Archivio blog

venerdì 18 dicembre 2020

di PAOLO RADI 

 

 

 


 

 

 

 

 

CONVERSANDO CON...

     

 

 

 

GIUSEPPE

ORLANDO

 

 




 

 


 







 

 Giuseppe Orlando ha 24 anni ed è nato Cassano allo Ionio in provincia di Cosenza, attualmente vive a Castrovillari da diversi anni. Così si presenta: 


“Ho 2 sorelle più grandi di me e 3 fratelli più piccoli, vivo solo ma a casa ho un figlio si chiama Teo... il mio gatto. Sono innamorato del pallone da quando neanche camminavo e così sono cresciuto insieme a lui non avendo grosse possibilità economiche la mia prima “scuola calcio “ è stata  la strada che mi ha permesso innanzitutto di divertirmi e conoscere tanti bambini con cui poi si è istaurato un rapporto di amicizia duraturo e anche se ora abbiamo intrapreso strade diverse ci sentiamo spesso,  uno fra tanti era un mio amico albanese Gertian che ora si sta dedicando alla musica e a cui auguro un grosso in bocca a lupo. 


Attualmente sono uno studente universitario all’università della Calabria unica facoltà di scienze politiche, un percorso meditato poiché ho deciso di iscrivermi dopo qualche anno di completa dedizione al calcio dilettantistico per poi arrivare alla conclusione che un misero pezzo di carta sarebbe potuto divenire utile in futuro.


A 14 anni entro nella mia prima scuola calcio Asd Domenico Franco un “ambiente sano e fantastico dal punto di vista dell’ accoglienza circondato da persone qualificate senz’ altro una delle esperienze più belle della mia adolescenza che mi ha aiutato a crescere prima di tutto dal punto di vista umano e poi anche in quello calcistico; sono stato poi nella rappresentativa Calabria possiamo classificarla come la nazionale dei giovani calciatori, ho poi svolto svariati stage per squadre importanti, tutti ricordi che hanno un bel sapore.



Finito il percorso delle varie scuole calcio mi affaccio nel “calcio dei grandi” non è sempre facile ambientarsi se non hai a che fare con i compagni giusti che spendono un secondo per darti un consiglio sulla giocata da fare, fortunatamente non ho avuto grosse difficoltà anche perché a me piace imparare cose nuove e poi si sa non si smette mai di imparare. La mia prima esperienza la faccio fuori regione in Campania di preciso Sibilla Bacoli società che 2 anni prima lottava per la C il  campo che sembrava un paesaggio artistico con il castello sopra e il mare a fianco,  che spettacolo il “tony chiovato” così mi aggrego alla squadra, ragazzi fantastici che tuttora sent, l’ allenatore era Vincenzo Carrannante, a lui mi lega un episodio in particolare, durante un’amichevole pre -campionato con la Puteolana Squadra Locale di Pozzuoli mi scaldo per entrare, poi però  dimentico di allacciare una scarpa, esattamente dopo 5 minuti  mi richiama in panchina, probabilmente la sostituzione più veloce della storia pensai,  il motivo era semplice “non ero abbastanza concentrato” evidentemente dato  avevo dimenticato di legare bene le scarpe. Come dargli torto col senno del poi,  nello stesso anno a dicembre scelgo per motivi personali di tornare in Calabria e approdo nel Castrovillari Calcio, squadra del mio paese che militava nel campionato di eccellenza che ora seguo e tifo, rimango circa un anno per poi andare nel Rotonda Calcio che allora faceva la promozione lucana, lì le prime soddisfazioni personali i primi goal circa 8,  per poi l’ anno dopo andare nella Fides Scalra, altra squadra di promozione grande famiglia prima che grande società,  vinco il mio primo campionato con una squadra fantastica giocatori di altre categorie a cui devo molto se oggi ho imparato qualcosa:  i vari Daniele Monaco che qualità ! Ruggiero De Lorenzo un armadio vivente, Antonio Lombardi e il mio fidato coinquilino Umberto Scalese un talento della scuola Napoli, ma soprattutto un amico prezioso.       



 


 

 

 

 

 

Come prima domanda le voglio fare questa, da come ho capito in questo momento lei non gioca più, qualche rimpianto?

