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martedì 13 aprile 2021

di PAOLO RADI 

 

 


 

 

 

 

 

 



CONVERSANDO CON...

     

 

 

 

MICHELANGELO 

CIROLLA

 














 

Michelangelo Cirolla è un giovane talento del calcio e così ci si presenta.

 

 

Mi chiamo Michelangelo Cirolla, ho 21 anni. Sono nato il 28 luglio 1999 in un paese della provincia di Cosenza, ora è piccolo, ma ai tempi dell’antica Grecia ne era la città più conosciuta: Sibari.


 Sono un Trequartista di natura, ma molto spesso ho agito come jolly e di questo ne vado fiero, perché significa che ovunque ce ne sia stato il bisogno io ho saputo dare il mio aiuto. 

Il calcio mi apparteneva già da quando ero “nella pancia di mia madre” e all’età di 5 anno mio padre mi iscrisse alla prima scuola calcio, la Paj (polisportiva alto Jonio), ora conosciuta come Pro Emiliano di Villapiana scalo.


 Mio padre è stato un po’ il mio ‘manager’ e infatti aveva visto lungo su di me, l’anno successivo mi iscrisse alla mia seconda scuola calcio dove ho passato praticamente tutta l’infanzia e non solo: lo Sporting club Corigliano, una scuola calcio che man mano negli anni ha saputo far parlare di sé, vincendo e scalando classifiche arrivando, ora , a giocare campionati a livelli d’élite.


 Per 9 anni il mio percorso lì è stato qualcosa di indescrivibile. Tornei, campionati, stage, infortuni e quant’altro, lo rifarei altre mille e mille volte. 


Al mio ultimo anno di ‘Allievi’ ho voluto cambiare, sentivo la necessità di fare nuove esperienze, avevo bisogno di stimoli diversi per poter crescere e formarmi maggiormente, di relazionarmi con persone più forti e più grandi di me, così, feci uno stage con l’Asd Trebisacce per la selezione della juniores, in modo da far combaciare orari di scuola con gli allenamenti, sin da subito mi sono sentito a casa, immaginavo che qualcosa sarebbe cambiato, ma non pensavo che cambiasse in questo modo. Iniziò così un’esperienza fatta di sacrifici e tanta, tanta voglia di arrivare in prima squadra.


Mi alzavo la mattina presto per andare a scuola, all’uscita un panino al volo e via al campo, non vedevo l’ora. All’età di 15 anni, dopo un campionato da” incorniciare” con la juniores e, potrà sembrare strano ma, contemporaneamente con gli allievi del settore giovanile, feci il mio esordio in prima squadra, Eccellenza calabrese, contro la Cittanovese. 


Negli anni successivi, col passare del tempo sono arrivato ad essere un giocatore a tutti gli effetti di prima squadra, questo grazie anche al mister Giuseppe Falbo, che non ha mai smesso di credere in me e nel mio potenziale.

 











Come prima domanda le voglio fare questa, il mondo dello sport è stato stravolto, come ogni settore della vita, secondo lei, tutto tornerà come prima, oppure anche il calcio subirà dei cambiamenti?


Il calcio purtroppo ha già subito cambiamenti, almeno per noi delle categorie inferiori. Come sempre ci danno poca importanza perché non creiamo un business ai livelli di serie A e B.

 

Il campionato di serie A, di B, C e D e così le altre gare di Coppa, è ripartito con gli stadi quasi chiusi (una partita ha un sapore diverso rispetto a uno stadio pieno con migliaia di tifosi) che cosa ne pensa di tutto ciò? 


I tifosi sono l’anima di una squadra. Quando sei lì, che fai riscaldamento, loro sono alla rete che ti incitano, ti spronano, che ti danno la carica giusta per affrontare la partita. Il fatto che non ci siano è brutto, loro rappresentano il 12 esimo uomo in campo, ti seguono dappertutto; di certo è una mancanza che è difficile da colmare con i “cartonati”.

 










Quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?


Beh sicuramente fin dalla nascita, mio padre ne è stato colui che ha acceso la miccia e poi io l’ho fatta bruciare in questi anni, fin da piccolo tiravo calci a qualsiasi cosa. 

