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venerdì 22 luglio 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

MARCO

DI ROCCO

 


 


     

 

 

 

 

Marco Di Rocco è nato a Terracina (Latina) nel 1988 e abita a Roma. Dopo aver conseguito la maturità presso l’I.T.C. Arturo Bianchini di Terracina, si è laureato presso la Facoltà di Scienze Motorie, presso l’Università del Foro Italica (Corso di Laurea Magistrale in Scienza Tecnica dello Sport). È allenatore di Base FIGC, Diploma Uefa B, dal 2018 è Allenatore Personal Trainer 2° Livello.

 

Da calciatore: settore giovanile professionistico presso AS LATINA 1996 4 ANNI passaggio nella stagione 2006-2007 A.S. Terracina cat. eccellenza.

Poi Ostiamare serie d 2007-2008 successivamente altre due stagioni al Terracina calcio fin quando accettata un’offerta di lavoro a tempo indeterminato. Scenda di categoria in promozione e prima cat. SSD. Hermada, Pclenola Sabaudia. 

È stato viceallenatore per due anni dal 2017 al 2018 presso la società ASD Audace, poi sempre nella ASD Audace, eccellenza, questa volta come allenatore nella stagione 2018-2019. 

Nella stagione 2019-2020 è stato nell’Atletico Lodigiani (categoria eccellenza), mentre nella scorsa stagione, 2021-2022 ha allenato l’ASD Gaeta (categoria eccellenza).

È docente di Educazione Fisica da due anni.

 

 

 

 

 

 


 

 




Il Covid ha stravolto le nostre vite, come ha vissuto questo lungo periodo di pausa? Riusciva nella sua attività di allenatore? 

 

Sì,  il periodo del lockdown è stato un momento molto duro. Abbiamo dovuto interrompere le attività che ci piacevano di più. Per quanto mi riguarda ho dedicato molto tempo all'aggiornamento, e soprattutto ho avuto modo di lavorare sulle cose fatte fino a quel punto. Avevo molto tempo dato che da poco era terminata la mia esperienza all' Atletico Lodigiani.

 

 



 





 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Sicuramente l'ho capito da piccolo, ho sempre giocato a calcio e l'ho sempre guardato in TV e negli stadi quando potevo, sono appassionato di tutti i campionati.

 

I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

Sì, i miei genitori mi hanno assecondato sempre a volte anche quando dedicavo meno tempo alla scuola quando da piccolo giocavo a Latina nelle giovanili. Lo hanno fatto anche perché vedevano che era una passione vera e fondamentalmente mi faceva stare bene.

 









Lei si è diplomato, ha conseguito Laurea Magistrale in Scienze Motorie, ha il patentino di Uefa ed è pure Personal Trainer, possiamo dire che ha accontentato i suoi genitori, ma come ha saputo coniugare la sua attività sportiva con lo studio? 

 

Penso di sì, ritengo che alla fine siano fieri del percorso che sono riuscito a fare. Inizialmente è stato impossibile conciliare studio all'attività di gioco soprattutto dopo il percorso a Latina con un settore giovanile professionista e gli esordi in prima squadra in eccellenza e poi in serie D. Poi invece il percorso universitario è iniziato quando dopo diversi anni in eccellenza ho deciso di iniziare un percorso lavorativo stabile, e da lì la passione per sport ho deciso di trasformarla frequentando l’università del foro italico.

 

Che ci può dire della sua attività di calciatore? 

 

Vi posso dire che da piccolo quando giocavo ho sempre sperato di farlo come mestiere da grande. Le qualità le avevo anche se forse mi mancavano delle cose che all'epoca erano difficili da sviluppare, forse mi è mancato qualcosa da un punto di vista del carattere e della volontà. Ho giocato come detto in eccellenza, in promozione e prima categoria prevalentemente, il calcio giocato comunque mi ha regalato amicizie bellissime e momenti di squadra molto belli.

 










Perché ha deciso a un certo punto della sua vita di diventare allenatore? 