 

In realtà attualmente gioco ancora nella squadra dell’università il CUS (centro sportivo universitario) una squadra ben organizzata gestita da persone qualificate che hanno un’organizzazione che non ho visto neanche in categorie maggiori e dei dirigenti che provvedono ad ogni tipo di esigenza, una bella realtà. Rimpianti direi di no, ma tornando indietro forse su qualche treno sarei potuto salire e non lasciarlo passare, ma ho fatto le mie scelte e ne ero consapevole 

 

Lei è molto giovane, ritiene che le porte siano chiuse per giocare ancora, oppure se si presentasse una bella occasione abbandonerebbe l’università per questa bella occasione? 

Una delle poche certezze di cui sono convinto è che questo sport mi ha dato molto sotto tanti punti vista per cui non smetterò mai di fare ciò che mi rende felice, se si presentasse qualche occasione valuterei il modo per far combaciare le cose, ma questa è la voce “maturità” che parla, un tempo non avrei esitato a mollare tutto.

 










I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

 

I miei genitori in realtà non hanno mai messo bocca su questo anche perché non glielo avrei mai permesso! 


Mia madre mi ha sempre lasciato fare ciò che mi piaceva anche quando uscivo di casa alle 3 e tornavo alle 8 di sera con le ginocchia sbucciate e le scarpe nuove già sporcate ogni tanto "buttava” qualche urlo, ma tutto sommato era presente, mio padre “l’ho vissuto poco” poiché i miei genitori si separarono che io ero ancora piccolo per cui non essendo presente non avrebbe avuto voce in capitolo a prescindere! 

 

Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più  legato? 

 

Ogni ambiente in cui sono stato mi ha lasciato qualcosa anche negativamente, e comunque ne ho tratto insegnamento, la squadra a cui sono rimasto più legato probabilmente è la FIDES SCALERA (2016/2017), di quell’ anno ho ricordi bellissimi anche se la squadra non era molto seguita  all’inizio di campionato,  che si era creato con i compagni era stupendo grazie anche al presidente Mario Grande -  attuale presidente della Vultur - che non ci ha fatto mancare nulla, lo saluto con affetto.

 











Oltre al calcio quali altri sport segue con grande interesse? 

 

Ma guarda io sono uno sportivo e mi piacciono quasi tutti gli sport esclusi quelli invernali, in particolare mi piace il basket, infatti da bambino oltre al calcio, lo praticavo ogni tanto al parco con gli amici, guardo spesso le partite dei Bulls che è una squadra che tifo. 

 

Quanto ritiene che sia importante per un giovane calciatore avere una buona cultura? 

 

Al di là dello sport la cultura arricchisce la persona fornendogli i mezzi necessari per poter decidere e costruire il proprio futuro, inoltre tanti calciatori professionisti sono laureati e non è un caso, voglio dire che anche per giocare a calcio non basta solo saper usare i piedi, tutt’altro: la funzione principale la svolge il cervello; spesso e volentieri lo sforzo maggiore è più mentale che fisico.

 








Lei giocava nel ruolo di?

 

Io sono un centrocampista o meglio mezz’ala, ma, nel corso degli anni, come spesso succede per esigenza della squadra, ho cercato di rendermi utile in più ruoli, ad esempio a centrocampo mi sento a mio agio sto nel mio. 

 

Il suo goal più bello?

 

Ne ho due in particolare che ricordo con piacere, uno direttamente dalla bandierina, era una partita in cui giocavo nella juniores calciai per metterla in mezzo, ma la palla fini sul secondo palo ed entro in rete,  in tutta sincerità devo dire che non fu del tutto intenzionale, il secondo lo feci in una partita di prima categoria contro la prima in classifica, calciai di prima intenzione da fuori area con il sinistro che è il mio piede debole e la palla entrò sotto l’incrocio. 











Ad un certo punto lei si trasferisce in Campania, che ambiente ha trovato? 

