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mercoledì 27 novembre 2013

PRIMA RIFLESSIONE SETTIMANALE



Come riflessione di questa settimana ho scelto il Canto I dell’Inferno che tutti conosciamo, il poeta smarrita la diritta via, si ritrova immerso in una fitta e buia selva. Tremante e sempre più angosciato intravede infine la base di un monte, così decide di salire la montagna (anche perché in cima risplende il sole del mattino); ma dopo pochi passi tre bestie gli sbarrano il passo: una lonza, un leone e una lupa. Non sapendo come affrontare l’ultimo animale (il più terribile) torna ai piedi del monte, una voce amica, venutagli in soccorso in modo provvidenziale lo conforta: è il maestro latino Virgilio.


(..) Io non so ben ridir com' i' v'intrai, tant' era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai. Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto, là dove terminava quella valle che m'avea di paura il cor compunto, guardai in alto e vidi le sue spalle vestite già de' raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle. Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta, una lonza leggiera e presta molto (..) ma non sì che paura non mi desse (…) la vista d’un leon(…). Questi parea che contra me venisse con la test' alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l'aere ne tremesse. Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame, questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch'uscia di sua vista, ch'io perdei la speranza de l'altezza. tal mi fece la bestia sanza pace, che, venendomi 'ncontro, a poco a poco mi ripigneva là dove 'l sol tace. Quando vidi costui nel gran diserto, «Miserere di me», «A te convien tenere altro vïaggio», rispuose, poi che lagrimar mi vide, «se vuo' campar d'esto loco selvaggio; ché questa bestia, per la qual tu gride, non lascia altrui passar per la sua via, ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide; e ha natura sì malvagia e ria, che mai non empie la bramosa voglia, e dopo 'l pasto ha più fame che pria. Ond' io per lo tuo me' penso e discerno che tu mi segui, e io sarò tua guida, e trarrotti di qui per loco etterno;


In questi versi Dante ha oramai avviato il lettore verso l’intreccio di realtà e metafora, la coscienza offuscata gli ha impedito di accorgersi che stava scivolando nell’abisso dell’anima. E noi? Siamo anche noi offuscati e stiamo scivolando nell’abisso della nostra anima e del nostro destino? Saremo capaci di combattere contro le tre fiere che rappresentano la lussuria, la superbia, l’avidità? Dante sembra soccombere, ma in aiuto gli arriva il sommo maestro latino Virgilio. Ma noi, chi verrà in nostro soccorso. In un paese dove sembra dominare sempre di più l’attraente piacere della superficialità, la smania della conquista del potere e infine l’avidità, noi saremo in grado di ritrovare la via della salvezza? O forse è necessario aspettare una guida? Ma poi, per quanto?

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