 

Ho deciso di diventare allenatore quando mi sono iscritto alla facoltà di Scienze Motorie. Ho sempre nutrito una forte passione per la tattica, e la strategia anche quando giocavo. Però la mia spinta più grande è legata al fatto di dare una mano a dei ragazzi con il mio stesso sogno da bambino che non sono purtroppo riuscito a realizzare. Ossia di diventare un calciatore professionista.

 


Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

Sulla principale qualità che deve avere un allenatore sinceramente non so esattamente quale sia più la importante, senz'altro la credibilità, mi spiego meglio, bisogna di dire la verità al calciatore anche se scomoda.

 








Che cosa le sta dando il mondo del calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

il mondo del calcio come quello del lavoro può togliere tanto tempo, e quando hai un bambino e una compagna chiaramente questo delle volte può essere un vero problema, soprattutto se si torna molto tardi a casa e si hanno altre attività da svolgere.

 


     Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?

 

Vivo la partita con molta pressione in particolare da quando faccio l'allenatore, so comunque di non doverlo mai far trasparire, ma è così. Anche perché credo che un calciatore debba vivere il gioco con sicurezza e divertimento altrimenti rischia di prendere decisioni legate alla paura e questa non è mai una buona consigliera. 





 





Che ambiente ha trovato nella società ASD Gaeta? 

 

A Gaeta ho trovato buone persone che mi hanno supportato tra cui il direttore e il presidente, la trovo un'esperienza altamente formativa. Ho fatto numerosi errori, potevamo fare di più. Purtroppo la difficoltà vera è conoscere bene il contesto e adeguare soluzioni aderenti al 100 %. 

 

In questo non sono riuscito completamente, poi sono molto esigente con me stesso e tento di portare tutti a livelli superiori e questa volta non ci sono riuscito in pieno. Tuttavia ci sono stati momenti bellissimi, abbiamo raggiunto il quarto posto, e sono sicuro da cui il Gaeta potrà ripartire con slancio. Auguro al Gaeta il meglio.

 


Una partita da allenatore che vorrebbe dimenticare e una che ricorda con grande piacere? 

 

Sicuramente ricordo con piacere le partite delle svolte dopo i periodi difficili dove non si stava credendo nel lavoro seppur breve che stavamo facendo. Ed è accaduto sia con l’Atletico Lodigiani sia con il Gaeta.

Una partita da dimenticare quella con il Nettuno quando stavo all'Audace questa a poche giornate dal termine ha sancito l'abbandono del sogno di andare in serie D.

 




 






Un suo pregio e suo difetto (dal punto di vista di essere allenatore ovviamente)?

 

Penso di essere molto impulsivo delle volte e questo comporta dei problemi soprattutto nei momenti delicati di una gestione e questo un allenatore deve evitarlo.

Altruista, come pregio credo di essere altruista e di non mettere mai prima la mia ambizione rispetto al bene della squadra e del singolo.

 

 

Da due anni lei è docente di Educazione Fisica presso un Istituto superiore di I Grado, soddisfatto di quello che sta facendo? 

 

Ho iniziato a fare supplenze nella scuola media dallo scorso anno, mi trovo bene ed è un lavoro che faccio con piacere tra l'altro adoro anche lavorare a calcio con i più piccoli, quindi è veramente appagante soprattutto in questa fascia di età.

 


 La famiglia che cosa rappresenta per lei? 

 

La Famiglia rappresenta tanto se non tutto, ho una compagna meravigliosa Manuela un bambino Leonardo meraviglioso quanto la mia compagna e sono il mio cuore.





 






Tutti hanno un sogno, il suo qual è? 

 

Di poter contribuire a realizzare i sogni dei calciatori che allenerò, tutto il resto verrà da sé.

 

 

22 luglio    2022

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 


 

 

martedì 19 luglio 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

LORENZO

BOZZI

 

 


     

 

Lorenzo Bozzi è un giovane portiere di calcio, così ci si presenta:

 

“Sono nato a Bari il 26 agosto 2002 e vivo a Bitetto e ho iniziato a giocare a calcio all'età di 5 anni nella squadra del mio paese ed esattamente 3 anni fa è iniziato il mio percorso nell'allora A. S. Bari. 