 

Quando sono andato via ero un ragazzo di 17 anni o meglio 18 appena compiuti che aveva appena concluso il suo ciclo nella scuola calcio, come tutti i ragazzi sognavo di arrivare più in alto possibile, non fu facile abituarsi nel “mondo dei grandi” sai ero abituato ad un altro tipo di ambiente arrivi al campo saluti il mister si ride si scherza conosci tutti e tutti conoscono te, li trovai un ambiente totalmente diverso gente che ha campionati alle spalle, che lo fa per lavoro e non ammette che tu stia lì per passatempo e sminuire la loro attività,  inoltre mantengono le  famiglie, penso che sia più che giusto che sia così. 

 

Bacoli (Campania) 










Il suo più grande difetto e il suo più grande pregio (calcisticamente parlando)?

 

Ma guarda come pregio su me stesso posso dire che sono abbastanza altruista, cerco sempre di fare la cosa giusta per la squadra prima che per me stesso, mi piace incoraggiare i compagni piuttosto che alzare la voce inutilmente.



 Mentre di difetti ne ho molti, ma forse quello più simpatico è che mi scoccia perdere anche in allenamento le sfide a cui ci sottopone il mister Bria (allenatore del Cus), egli è capace di stimolarci a tal punto che i giochi diventano vere e proprie guerre da vincere a tutti i costi.  

 

Un giocatore che lei ammira tantissimo? 

 

Il mio calciatore preferito è sempre stato Cristiano Ronaldo ho sempre amato il suo stile e il suo modo di stare in campo poi che dire per le sue giocate non servono parole, inoltre ho sempre avuto come punto di riferimento un ragazzo del mio paese Domenico Franco che attualmente gioca in lega pro, lui per me è sempre stato un esempio di dedizione e serietà dentro e fuori dal campo con la sua umiltà, oltre che essere un amico.

 

Come stanno andando gli studi, visto questo periodo della didattica a distanza? 

 

Studiare in queste condizioni non è semplice per qualsiasi grado scolastico tu stia affrontando oggi, questo perché il disagio che stiamo attraversando è talmente grande che ha toccato davvero tutte le fasce d’età, personalmente non vedo l’ora che si ristabilisca la normalità, le lezioni da casa sono di una noia tremenda sai in aula in classe ovunque ti trovi hai sempre un amico a fianco con cui alleggerire la lezione con una risata uno scherzo una battuta al prof., inoltre penso che la scuola media,  l’università e le scuole elementari siano  sopratutto ambienti di aggregazione umana prima che inerenti alla didattica.

 








Lei nato in provincia di Cosenza, ma una parte del suo cuore appartiene a Napoli.  In quali aspetti si sente napoletano, e in quali (aspetti) si sente di Castrovillari

 

Sono nato qui in Calabria a Cassano allo Ionio, e la maggior parte della mia vita fino ad ora l’ho vissuta qui, ragion per cui mi sento a casa ma d’altra parte il mio sangue è per metà napoletano e di questo ne sono orgoglioso perché amo Napoli e tutto ciò che le appartiene,  è una città veramente speciale lì ho parenti amici una vita parallela potrei dire; in ogni caso da buon napoletano mi reputo un ragazzo di cuore sempre pronto a dare una mano mentre l’altra metà quella calabrese esce sopratutto a tavola, mi piace tutto ciò che facciamo qui in Calabria: la  salsiccia e prodotti vari come  il peperoncino.

 

Gli amici che ruolo ricoprono nella sua vita quotidiana?

 

Per me l’amicizia è fondamentale...probabilmente, è l’unico sentimento più importante dell’amore. Ho avuto la fortuna di incontrare belle persone, in particolare saluto Isaia e Giuseppe con cui sto condividendo l’esperienza universitaria e con cui ho stretto un bel legame.



 





Un sogno che vorrebbe che si realizzasse? 

 

Oggi come oggi ti dico che mi vorrei alzare domani e sapere che è stato tutto un brutto sogno e tornare a vivere la vita quotidiana come da qui a un anno fa circa, non ti rendi conto di quanto sia prezioso quel qualcosa fin quando non te lo tolgono, cose che noi dolavamo per scontate, se invece dovessi parlare in generale ti dico che vorrei visitare l’America e vedere tutti i posti che ho solo visto nei film.

 

 

 


 

 





Grazie   

 

a cura di Paolo Radi   

 

 

 

 

18  dicembre        2020 

 

(Tutti i diritti riservati)  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

martedì 15 dicembre 2020

di PAOLO RADI 

 

 


 



 

 

 

 

CONVERSANDO CON...

