di PAOLO RADI
CONVERSANDO CON...
NICOLA
BUONANOVA
Nicola Buonanova di Napoli, oltre ha prestare servizio nell’aeronautica militare ha giocato in tante squadre e gioca ancora, questo perché il suo amore per il calcio è molto grande. Cosi si presenta ai lettori:
“Mi chiamo Nicola Buonanova sono nato a Napoli il 4/6/1988 nato e vissuto nel Rione Sanità poi mi sono trasferito a Mugnano di Napoli; nella squadra del Mugnano ho mosso i miei primi passi calcistici, per poi andare nel F.C Vomero per fare un anno ed essere visionato e acquistato dal Sibilla Cuma squadra che militava nella serie Cadetta, ho svolto il ruolo di capitano della Juniores Nazionale e da lì le prime presenze nella serie Cadetta da titolare in coppa Italia a 17 anni per poi fare altre presenze in campionato.
Successivamente venni dato in prestito serie promozione alla Palmese per poi ritornare dopo un anno al Sibilla Cuma; però tra la scelta di giocarmi un posto nella serie Cadetta, ma senza nessuna certezza, o entrare in aeronautica militare (e non fu una scelta facile) decisi di optare per la seconda, desideravo avere una sicurezza economica. Un po’ di rimorso c’è sempre per non aver provato il tutto per tutto con il calcio, ma col senno di poi sono orgoglioso del mio lavoro e grazie ad esso ho continuato a giocare a calcio in categorie meno impegnative come la prima categoria e in promozione in due regioni diverse: in Campania e in Sardegna togliendomi tante soddisfazioni, soprattutto la cosa più bella tanti amici e tanti avversari con reciproca stima.
Dopo la chiamata nell’ aeronautica ho deciso di ricominciare in prima categoria a Mugnano, con non poche difficolta il lavoro mi permetteva di scendere solo il fine settimana, quindi mi allenavo da solo, dopo Mugnano ho fatto una grande annata al Casavatore sempre in prima categoria, siamo finiti al secondo posto con un po’ di polemiche col Giugliano, questa squadra arrivò un punto sopra di noi, ma a quel tempo il Giugliano scendeva dalla C ed era una potenza; così dopo il Casavatore ritorno al Mugnano in prima e facciamo un bel campionato, finiamo terzi, veniamo però ripescati in promozione, poi due bellissimi anni in promozione al Mugnano.
Per lavoro mi trasferisco in Sardegna, credevo che avevo finito col calcio, ero demoralizzato non conoscevo nessuno in Sardegna, ma fortuna vuole che un mio collega era allenatore nel paese vicino per la precisione ad Arborea, di conseguenza inizia la mia bellissima avventura in Sardegna una regione che amo e che sento come seconda casa; una regione magnifica con una popolazione fiera e orgogliosa della propria terra, diffidenti lo sono, ma una volta aperti ti danno tutto, ci tengo che sappiate questa cosa della Sardegna, con la CR Arborea vinciamo subito il campionato e saliamo in prima grazie al calcio.
Non mi è pesata la lontananza da casa, il calcio ha fatto sì che io m’ integrassi in quella regione che mi facessi tanti amici e mi ha dato la possibilità di poterla visitare a fondo; dopo la vittoria di campionato faccio altri due campionati con il CR Arborea, (i due colori sono il giallo e il blu) in Sardegna, un piccolo aneddoto che tengo a ricordare per quanto sia un campionato molto sulla tenuta fisica e agonistico è che dopo il triplice fischio c’è il terzo tempo; cioè: siamo tutti a brindare con birra e cibo tipico, hai modo di comprendere che i sardi sono fieri e duri, ma con un grande animo, tengo molto a questa regione; dopo questi tre anni e qualche mese sempre per motivi di lavoro vengo trasferito a Roma grazie ai turni riesco a trovare una squadra a Napoli, con l’Oratorio Don Guanella in promozione.
Si è trattata di un’annata stupenda, un’annata da miracolo, iniziata male, con una grande sfortuna, ma grazie agli uomini che la formavano ne siamo usciti bene.