 

Ho indossato i colori biancorossi con grande onore e amore fino al novembre del 2015 quando mi sono trasferito nel S. S. Monopoli 1966, società che mi ha dato la possibilità di partecipare a tutti i campionati nazionali dall' under 15 fino all'attuale Primavera rendendomi parte anche della prima squadra nell'ultimo anno in biancoverde. 

 

Nel 2020 il Monopoli calcio mi ha ceduto in prestito all' ASD Team Altamura con la quale ho disputato il girone H di Serie D. 

 

A fine stagione mi sono diplomato al liceo scientifico "E. Amaldi" di Bitetto e ad agosto dello stesso anno, il 2021, mi sono trasferito a L’Aquila dove ho giocato per L'Aquila 1927 e mi sono iscritto alla facoltà di Scienze Motorie e Sportive”.




 






 

Come prima domanda le voglio fare questa: il Covid ha stravolto le nostre vite (e speriamo che sia finita qui) come ha vissuto questo lungo periodo di pausa? Riusciva ad allenarsi quotidianamente?

 

Ti posso dire che per fortuna ho passato la quarantena con la mia famiglia e oltre alla mia voglia di allenarmi per tenermi in forma, ma anche per passare il tempo, in casa con me c’era mio fratello il quale si allenava con me e mi spronava a dare sempre di più.

 

 



 


 



Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Ho amato il calcio sin da bambino ed è diventata la mia più grande passione dopo che mio padre mi portò per la prima volta allo stadio, lì mi innamorai del calcio ma soprattutto del mio ruolo dopo che in quel Bari vs Vicenza vidi giocare Jean Francois Gillet allora portiere e capitano del Bari.












Spesso e volentieri i genitori ritengono che lo studio sia importante più dello sport, lei ha la maturità scientifica, ha saputo ben conciliare lo studio con lo sport, i suoi genitori saranno contenti di lei? 


Sì, per i miei genitori l’istruzione è sempre stata importantissima, non è stato sempre facile conciliare bene il calcio con lo studio, ma sono contento sia per me, sia per loro. di come sono riuscito a farlo e spero di poterli far essere ancora più fieri di me nel giorno in cui mi laureerò.













Un’importante esperienza lei l’ha avuta militando nella società S.S. Monopoli 66, che cosa ci può dire a riguardo?


 Monopoli per me ha giocato un ruolo fondamentale perché mi ha formato a tutti gli effetti sia dentro che fuori dal campo. È una società sana che crede molto nel settore giovanile, perseguono la finalità di portare i loro giovani poi a giocare in prima squadra.











Lei gioca nel ruolo di portiere, come mai questa scelta; è stata una casualità oppure sin da bambino le è sempre piaciuto stare in porta?


Ho iniziato sin da subito a fare il portiere grazie a Gillet che, come detto poco fa, era il capitano del Bari. Mi sono innamorato di quel ruolo grazie a lui e anche se mia madre era molto contraria a questa mia scelta. All’età di 5 anni iniziai a fare il portiere e da allora non ho mai pensato di cambiare ruolo.












Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? 


Secondo me molti sono attirati dalla fama dell’essere calciatore, ma anche i soldi giocano un ruolo fondamentale. 

Io penso che fare il calciatore a prescindere dalla fama o da i soldi sia il lavoro più bello del mondo perché prima di tutto se arrivi ad essere un calciatore vuol dire che hai realizzato prima di tutto il tuo sogno e poi hai fatto della tua passione un lavoro, il che fa si che tu sostanzialmente non lavori, ma vieni pagato per coltivare la tua passione.






Si ricorda la sua parata più bella?


La mia parata più bella penso che sia stata in semifinale di coppa Italia contro l’Angolana a L’Aquila su punizione. Importante per la qualificazione alla finale.












Che cosa ha lasciato all’Aquila? 