     

 

 

 

GIORGIO

DI GRANDI

 

 









Giorgio Di Grandi di Modica ex calciatore ora vive a Prato con la sua famiglia e fa l’allenatore. Così ci si presenta: 

 

 

“Mi chiamo Di Grandi Giorgio Sono nato a Modica (RG) alla fine del 1978. Sono cresciuto per strada “calcisticamente” perché essendo il terzo di 6 tra fratelli e sorelle non ho avuto la fortuna di frequentare una scuola calcio e magari seguire un percorso di crescita come calciatore. 


La strada mi ha insegnato tanto, tutto: ginocchia sbucciate, ferite alle mani, alle braccia, scontri di ogni tipo: duelli sia in campo (improvvisato) che extra -campo, ma non ho mai smesso un attimo di giocare e vivere per il calcio 


Sono diventato un uomo grazie ad esso.


Ho avuto poche, ma importanti esperienze come calciatore ,il resto del tempo l’ho impiegato a lavorare sin da quando avevo 14 anni visto la condizione familiare; inizio nel  ‘96 in terza categoria,  la seconda sempre in terza categoria 10 anni dopo,  nel mezzo tante partitine con amici, tornei di quartiere e cittadini, campionati amatoriali a 11 e mai la possibilità di spiccare il volo; ho accettato la mia vita come ho sempre fatto. Adesso a 42 anni cerco la rivincita come allenatore.


 Ho iniziato a fare il collaboratore under 13 nel 2011 presso l’ASD SPORTMANIA (Modica) al fianco di un allenatore che era anche un selezionatore giovanissimi per la delegazione provinciale di Ragusa e l’ho seguito anche in quel percorso. 



Nel 2012 frequento il corso CONI-FIGC e mi assegnano un gruppo cat -under 13, sempre nello stesso centro sportivo.


 Lascerò l’ASD SPORTMANIA nel 2015 allenando solo cat -under 13, nel 2013 ho collaborato come secondo allenatore under 15 provinciale a Rosolini (SR).


 Nella stagione 2015/16 inizio un’altra esperienza ad Ispica (RG) con lo ASD SPORTISPICA, qui svolgo il ruolo di   collaboratore/secondo under 17 regionale, e la stagione successiva vengo assegnato alla categoria under 13, divento anche collaboratore/secondo under 15 regionale



 Nella primavera del 2018 frequento il tanto aspettato corso UEFA B che fortunatamente si svolge nella mia provincia, da qui la mia svolta. Nella stagione 2018/19 cambio società e divento l’allenatore cat -under 14 regionale più under 15 provinciale della meravigliosa società Ispica Academy affiliata all’Atalanta con ambizioni di crescita ed affermazione sul territorio 


Nella stagione successiva 19/20 con la categoria under 15 provinciale raggiungiamo il grande traguardo della conquista della cat -regionale, la pandemia ci ha tolto la possibilità di conquistarla sul campo, ma alla richiesta di ripescaggio, visto che ci trovavamo a pari  punti con  la prima e tolti i punti delle società fuori classifica siamo scesi in seconda posizione, abbiamo acquisito con merito il ripescaggio.  Questa esperienza diversa da tutte le altre è stata fondamentale, per il grande lavoro svolto sin dal primo giorno di allenamento. 



Quest’anno mi  trovo in Toscana alla Zenith Audax di Prato con la fortuna di allenare in una grande società della regione con la cat 09 più l’incarico di collaboratore/secondo in prima squadra cat Eccellenza; la mia ambizione è proprio allenare i più grandi un giorno e puntare a Coverciano per svolgere il corso UEFA A.”

 

 





 

Come prima domanda le voglio fare questa, il mondo dello sport è stato stravolto, come ogni settore della vita, secondo lei, tutto tornerà come prima, oppure anche il calcio subirà dei cambiamenti? 

 

Non penso che cambierà tanto, anche se una bella riorganizzazione ci vorrebbe, si cercherà credo di limitare i danni accusati negli ultimi 2 anni, io auspico sempre in un miglioramento in generale e per una volta pensando meno agli introiti.