 

Nessun altro sport la interessava da ragazzino?


Non le nascondo che il nuoto mi ispirava, il fatto di avere le spalle enormi e un fisico ben impostato mi piaceva, parte gli scherzi, lo consideravo, come tutti penso, lo sport più completo. 

 

Lo Sporting Club di Corigliano cos’ha rappresentato per lei?

 

Lo Sporting Club è stata come una casa, il posto in cui sono cresciuto e non solo fisicamente. Sono stati 9 anni ricchi di emozioni e vittorie. 

 









Non le pesava fare quei sacrifici: frequentare la scuola per poi andare nella juniores della Trebisacce?

 

Assolutamente no, perché era una cosa di cui ne andavo fiero, il fatto di fare tanto per poi riceverne i benefici, perché alla fine, come in tutte le cose, il duro lavoro paga sempre. 

 

Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più  legato? 


Sicuramente è stato l’Asd Trebisacce. Lì è stato il culmine durante gli anni dell’adolescenza, feci amicizie nuove, avevamo uno  spogliatoio che faceva invidia veramente a molte squadre, mai stati così uniti!

 










Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? E a lei a cos’è più interessato a diventare conosciuto o al poter condurre una vita agiata che un buon ingaggio le farebbe fare?


Beh, ora conta molto il fatto di fare cash, di fare soldi, per fare un esempio: molti giocatori di poca importanza vengo valutati, anzi super valutati che sotto i 20 milioni non vanno. È un peccato perché si rischia così di bruciarli subito. Io sarei interessato più alla fama, anche perché è la logica successione dell’altra; se hai fama poi avrai anche una vita agiata. I soldi alla fine contano, ma fino a un certo punto. 

 

Quando si è famosi tutti ti sono amici e tutti ti cercano, poi quando la tua carriera termina, molti cadono nella depressione, provano a rimanere nell’ambiente, come osservatori, direttori, ma con scarso successo, altri invece cercano soldi facili tramite il calcio scommesse, perché secondo lei avviene questo? Non accettano che la fama sia finita o forse perché si rendono conto di non avere più nulla in mano? 


Beh forse per tutte e due le cose. A parte il fatto che io penso che se uno ti è amico lo sia anche quando sei nel momento più buio della tua vita, quando hai toccato veramente il fondo. Molti giocatori sembra che “escano fuori di testa” quando alla fine della loro carriera non tengono più quel ritmo economico rispetto a quando erano ben voluti e ben visti, quindi si, penso che siano tutte e due le cose. 

 

Lei gioca nel ruolo di? 

Trequartista 

 









Il suo goal più bello?


Il mio goal più bello?... difficile dirne uno, perché ne ho un bel po’, ma se proprio ne devo ricordarne uno, nel campionato allievi regionali con il Trebisacce, il portiere avversario fuori dai pali, arriva la palla all’altezza di metà campo. Non ci penso due volte, stop di petto e tiro al volo sotto la traversa. Era praticamente il 90’, all’arbitro non rimaneva che fischiare la fine e vedere i miei compagni di squadra saltarmi addosso. Che dire di più? 

 

Che cosa le sta dando, e che cosa le sta togliendo?

 

Mi sta dando molto, il modo di vedere le cose da un altro punto di vista, sotto un altro aspetto, che prima senza volerlo, sottovalutavo, mentre ora mi sembra che pur facendo un piccolo gesto possa  cambiare molto, ma mi sta togliendo la mia passione: la voglia di correre dietro quel pallone ogni maledetta domenica, sentire i tifosi cantare e ballare per la loro squadra. 

 

Il suo più grande difetto e il suo più grande pregio (calcisticamente parlando)?


Il mio più grande difetto è la corsa, purtroppo non sono un velocista, anzi sono uno che in campo si muove poco, ma al tempo stesso mi trovo al posto giusto e al momento giusto. Il mio più grande pregio, non è che voglia vantarmene, perché non sono proprio il tipo, ho sempre preferito lasciar parlare gli altri del mio ‘saper fare’ calcistico, è la visione di gioco gli spazi molto brevi. Molti mi paragonano a Pirlo, ma io posso solo sognare di essere come il grande maestro. 