Lo dico sempre in queste categorie non conta il giocatore, ma conta prima l’uomo, e quella squadra era formata da uomini veri infatti da ultimi con 6 punti in 12 partite finiamo noni con la salvezza matematica: addirittura 4 giornate prima.
Il secondo anno inizia molto meglio, ma perdiamo un po’ di uomini importanti come il nostro capitano e un altro paio di uomini e amici fondamentali, ma ci sono tanti giovani che erano interessi a prendere il posto, appena la stagione inizia vengo scelto come capitano, con grande onore indosso la fascia, ma come tutte le cose belle finiscono, il lavoro mi chiama più intensamente e dalla 9/10 partita di campionato non posso più frequentemente gli allenamenti assiduamente, volevo lasciare ma il mister era d’accordo e mi chiede di restare come riferimento, anche se non ero sempre presente nello spogliatoio con caparbietà ritrovo spazio e inizio a giocare regolarmente, ma poi da lì si abbatte questa “: Covid 19, per carità giusto fermarsi prima la salute, ma per noi invisibili del calcio che diamo tanto a questo sporto e che riceviamo poco o niente come indennizzo, ma tanto sul aspetto emozionale (siamo tanti piccoli sognatori) alla fine tutto quello che ci rimane è il gruppo; l ‘amico con cui condividi la battaglia per poi ricevere come indennizzo la pizza come premio mensile, ma va bene cosi noi siamo “felici sognatori invisibili”, ma siamo felici, questo conta.
Dall’inizio del corona virus non gioco più dal’ 11 marzo 2019 e il mio ruolo è quello del difensore centrale.
Come prima domanda le voglio fare questa: il campionato di serie A, di B, C e D e così le altre gare di Coppa, è ripartito con gli stadi quasi chiusi (una partita ha un sapore diverso rispetto a uno stadio pieno con migliaia di tifosi) che cosa ne pensa? Non sarebbe stato meglio sospenderlo?
Io penso che un campionato senza pubblico perda di magia e i giocatori non sono stimolati al massimo. Pero credo che sia giusto che continui le strutture costano, i vari campionati danno lavoro a tanto persone, e poi sono i soldi che fanno girare il mondo. Per finire penso che seguire una partita solamente da casa ci possa far compagnia in questo periodo difficile per tutti, anche se non è la stessa cosa che essere in uno stadio con tanti spettatori, ma oggi giorno bisogna accontentarsi
Purtroppo per le squadre che militano dalla serie D sino all’ultima categoria queste dovranno ancora aspettare prima di scendere in campo. Lo trova giusto? Molti giocatori delle categorie inferiori sono delusi e amareggianti e molti di loro non riceveranno alcun stipendio, lei cosa ne pensa a riguardo di questa situazione non facile?
Io credo che sia giusto fermare i campionati dilettantistici per un semplice motivo: non abbiamo le strutture e i fondi essenziali per affrontare questa situazione drammatica.
Per quanto riguarda i rimborsi degli stipendi io ho una mia idea: quando ti ritrovi in queste categorie lo fai solo per passione e per il piacere di stare in una squadra composta da amici, è bello lottare ogni domenica uno per l’altro. Per carità se ci sono i rimborsi, ad esempio la spesa benzina, i piccoli premi partita meglio e fa piacere, ma pretendere addirittura gli stipendi è a mio avviso una cos assurda, io sono contrario : meglio che si cerchino un lavoro, questo è un gioco, una passione.
Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?
Ho scoperto che sarebbe stata la mia più grande passione a solo 6 anni, amavo l’odore del pallone, ero sempre “con lui” ci dormivo anche, è stato amore a prima vista. La mia fortuna era di abitare in parco vicino attiguo a un campetto, lì ho passato giornate intere col pallone e in compagnia di amici, ho bellissimi ricordi.
I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”
I miei genitori m’hanno sempre assecondato, anche perché ho sempre studiato, e perciò potevo dedicarmi al calcio, mio padre mi ha seguito fino ai miei 18 anni, era presente ad ogni allenamento e ad ogni partita: li devo solo ringraziare per tutto.
Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? Mi capita di vedere giocatori che una volta diventati ricchi hanno completamente cambiato modo e stile di vita, dimenticandosi completamente le loro origini, cosa ne pensa di loro modo di fare?