 

Secondo lei c’erano le condizioni per far ripartire il campionato di serie A, B, C, D e le altre gare di Champions, una partita senza gli spettatori e le varie tifoserie acquista uno spessore diverso?

 

Dopo il primo Lockdown dove un po’ tutto il mondo si è trovato impreparato a questa situazione, credo che sia stato giusto ripartire, soprattutto per quelle categorie che lo svolgono come professione, solo rispettando i protocolli e facendo test ogni settimana possono andare avanti tranquillamene. L’assenza degli spettatori e dei supporter metaforicamente parlando è come ascoltare un concerto a volume basso o guardare una partita in tv senza volume. Mi auguro che gradualmente si torni alla normalità con la gente allo stadio perché per ogni società sono una spinta in più.

 

Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

 

Inizio con una frase che mi accompagna sempre: io il calcio non lo pratico, lo vivo! 


Sono nato con questa passione, da bambino per strada ero sempre con un pallone in mano e quando non lo tenevo dietro calciavo ogni cosa, puntavo a una fantomatica porta e gli tiravo una pietra, una bottiglia vuota, una lattina, questo è gioco meraviglioso che emoziona miliardi di persone in tutto il mondo. Per vivere ho dovuto rinunciare alla “gloria” ai sogni di diventare un calciatore, ma non ho mai smesso di giocare a calcio, ancora tutt’ora, spero di tornare presto a fare la mia classica partitina a calcio o calcetto con gli amici ne giova il mio benessere psicofisico.

 









Perché ha deciso a un certo punto della sua vita di diventare allenatore? 

 

Ricollegandomi al discorso di prima la risposta è semplice, non avendo avuto la possibilità di fare il calciatore perché a quei tempi erano pochi i genitori che ti accompagnavano nel tuo percorso di crescita, essendo il terzo di 6 tra fratelli e sorelle ho dovuto rinunciare a tutto pur di avere l’indipendenza economica e la libertà di crescere in un “normale “contesto sociale.


 Ho provato all’età di 24 anni di rimettermi un po’ gioco facendo parte di qualche squadra agonistica, ma era troppo tardi mancava quel lavoro che avrei dovuto dovevo acquisire nel giusto periodo di crescita che va dai 7/8 ai 15/16 anni di età.


Nonostante ciò ho sempre giocato a calcio con amici, tornei di quartiere, campionati amatoriali sempre gestivo la mia settimana di lavoro e le mie 3/4 partite a settimana in modo semplice e sereno Quando sono arrivato all’età di 33 anni e viste un po’ le mie capacità di leader in alcuni contesti mi sono detto: perché non provare a fare un percorso per diventare allenatore? Magari mi mancava la carriera come curriculum, ma un po’ di spogliatoio l’avevo vissuto, e poi c’erano gli studi i corsi e le grandi conoscenze che avevo acquisito. Da lì ho iniziato a collaborare in un centro sportivo a fianco di un ottimo allenatore, non male come inizio!

 

Lei ha allenato diverse squadre, c’è una squadra a cui è rimasto più legato?

 

Alleno esattamente dalla stagione 2011/12 e ogni stagione è una storia a se stante, con emozioni e dinamiche diverse, ma attualmente mi lega di più la società Ispica Academy, dopo il corso UEFA B del 2018 finalmente ho avuto l’opportunità di fare il settore giovanile visto che per regolamento con il semplice Coni -FIGC non potevo guidare una squadra a 11.


 Quello che se creato con i ragazzini anno 2005/06 è stato qualcosa di magico, oltre al grande risultato di crescita individuale e di squadra, ma credo che in futuro avrò la possibilità di emozionarmi ancora con nuove esperienze ne sono certo 

 










Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

 

Un allenatore soprattutto dilettante deve essere empatico a prescindere da cosa propone in campo per la crescita degli individui alla disciplina per questo gioco. Un allenatore deve lasciare sempre qualcosa e mai togliere.

 

 Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

 

Il calcio mi dà la vita, emozione, mi impegna il pensiero sempre, tra una cosa e l’altro penso a come far divertire i ragazzi pur rispettando la loro formazione. Archivio dentro me e su carta ogni qualsiasi cosa possa servire alla mia crescita ed esperienza.