 









Un giocatore che lei ammira tantissimo?

 

Fin da piccolo, il mio calciatore, anche come persona, è stato ed è ancora Alessandro Del Piero. Umile, una bandiera, un uomo.

 

Se dovesse descrivere se stesso con poche parole, a chi non la conosce, cosa scriverebbe?


Salve, sono il Pirlo dei poveri! Ahahahahahaha... a parte gli scherzi, calcisticamente ripeto, non riesco a giudicare me stesso, non è proprio nel mio carattere. Nella vita sono un ragazzo che ha cercato di inseguire il suo sogno sin da bambino, un ragazzo solare a cui piace far parte di un gruppo, con la G maiuscola, che è molto raro. 

 

Quanto è importante la famiglia per lei - lei ci ha riferito che suo papà le faceva da manager-? 


La mia famiglia è tutto, come del resto penso per chiunque, mi è stata vicino nei momenti più duri, ma anche nelle gioie, nei trofei, nei riconoscimenti che ho avuto, diciamo che ha fatto parte di questo mio periodo e ne farà sempre. Mio padre, che dovrebbe essere l’eroe di ogni bambino, è stato il mio manager, ma si fa per dire, è stato lui che ha capito fin da subito le mie capacità calcistiche, è stato colui che ha “costruito i miei attrezzi” per affinare la mia tecnica. Se mi definiscono ‘Pirlo’ è in gran parte merito suo. 

 









Gli amici che ruolo ricoprono nella sua vita quotidiana?


Senza gli amici siamo praticamente ‘sperduti’. Io per mia fortuna ne ho in “quantità giuste” per poterli considerare tali. In particolare la mia compagna di tutte le avventure è Wanda, siamo come fratello e sorella e anche se non dà molto retta al calcio, mi ha sempre sostenuto in tutte le cose che ho fatto, come io faccio con lei, ne sono molto fiero. 

 

Un sogno che vorrebbe che si realizzasse? 


Potrò sembrare esagerato, ma ritornare a giocare, ad oggi, mi sembra un sogno. Ecco, vorrei che si realizzasse questo. 

 

Si ritiene soddisfatto di dove è arrivato sino ad ora?

 

Non mi lamento di dove sono arrivato, ma si poteva fare di più, resta purtroppo il rammarico, ma non è così amaro di come se lo si possa immaginare, sono contento così.

 

 

 

 

 

 

Grazie   

 

a cura di Paolo Radi   

 

 

 

 

        13  04  2021

 

(Tutti i diritti riservati)  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di PAOLO RADI 

 

 

 

 


 

 

 

 

CONVERSANDO CON...

     

 

 

 

GIACOMO

PINGITORE

 

 

 


 

 


 





 Giacomo Pingitore di anni 24 è nato a Roma e vive nel quartiere di Acilia. Già all’età di 6 anni gli piaceva giocare a calcio, tant’è che i genitori decidono di iscriverlo alla Scuola Calcio Centro Giano che è situato nel suo quartiere. Successivamente frequenta la scuola calcio della Lazio, per venire poi selezionato dalla Lazio, inizia così la sua avventura agonistica. Nel 2013 viene svincolato dalla Lazio e milita nella Ternana, nella Viterbese e nella Nuorese, in Inghilterra per qualche mese gioca con la Longridge Town (Preston), in questo momento gioca con la squadra del suo quartiere, l’Atletico Acilia.  

 


 


 

 


 

 

 


 

Come prima domanda le voglio fare questa, il mondo dello sport è stato stravolto, come ogni settore della vita, secondo lei, tutto tornerà come prima, oppure anche il calcio subirà dei cambiamenti?


Questa situazione ha stravolto da un anno a questa parte la vita di ognuno di noi. Per lo sport in particolare ha rovinato la cosa più importante la passione che tifosi ogni domenica sanno trasmettere a noi giocatori, indipendentemente quale sia la categoria, dal professionismo al dilettantismo. 