A L’Aquila ho lasciato delle bellissime amicizie nate sia con i compagni che con qualcuno conosciuto fuori, penso di aver lasciato l’immagine di una brava persona sempre disponibile, sempre con il sorriso; una persona che anche nei momenti più difficili non si è lasciata abbattere, ma ha sempre spronato e aiutato il prossimo sia all’interno che all’esterno del prato verde.











Il suo maggio pregio e il suo maggior difetto (calcisticamente parlando è ovvio)?


Il mio maggior pregio è che non mi do mai per vinto e non mollo mai anche quando sembra finita, il mio maggior difetto forse è che sono troppo esigente, esigo il massimo impegno da chiunque ma soprattutto il massimo rispetto!












 Abbiamo saputo che è molto legato alla sua famiglia e a suo fratello, è così?


Si sono legatissimo a loro perché mi hanno sempre supportato e sopportato e son sicuro che non smetteranno mai di farlo. Il sogno di mio padre è di girare l’Italia per seguire me e mio fratello e sono sicuro che in un modo o in un altro riusciremo a farglielo esaudire. Con mio fratello ho un rapporto di amore infinito, ci siamo sempre l’uno per l’altro anche se lontani ci sentiamo ogni giorno e sappiamo sempre tutto dell’altro.












Siamo a luglio e ovviamente starà valutando diverse proposte, in quanto a Scienze Motorie pensa di frequentare l’Università a Bari oppure ha in mente di cambiare corso di studi? 


Penso che cambierò percorso e vorrei iniziare “economia e gestione d’impresa” nella città dove giocherò.












Lei è giovanissimo, ha un grande talento, qual è un sogno che vorrebbe che si realizzasse a breve? 


Il mio sogno è di fare il calciatore questo penso sia assodato.

 

 

 

19 luglio    2022

 

(Tutti i diritti riservati) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

martedì 12 luglio 2022

SEZIONE SPORT

 

 

 

 

Paolo Radi intervista

 

 

 

 

FULVIO

PEA 

 



 

   

Fulvio Pea (Casalpusterlengo, 10 febbraio 1967) è un allenatore di calcio e dirigente sportivo italiano, tecnico dell'Hebăr Pazardžik.

Studioso del calcio, predilige come  il 3-5-2.

 

  Ha  lavorato al fianco di Gigi  Simoni,  e ho visto  lavorare da vicino: Mazzarri, Mourinho, Benítez, Pea ha dichiarato di non imitare nessun allenatore, seppur abbia imparato molto da loro.

 

Fulvio Pea non ha mai giocato a calcio, ma ha iniziato ad allenare nel 1989, guidando le giovanili del Fanfulla.

 

 

 

 

 

 


 

 


 

Come prima domanda le voglio fare questa, quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Credo che il calcio, sia il "primo amore" della maggior parte dei bambini: c'è chi poi lo praticherà, chi invece ne rimarrà tifoso, chi invece, crescerà sognando di far parte di un mondo dove i sogni non hanno limiti. Poi c'è chi come me,  che è riuscito  a trasformare un hobby, in un lavoro.

 


Perché ha deciso a un certo punto della sua vita di diventare allenatore? 

 

Tra l’essere un calciatore dilettante e la carriera da allenatore c'è stato il classico "rifiuto" per il calcio: a 19/20 anni non si hanno le capacità per gestire le delusioni.

 

 Poi ti svegli una mattina e ripartì, e così a 21 ho accettato di fare l'educatore nell' oratorio di Casalpusterlengo, dei frati Cappuccini.

 


Lei ha allenato tantissime squadre, c’è una squadra a cui è rimasto più legato?

 

Ho ricordi ovunque siano stati perché quando lavoro per un club, lo vivo a 360 gradi, cioè dal mattino alla sera, praticamente ne diventò tifoso, anche se, per motivi personali, sono rimasto simpatizzante della Sampdoria: i colori della maglia, il Club, la stadio, la tifoseria e la città, tutto davvero "affascinante"!



