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venerdì 23 novembre 2018

PAOLO RADI PRESENTA    










10 DOMANDE 

A  




DANIELE ROMANDINI







    Daniele Romandini è nato a San Benedetto del   Tronto, comincia a giocare a calcio giovanissimo, solo che a 17 anni per un problema cardiaco scopre che dovrà interrompere questa disciplina. A 20 anni frequenta il corso per i giovani calciatori in Ascoli, e per 4 anni allena nella scuola calcio della Vis Stella. Successivamente mentre era a Londra per imparare l’inglese invia la domanda per frequentare il corso per il patentino UEFA B, la domanda viene accettata, prende il patentino e viene chiamato per allenare il Grottammare calcio. Successivamente ha allenato per 2 anni la Sambendettese (che è una società professionistica) quest’anno, allena  la società professionistica che è la Fermana. Oltre a studiare scienze motorie, ha collaborato con il CONI e la FIGC per un progetto inerente al calcio nelle scuole.









Signor Daniele Romandini, la prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il gioco del calcio sarebbe stata la sua più grande passione?

Ho scoperto che il calcio era la mia grande passione quando mia madre, mi portava (controvoglia) a nuoto tutte le sante sere con le mie 2 sorelle più̀ grandi, sa per comodità̀ il più̀ piccolo fa lo sport che fanno i fratelli maggiori, ma io prendevo a calci tutto ciò̀ che mi passava a tiro. 
Spendevo tutte le poche monete che i miei nonni e i miei genitori mi davano (200, 500 lire) in tutto ciò̀ che riguardava il calcio, figurine pupazzetti, gettoni per i primi videogames del calcio. Quando un bel giorno mio padre mi disse:” domani vai a provare a calcio!!!” 









A 17 anni scopre che per un problema cardiaco deve lasciare il calcio, si ricorda cos’ha provato quando le hanno riferito ciò? 

Lo ricordo come se fosse ora.

All'inizio pensavo che fosse uno scherzo. Poi quando il cardiologo mi fissò negli occhi e con aria seria mi disse che tutto ciò̀ era reale, dentro di me scattò una forma di delusione misto amarezza e profonda tristezza. Il viaggio di ritorno a casa da Roma lo passai attaccato al finestrino piangendo e pensando a come avrei potuto continuare ad alimentare quella grande ragione di vita che per me era (é) il calcio. 
Infatti da lì a qualche giorno seguente ero già̀ ha fare gavetta nel campo dove mi allenavo io, davo una mano con i più̀ piccoli, all'allenatore della squadra dove sono cresciuto.
Forse da lì ho capito che quello era il modo di alimentare la mia grande passione










Perché tutti provano a diventare calciatori, a differenza che allenatori? 

Molti provano a diventare calciatori anziché́ allenatori perché́ pensano sia più̀ facile. 
Anche i numeri aiutano: 
 un allenatore per squadra a confronto di 22/23 giocatori per rosa;
 fare l'allenatore comporta molte più̀ responsabilità̀ rispetto   al calciatore.
Per provare ha fare l'allenatore oltre alle tante difficoltà uno si trova a battagliare anche con tanta concorrenza, anche sleale a volte


Ad un certo punto lei decide di trasferirsi a Londra? Imparare la lingua o altro?

Decisi per partire per Londra per motivi. 
1.  Imparare la lingua, cosa fondamentale per restare aggiornato 
(Ora sto provando anche con lo spagnolo). 
2.  Perché́ in quel periodo era necessario trovare stimoli nuovi. 
Perché́ credo vivamente che chi voglia sentirsi vivi deve essere sempre stimolato e spesso se non lo abbiamo questi stimoli lo dobbiamo cercare intorno a noi. 
3.  Perché́ credo che un'esperienza all'estero per un giovane sia molto più̀ formativa della vita “comoda” che si fa vicino alla propria famiglia.










Lei ha il patentino UEFA B, significa che lei può allenare tutte le squadre sino alla serie B?

Magari!!!
No, il patentino UEFA B ti abilita alla conduzione tecnica di squadre di società̀ appartenenti alla Lega Nazionale Dilettanti e di squadre giovanili di società̀ appartenenti alla Lega Nazionale Professionisti Serie A, alla Lega Nazionale Professionisti Serie B, alla Lega PRO, alla Lega Nazionale Dilettanti ed al Settore per l’Attività Giovanile e Scolastica e ad operare nei centri di Avviamento allo Sport e nelle Scuole di Calcio. 


Un aggettivo per descrivere sé stesso? 

    Tenace 



Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore?

L'allenatore non deve avere una sola qualità̀, ne deve possedere diverse. Poi più̀ qualità un allenatore ha più̀ vantaggi ha!
Io credo che sia importante per un allenatore avere carisma, e saper nutrire anche il lato umano di un giocatore non solo quello sportivo. Soprattutto quando si lavora nei settori giovanili.






