A CURA DI PAOLO RADI
UNA CONVERSAZIONE
CON
FAUSTO
BONAIUTO
Fausto Bonaiuto è nato a Pompei l’8 marzo del 1992. La passione per il calcio nasce sin dai primi mesi, quando l'unico oggetto capace di farlo stare tranquillo nella famosa "culla " era proprio il pallone. Negli anni questa passione è cresciuta sempre di più al punto che già all'età di quattro anni inizia a frequentare le prime scuole calcio. Ha avuto la fortuna di avere genitori alle spalle che gli hanno sempre detto però che il calcio doveva vederlo semplicemente come uno sport, come un divertimento e che la cosa fondamentale fosse la scuola.
Decide così di frequentare il liceo classico e al giorno d’oggi è laureato in giurisprudenza presso la Federico II di Napoli.
Caratterialmente non sa descriversi, sa per certo però che all'inizio non offre una buona impressione di se stesso, resto molto sulle sue e “cerco di capire chi ho di fronte e questo può portare a pensare che sono arrogante presuntuoso o quant'altro. chi mi conosce però sa che queste caratteristiche non mi appartengono”.
La sua vita vita calcistica oscilla tra campi di prima categoria, promozione, eccellenza. per lui l’importante era trovare un ambiente e un contesto sano nel quale potesse divertirsi ed esprimersi.
La prima domanda è un classico: c’è stato un episodio che le ha fatto capire che il gioco del calcio sarebbe stata la sua più grande passione?
Nessun episodio in particolare. Ma sin dall’età di quattro anni nel campetto sotto casa c’era un gruppo di ragazzi, che poi sono diventati miei amici, che organizzavano ogni pomeriggio una partita e io non potevo fare a meno di non partecipare. Giorno dopo giorno la semplice voglia di giocare e di divertirmi si è trasformata in una vera passione che tutt’oggi riempie i miei pomeriggi.
Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare?
Sicuramente la pallavolo. Amo il gioco di squadra, il rispetto dei ruoli, la condivisione del successo e delle sconfitte. Non mi sono mai piaciuti gli sport individuali. Il far parte di un gruppo ti aiuta a migliorare non solo dal punto di vista fisico/tecnico ma soprattutto dal punto di vista umano.
I suoi genitori anche se hanno appoggiata le hanno fatto comprendere l’importanza dello studio, infatti lei prima si è diplomato al Liceo Classico, e poi si è laureato in Legge, come mai la decisione di frequentare il classico e la scelta di iscriversi a legge?
Penso che mentre in passato il calcio era visto semplicemente come uno sport oggi il calcio è considerato una fonte di investimento. Si può dire che il più delle volte sono gli stessi genitori che spingono il figlio ad intraprendere questa strada, nella speranza di ottenere chissà cosa.
Perché molti ragazzi scelgono il calcio come sport, cercano la fama, i soldi, o tutti e due? Lei se le avesse avuto un ingaggio a 17 anni in serie A avrebbe accettato, oppure l’importanza dello studio sarebbe venuta al primo posto?
Non mi sono mai piaciuti i falsi moralisti e pertanto dico che se io all’età di 17 anni avessi avuto un ingaggio da professionista avrei accettato ad occhi chiusi. Poi avrei comunque cercato di far conciliare il calcio con lo studio.
Diversi giocatori mi hanno raccontato che pur di giocare in una qualsiasi categoria hanno abbondanto gli studi, per poi ritrovarsi con un nulla di fatto e ora hanno difficoltà nel trovare un lavoro.
Che consiglio darebbe a questi giovani?
La scuola al giorno d’oggi ha un valore assoluto. Un titolo di studio può cambiarti la vita. Il calcio fatto a livello dilettantistico lascia il tempo che trova. L’unica cosa che mi sento di dire è quella di portare a termine quanto meno gli studi superiori per avere comunque una strada alternativa da percorrere.
In che ruolo giocava da ragazzo?
