all’interno di uno spogliatoio, non solo da un punto di vista tecnico, ma sopratutto sotto il profilo psicologico.

 


Le ho chiesto poco, anzi quasi nulla della sua esperienza in Italia, ne avremo occasione di riparlarne, a proposito, un sogno che vorrebbe che si realizzasse? 

 

Il mio sogno è essere felice, non so come, ma la ricerca potrebbe cominciare dalle piccole cose, come la consapevolezza di essere un uomo estremamente fortunato, perché ho una bella famiglia alle spalle, ho la salute e faccio ciò che mi piace. Per me ogni secondo trascorso a lamentarsi è uno spreco della propria esistenza ed uno schiaffo morale a chi soffre veramente. Spesso mi ritrovo a non riuscire ad apprezzare tutta la bellezza che mi circonda. Sono fermamente convinto che, per le persone intelligenti, sensibili e riflessive come me, la ricerca della felicità sia un po’ più complessa, forse è più semplice cercare di non essere infelici.  Ecco, questo è il mio sogno.

 

 






 


Grazie   

 

a cura di Paolo Radi   

 

 

 

 

04 01        2020 

 

(Tutti i diritti riservati)  

 

 

 

 

 

 

 

 

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