Alcuni allenatori ottengono brillanti risultati in una squadra, poi passano ad un’altra e non riescono a raggiungere nessun obiettivo? Quali possono essere i motivi?

I motivi potrebbero essere i seguenti:

motivi ambientali, soprattutto se si cambia nazione cambiano le abitudini; motivi caratteriali, cambiando squadra si trovano nuovi giocatori con diverse personalità rispetto a quelli che si è lasciati.

Quello che ho fatto io nel mio percorso è stato quello di cambiare approccio con i ragazzi, nei diversi anni, senza però mai snaturare la mia persona. 

Squadra estera che le piacerebbe allenare?  

    Arsenal. 








Chi è secondo lei il migliore allenatore fra questi tre nomi:          Josè Mourinho,  Massimiliano Allegri e Josep Guardiola? 

     Senza nulla togliere a questi 3 mostri sacri. Io voto Jurgen    Klopp. 







Grazie   

a cura di Paolo Radi







23  11   2018 
(Tutti i diritti riservati)  






















mercoledì 21 novembre 2018



PAOLO RADI PRESENTA    






10 DOMANDE 


A  

FABIO MANGIACASALE








Fabio Mangiacasale calabrese nato a Catanzaro nel 1987 abita a Vasto e gioca da settembre 2018 nel ASD Real Giulianova serie D nel ruolo di attaccante- ala destra. Ha giocato in tante squadre. Noi gli abbiamo rivolto alcune domande.





    La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Praticamente da quando ho visto rotolare una palla…no so a 3-4 anni massimo. Da lì non mi sono più staccato dal pallone. Ogni momento della giornata era buono per andare a fare una partita.








Lei ha giocato in diverse squadre, a quale squadra è rimasto più legato?

Nella mia umile carriera ho girato diverse squadre e sinceramente sono stato bene in quasi tutte. Se però ne devo scegliere una ti dico la Casertana; infatti ho ancora tanti amici che sento ancora. Caserta è stata una tappa fondamentale della mia carriera. In quell’anno ho toccato le stelle, ma allo stesso tempo ho visto il buio. Questo perché dopo aver fatto una stagione magnifica, a due giornate dalla fine del campionato ho subito un grave infortunio. La risalita è stata davvero difficile, ma ora corro e sorrido come prima…


Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Il calcio…Ho due fratelli maggiori che giocavano anche loro e ricordo che io pur essendo piccolo andavo con loro a giocare. Era destino, perciò eccomi qua.







Dai ragazzi il calcio viene visto come un’opportunità per vivere una vita negli agi, nel lusso, oppure frequentare un certo tipo “di mondo”. Perché tutti provano a diventare calciatori?

Il calcio è lo sport (per me) più bello del mondo, quindi dico ai ragazzi di divertirsi senza pensare troppo al futuro. Se sei bravo alla fine vieni fuori.


In che ruolo attualmente gioca? 

Esterno di centrocampo/attacco.


Squadra italiana di serie A in cui le piacerebbe giocare? 

Il mio sogno era giocare in A con il Catanzaro.






Un aggettivo per descrivere sé stesso? 

Generoso


Un suo pregio? 

Lealtà (in campo e fuori).


Un suo difetto? 

Essere troppo buono (nel calcio spesso vieni preso in “giro”).







Squadra estera in cui le piacerebbe giocare? 

   Barcellona.


Messi, Maradona o Ronaldo? 

Maradona.



Grazie   

a cura di Paolo Radi   



21    11   2018 
(Tutti i diritti riservati)  





















lunedì 19 novembre 2018

PAOLO RADI PRESENTA    







10 DOMANDE 

 A 

LUIGI AGNELLI









    Luigi Agnelli, (oltre a essere un Personal Trainer e socio dello studio di Medical e Personal training di Foggia e Lucera “MYO”) ha    35 anni, è nato a Foggia e allena il Manfredonia Calcio 1932. Vanta un importante esperienza nel Foggia Calcio, dove dal 2011 ha allenato la Berretti e le Under 15 e 17 nazionali. Suo fratello Cristian è Capitano del Foggia).



La prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il gioco del calcio sarebbe stata la sua più grande passione?


In casa noi siamo cresciuti con pane e pallone, perché ogni giorno e ogni giornata da piccolini lo passavamo sotto casa dove abbiamo uno spiazzale per poter giocare a calcio, io e mio fratello ci allenavamo assieme, tutto era indirizzato sul calcio, anche perché era il modo per passare del tempo, nella oltre  ad avere in casa un terrazzo molto grande che ci permetteva di fare delle sfide a calcio-tennis. 

Questa attività sportiva ci ha permesso di conoscere tante persone, abbiamo sempre lavorato su questa grande passione, grazie  mia madre siamo andati in una scuola calcio dove abbiamo continuato a coltivare le nostre passioni, il tempo e anche le qualità tecniche ha permesso a mio fratello di continuare la sua carriera come calciatore e a me di darmi un altro tipo di alternativa, mi ha permesso di verificare quali erano le altre mie passioni tra cui quelle di giocare in porta, e ho giocato sino a 22 anni. 