Ho sempre voluto ricoprire il ruolo di attaccante ma le mie caratteristiche erano ben altre.
Ho ricoperto sia il ruolo di portiere nei primissimi anni per poi diventare ed affinarmi nella fase difensiva da difensore centrale.
Lei ora è il tecnico dell’Under 17 dell’Asd Calcio Pomigliano, come ha raggiunto questo ruolo?
Magari su questa formula la domanda sarebbe dovuta essere: da quanto alleno e dove ho allenato.
Alleno da 4 anni, da quanto ho conseguito l’abilitazione al corso UEFA B tenutosi a Caserta. Ho iniziato con la scuola calcio per arrivare due anni fa ad allenare il gruppo juniores della Rus Vico (allora militante in promozione) dove facemmo tutto sommato un buon campionato posizionandoci al quinto posto.
L’anno scorso invece sono stato alla guida sempre di un gruppo juniores, del palmese calcio (militante in eccellenza) dove andammo ben oltre le aspettative. Sul campo abbiamo chiuso il campionato in seconda posizione, ma in virtù di un punto di sanzione inflitto alla società nell’anno precedente e da scontare in quello successivo chiudemmo in quarta posizione sfiorando pertanto di un punto playoff.
Quest’estate tra una chiacchierata e l’altra mi viene chiesto di provare ad allenare un gruppo di ragazze facenti parte del Pomigliano calcio. non ci ho pensato due volte su e devo dire la verità non me ne pento assolutamente. Alla fine sono esperienze che vanno vissute e che sicuramente arricchiscono il proprio bagaglio.
Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore?
Un allenatore deve essere competente, credere nelle sue idee, trasparente e leale ( dire ciò che pensa senza fare troppi giri di parole o cercando strade alternative) con i suoi calciatori e al tempo stesso capace di creare anche dei rapporti con loro.
Qual è il suo stato d’animo prima di una partita?
Sia da calciatore che da allenatore molto tranquillo.
La partita la sento durante la settimana. Sono fortemente convinto che il campo può tradirti una, due, tre volte, ma alla fine il lavoro che tu fai verrà sempre ripagato.
La partita la sento durante la settimana. Sono fortemente convinto che il campo può tradirti una, due, tre volte, ma alla fine il lavoro che tu fai verrà sempre ripagato.
E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato, ad esempio, dovevo sostituire prima quel giocatore, contro quella squadra non mi sono preoccupato molto della difesa
Terminata la partita l’unica cosa a chi penso è dove andare a rilassarmi. Il giorno dopo a mente lucida cerco di analizzare tutti gli aspetti: sia quelli negativi che quelli positivi. I primi per evitare gli stessi errori, i secondi per far si che quei concetti diventano parte integrante del calciatore.
Una partita che vorrebbe dimenticare?
Juniores finale regionale Palmese Quarto.
Si decide tutto dagli 11 metri. Scelgo lo stesso angolo della semifinale ma questa volta l’esito è completamente diverso. Ci svegliammo sul più bello.
Un suo pregio?
Pregi non saprei, lascio agli altri.
Un suo difetto?
Difetti sicuramente più di uno...
All’inizio resto molto sulle mie e questo porta a pensare che sono una persona arrogante presuntuosa. Semplicemente non mi apro fin quando non so perfettamente chi ho davanti.
La famiglia che cosa rappresenta per lei?
La famiglia è un po’ come il porto per le barche. Il luogo in cui ti senti sicuro e al sicuro.
Avere una famiglia alle spalle che è li pronta a sostenerti in tutto ciò che fai a correggerti se qualcosa non va penso sia il dono più grande che uno possa avere.
Un sogno nel cassetto?
Semplice: allenare e magari un giorno sedere su una o più panchine importanti.
Che sia calcio femminile o calcio maschile poco importa!
Che sia calcio femminile o calcio maschile poco importa!
Grazie
a cura di Paolo Radi
28 11 2019
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