Credo che molti provano a diventare calciatori per trasformare la loro passione in lavoro, e non c’è cosa più bella che amare il proprio lavoro; per di più ti apre un mondo tutto nuovo di fama di e di soldi, posso pensare che non sia facile da gestire, ed è per questo motivo (fama e soldi assieme) che ci dimentica delle proprie origini, ma non tutti cambiano!
Si ricorda il suo goal più bello?
Essendo difensore centrale non ho fatto molti gol, ma ricordo con molta gioia una doppietta di testa in Sardegna, una doppietta è sempre una doppietta poi per un difensore, questi due gol furono importanti per essere manticamente nella zona playoff.
Che cosa le ha dato il calcio e che cosa le sta dando e che cosa le ha tolto.
Il calcio mi ha dato tanti amici e il lottare uno per l’altro mi ha aiutato ad integrarmi in altre citta e il giocare in altre città mi emoziona sempre come la prima volta.
Cosa mi ha tolto? Un po’ di tempo e i sacrifici sono stati tanti, da piccoli molti miei amici facevano tardi, ma io non potevo perché ci tenevo alla domenica mattina giocare bene, ma è stato un giusto compromesso per le emozioni ricevute.
Mi è piaciuto molto la frase: “noi gli invisibili del calcio”, ma vede senza di voi non ci sarebbe la serie C, la serie B e la serie A, questo sentirsi non visti le provoca, amarezza, delusione o altro?
Non mi provoca né amarezza né delusione, vuol dire che non era destino giocare in queste categorie importanti, ma sono contento anche di far parte degli invisibili credimi, non è facile giocare per anni in queste categorie tra mille problemi sia di lavoro sia familiari, uno cerca proprio uno sfogo in questo sport, una frase di conforto da un amico, mi sento una persona fortunata, non è per tutti avere questa forza d ‘animo e di volontà.
Molti giocatori quando diventano famosi sembra che rinneghino le loro origini, lasciano il loro quartiere, vanno a vivere nei quartieri più eleganti in ville lussuose, che cosa ne pensa di tutto questo? Lei lo avrebbe fatto, oppure sarebbe rimasto con i piedi “ben piantati a terra”, capisco che sia difficile.
Non credo sia facile restare con i piedi per terra, ma nella vita ci vuole sempre umiltà e ricordare sempre da dove si viene.
Quanto è importante la famiglia per lei?
La famiglia è tutto è un valore assoluto, senza sarei perso e ringrazio sempre il cielo per la famiglia che mi ha donato, per me la mia squadra di calcio è una seconda famiglia.
Lei vive ancora al Rione sanità, un quartiere molto interessante dal punto di vista artistico, mi spieghi perché i media parlano sempre in negativo di questo quartiere e di Napoli in generale?
Io sono nato e vissuto nel Rione Sanità uno dei quartieri più pittoreschi e che incarna la napoletanità, la gran parte della mia famiglia vive lì, vado spesso a trovare i i miei nonni, ma per il lavoro di mio padre vivo da diversi anni a Mugnano di Napoli, un paese a cui tengo particolarmente, lo sento dentro il mio cuore e ringrazio gli sono grato perché ho mosso i primi passi calcistici. Poi per il mio lavoro ho vissuto a Roma e tre anni bellissimi in Sardegna, la mia seconda casa una regione stupenda con un grande popolo.
Credo che Napoli se non è la citta più bella sia tra le prime in italia, Napoli tiene un potenziale che nemmeno immagina il proprio popolo e questo mi fa rammaricare. Dare sempre la colpa a Napoli per tutto quello che succede in Italia oggigiorno è molto facile, ci sono troppi pregiudizi infondati, ma sono fiducioso: cambieremo questi pregiudizi.
Un sogno che vorrebbe che si realizzasse?
Un sogno che tu possa ritornare alla normalità della vita quotidiana di prima, la quale ci manca: ritornare per a stringere le mani ed abbracciarsi: vorrei questo.
Grazie
a cura di Paolo Radi
17 11 2020
(Tutti i diritti riservati)
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