Poi ho lasciato il mondo giocato per passare a quello arbitrale (due anni) infine mi hanno dato la possibilità di iniziare ad allenare una scuola calcio e da lì è iniziata la mia passione per fare l’allenatore e così sono arrivato al Manfredonia e spero di non fermarmi oggi. Questo perché vorrei continuare ad arrivare a obiettivi molto, ma molto più grandi.







Possiamo dire che ha iniziato molto giovane, se non avesse intrapreso quest’attività che cosa le sarebbe piaciuto fare, anche se vista la sua giovane età, può svolgere qualsiasi professione? 


Sinceramente non lo so, perché calciatori lo si è da piccoli, poi si emula i grandi sportivi che ci sono in televisione, come tu ben sai i neuroni specchio che sono presenti nel nostro corpo tendono ad imitare qualcosa che ha una grande risonanza mediatica. In conclusione se la televisione ci propone la televisione un qualcosa che stimola la nostra attenzione, pensiamo ai calciatori che fanno pubblicità è normale tendere a imitare il nostro idolo. 



Perché tutti pensano a diventare calciatori e pochi a diventare allenatori?


Perché l’allenatore è un’attività che non viene fatta da piccolini, ma la si impara dopo tanto tempo, non a caso bisogna avere almeno 25 anni per iniziare a fare il corso da allenatore Uefa B.









Suo fratello …Agnelli gioca in serie B. Che rapporti avete, mi spiego meglio, c’è competizione oppure ognuno ammira le qualità che possiede l’altro?


Con mio fratello non c’è stata nessun tipo di competizione, siamo due persone che vedono il calcio alla stessa maniera, anche perché siamo cresciuti da piccolini insieme, poi lui a 16 anni è dovuto andare via per giocare in squadre professionistiche come il lecce, che quell’anno fece la serie A. 

Quindi paradossalmente fra noi c’è tanto confronto,  uno per la mia crescita  e due perché lui l’ha vissuto da calciatore, ed è ovvio che il calcio che pensiamo noi è diverso da quello che è il calcio che si vede in tante categorie perché  è basato su alcuni concetti base: di lavoro con la palla, del fatto che la preparazione atletica  non esiste,  del dominio del campo, di come muoversi per creare delle linee di passaggio per il compagno, inoltre la preparazione tecnica nel calcio non esiste, voglio concludere dicendo che  noi diamo la possibilità di lavorare su giocatori “ pensanti” che abbiano la possibilità di utilizzare la propria mente e di adattarsi a quelle che sono le partite o i giocatori avversari che sono in campo, quindi un adattarsi a quello che è un avversario per poi andare a fare gol. 

Questo fondamentalmente è il nostro pensiero. Ribadisco il concetto espresso inizialmente: non c’è competizione, giustamente entrambi ammiriamo l’uno e l’altro, per un semplice motivo, lui continua a giocare e vive il calcio alla maniera che ho indicato sopra, e io  cerco di mettere in pratica gli stessi concetti di gioco. Poi domani chi lo sa, forse lavoreremo insieme, come allenatori, non si sa; la vita è strana.








Un aggettivo per descrivere sé stesso? 


Un aggettivo che mi descrive? Ambizioso, si sono ambizioso che vuole arrivare al top, in ambito lavorativo, in quello calcistico, insomma voglio essere il migliore in tutto quello che faccio.



Squadra estera che le piacerebbe allenare?  


Il Chelsea, il City, sono il top dei club, ma il Barcellona, il Real Madrid sono squadre che apprezzo le amo anche perché nel Barcellona, e in tutta la Spagna ci si prepara come la penso io



Chi è secondo lei il migliore allenatore fra questi tre nomi:   Josè Mourinho,  Massimiliano Allegri e Josep Guardiola? 


Io adoro il calcio di Guardiola, amo il calcio di Sarri, 


La sua maggior qualità? 

È una domanda difficile, secondo me è la determinazione nell’ottenere quello che mi prefisso, quindi cerco di arrivarci in qualsiasi modo



…e il suo peggior difetto? 

…è l’essere permaloso, sì sono permaloso, ma con il tempo l’ho migliorato, oggi se me la prendo, tengo dentro di me quello che mi dicono. Cerco di gestire questo difetto in maniera diversa, “prima mi lasciavo andare”, tutto questo, però,  fa parte della crescita personale di ogni persona cercare di cambiare.






   


Ultima domanda: meglio 30 scudetti, una coppa dei campioni?

Senti, se dovessi parlare in maniera egoistica io preferisco 30 scudetti, perché con questa cifra si ha la possibilità di rimanere nella memoria della squadra come allenatore vincente, poi la coppia dei campioni arriva, se vinci 30 scudetti…la coppa arriva, questo è poco, ma sicuro.



Grazie   

a cura di Paolo Radi   





19   11   2018 
(Tutti i diritti riservati)