Il 19 aprile 2021, dopo lo smantellamento dello Jiangsu, viene ufficializzato come nuovo allenatore del Nanjing City, club della secondo livello cinese.  Che tipo di esperienza è stata, immagino che l’ambiente si totalmente diverso da quello occidentale, è così, oppure è il classico pregiudizio di noi occidentali?


L'esperienza Cinese è un passo della mia carriera importante, forse più come uomo che da professionista: mi ha insegnato molto ma soprattutto è stato un “banco di prova" eccezionale per capire che il calcio si può fare ovunque, che le difficoltà si possono superare e che la "paura"(di qualsiasi specie) è il più grande propellente per poter trovare valide soluzioni ai problemi che quotidianamente arrivano ad ognuno di noi.

 








In questo momento lei si trova in Bulgaria per allenare l'Hebăr Pazardžik. Che ambiente ha trovato e che traguardi vuole raggiungere?

 

Obiettivo salvezza. Sono orgoglioso di. aver fatto questa scelta, perché ho incontrato dirigenza e calciatori, molto professionali ma soprattutto, con lo stesso obiettivo comune. e pronti a mettere in discussione tutto il loro sapere, regalo fiducia: sono prospettive importanti per chi arriva, da straniero, in un posto di lavoro nuovo.

 


Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 


Spirito, forse è meglio dire, capacità di adattamento. Il sapersi adattare a qualsiasi situazione è fondamentale anche nella vita!


 

 Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

Mi sta regalando momenti sorprendenti, e lavoro quotidianamente per la curiosità di vedere cosa c’è oltre a tutto ciò che ho vissuto. 

Mi sta togliendo minuti, ore, giorno, mesi e nel caso della Cina, anni lontani da mio figlio e dal resto della famiglia. Non riuscirò mai a ringraziarli a sufficienza, per la pazienza e per l'amore che dimostrano davanti alle mie scelte professionali; probabilmente questo sarà un rimorso che mi porterò con me sempre!

 






     



     Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?

 

     Con l’età migliora lo stato d'ansia, accresce l'autostima e l'incoscienza lascia il posto alla consapevolezza; poi tutto viene da sé, basta farsi guidare dalla passione per questo gioco, e dall'entusiasmo per ciò che si sta facendo

 


E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato a livello tattico, oppure volta pagina? 

 

A fine gara inizia quel processo infinito, soprattutto dopo un risultato negativo: si dorme poco si mette tutto in discussione, si litiga con se stessi. Ma la cosa più bella è che ti presenti al primo allenamento più carico di prima, ti arriva un'energia forte, senza conoscere la fonte e così ripartì per un'altra sfida, che nel calcio, sono frequenti, visto i calendari sempre più intensi.

 


Una partita da allenatore che vorrebbe dimenticare? 

 

Da giovane, vorresti rigiocare ogni gara non andata a buon fine poi credi e ti accorgi che le sconfitte, valutate con la giusta attenzione, hanno valori importanti, sia per il gioco, che per la squadra, o ancora a livello psicologico, insomma, per crescere, tutto serve!

 








Un suo pregio e su difetto (calcisticamente parlando)?

 

Difetti ne ho tanti, ma questo spazio lo lasciò agli altri. Per i pregi, beh è semplice: sono innamorato del gioco del calcio, come è facilmente intuibile dalle ultime mie scelte: Cina, Emirati Arabi ed ora Bulgaria, certamente, sono scelte condizionate dall'aspetto economico, sarebbe stato più facile.

 


 La famiglia che cosa rappresenta per lei? 

 

Più passano gli anni e più maturo come uomo, e mi accorgo, giorno dopo giorno, che la. famiglia prende il posto del tuo egoismo, e quindi è la tua ragione di vita. Poi, da quando è nato mio figlio, beh....

 


Un sogno per il futuro?

 

Ho un sogno è vero, forse non è proprio legato alla mia professione, ma c'è, e lo. conservo timidamente nel mio cassetto.

 

 

 

12  07    2022

 

(Tutti i diritti riservati)