Credo che non mi stia togliendo nulla fino adesso anzi ancora oggi mi dona sempre nuove esperienze e la possibilità, come da sempre accade, di conoscere più gente possibile che conosce e pratica come me questo sport.

 

    Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?


Una partita per me è come una verifica di tutto ciò che ho fatto e proposto durante la settimana, come un esame a scuola se hai studiato bene il voto sarà ottimo o buono quindi un po’ di ansia c’è sempre.  Avendo fatto il settore giovanile il mio obiettivo rimaneva vedere il miglioramento e la crescita di ogni singolo ragazzino a prescindere da come andava a finire il risultato che in certi versi un po’ conta. Ai ragazzi chiedevo sempre e solamente di mettere in pratica il lavoro svolto durante la settimana e le settimane e di dare tutto per se stessi.

 











E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato a livello tattico, oppure volta pagina? 

 

Alla fine di una partita, come sempre faccio una sorta di autovalutazione, cerco di vedere se il singolo ha avuto dei miglioramenti, se con l’interscambio degli avversari abbia trovato sempre una soluzione migliore o diversa e se il collettivo abbia giocato da squadra come giusto che sia, da lì poi organizzo un po’ la settimana di lavoro continuando la didattica di crescita dei ragazzi 

 

Una partita da allenatore che vorrebbe dimenticare? 

 

Finale di un torneo under 13 a 5 nel 2017. I genitori di oggi non sono come quelli di una volta altrimenti sarei arrivato in serie A. Ci trovavamo in finale a sfidare una società Élite una delle più importanti della mia regione era una sorta di Davide contro Golia, arbitrava un signore anziano tranquillo messo serenamente lì dalla società organizzatrice come giusto che sia per tornei giovanili e di attività di base, la partita era bella e molto equilibrata una decisione arbitrale ha fatto infuriare il genitore di un allievo della mia squadra che era pure pseudo dirigente della società, ho visto una scena terribile: mani addosso, urla un brutto momento imbarazzante per me i ragazzi e la gente che ci guardava. Da quel momento finita la partita, ho lasciato quella società, nonostante io venga dalla strada dove veramente si faceva a botte, però  non era quello il giusto insegnamento da dare ai ragazzi o ai  bambini in quel momento. 

 

Un suo pregio?


 Empatico (scrupoloso preciso spiritoso e passionale)


Un suo difetto?


Permaloso, mi chiudo in me stesso quando sono arrabbiato. 

 

Lei si trova ora a Prato, che ambiente di lavoro ha trovato (calcisticamente è ovvio)? Si sta ambientando bene? 

 

Ho avuto la fortuna di trovare una meravigliosa società, gente che mi ha accolto bene e che adesso dopo 3 mesi di attività (meno il periodo zona rossa) si sta consolidando anche un bel rapporto di amicizie tra colleghi e ringrazio sempre e spesso la prima persona che mi ha contattato, ovvero il direttore dell’attività di base per la grande opportunità che mi ha donato. In questo momento sono felice di fare il collaboratore della prima squadra più allenare un gruppo di piccoli campioni 2009. 

 

Come   descriverebbe se stesso nei riguardi di una persona che non conosce nulla di lei?

 

Sono dinamico, solare, sincero, schietto. Farei in modo di fargli capire di valutarmi e conoscermi fino in fondo, ovviamente prima di dare un giudizio affrettato. 

 

 La famiglia che cosa rappresenta per lei? 

 

La famiglia per me è molto importante, sacra, direi, soprattutto nella crescita sana dei figli, dei loro equilibri, un giorno saranno futuri uomini o donne, grazie anche all’equilibrio familiare che hanno avuto da piccoli e ragazzini.

 













Sono stato quest’estate a Modica, splendida località, quanto le manca questa città?

 

In questo periodo manca molto, mancano i miei genitori i miei fratelli e sorelle, i suoi 3 colli che la circondano, le tantissime persone che mi conoscono, il cioccolato e soprattutto manca il suo vicino mare, visto che dista solamente 18 km, lì ho lasciato le mie radici la conosco in lungo e largo perché già a 8 anni ero per strada a calciare qualsiasi cosa! 

 

 

 

Grazie   

 

a cura di Paolo Radi   

 

15 12  2020 

 

(Tutti i diritti riservati)