Sicuramente tutto tornerà alla normalità, ma ci vorrà del tempo per poter tornare ad esultare tutti insieme dopo ogni gol; stiamo facendo parte di qualcosa che in futuro verrà raccontata nei libri, sarà storia anche questo momento, ma la stessa storia ci insegna che l'essere umano si è sempre rialzato dopo ogni momento difficile, torneremo anche noi insieme al nostro amato calcio.

 

Il campionato di serie A, di B, C e D e così le altre gare di Coppa, è ripartito con gli stadi quasi chiusi (una partita ha un sapore diverso rispetto a uno stadio pieno con migliaia di tifosi) che cosa ne pensa di tutto ciò?

 

Sicuramente l'assenza del pubblico nelle partite leva quel tocco di magia che viene creato dai tifosi. pero penso che sia giusto che tutto proceda lo stesso anche se a porte chiuse, per noi tifosi certo è dura, ma per i calciatori quello è il loro lavoro, la loro vita ed è giusto che la domenica si scenda in campo con o senza pubblico. Penso anche che nel dilettantismo sarebbe giusto proseguire come sta accadendo in eccellenza, perché se nel professionismo è lavoro nel dilettantismo è passione. sul quel campo qualsiasi sia la categoria siamo sempre quei bambini che amano girovagare con il pallone sottobraccio

 









All’età di 9 anni lei viene selezionato per fare un provino per la Roma, lei non viene preso però da come sappiamo non se la prese “più di tanto”, tra l’altro si sentì spaesato giocando la partita che avrebbe dovuto decidere se lei sarebbe stato adatto per entrare a far parte della Roma. 

Dunque come mai questo senso di spaesamento?


Esattamente vengo chiamato insieme ad altri compagni di squadra per questo provino nella Roma, premetto che io essendo di fede laziale partii già un po’ titubante. però la cosa che mi fece strano e che mi rese spaesato era la modalita in cui quel provino venne fatto. 40 ragazzi di età diverse alternati in squadre da 11 per fare delle partite a tutto campo con tempi da 30 minuti l'una. Beh penso potreste immaginare il caos che si era creato in campo con bambini che giocavano solo per loro senza pensare a nulla perché poi quando sei piccolo pensi che se segnerai allora penseranno che sei tu il prescelto. Diciamo che di mia natura sono anche timido e quel giorno più che un’occasione l'avevo presa come una giornata “senza senso” avevo solo 9 anni io volevo giocare con i miei amici.

 

Nel 2006 i suoi genitori la iscrivono alla scuola calcio della Lazio, fece delle bellissime esperienze, tornei internazionali con il Barcellona, il Benfica, il New Castle, ho citato alcune squadre, che cosa ricorda di quel periodo? 


Nel 2006 all’età di 10 anni succede la cosa più bella della mia vita calcistica (Io laziale fino al midollo con la presenza fissa la domenica allo stadio con mio zio fin dalla tenera età di 5 anni) inizio questa avventura nella scuola calcio della Lazio. Ancora ricordo il primo giorno in cui uno per uno ci chiesero i ruoli, ero abituato a ricoprire qualsiasi era il ruolo da fare, ma vedendo tanti bambini attaccanti e centrocampisti dissi che ero difensore, bene da quel giorno ho fatto sempre e solo il terzino destro. l’emozione più bella è stata il primo derby della mia vita a soli 10 anni, non ho dormito la sera precedente e ancora adesso ho dei flashback indelebili di quel giorno. Negli anni successivi fu un altalena di emozioni tra tornei all'estero affrontando squadre di tutto rispetto come già citato, ne potremmo aggiungere altre e altre ancora come Villareale, Ajax , Brugge, atletico Madrid... era cosi bello ed emozionante affrontare i tuoi stessi coetanei di altri paesi con una cultura diversa di gioco, quel periodo è stato fantastico ed era solo l'inizio.

 

Sappiamo che di tutti i tornei lei è legato al “torneo Aquilotto”, veniva fatto all’ultimo anno di scuola calcio, arrivate in finale, la vincete grazie anche a due suoi goal, vi premiò il presidente Claudio Lotito, una bella soddisfazione per un ragazzino di 12 anni non trova?

 

Eh si quel torneo lo porterò per sempre nel mio cuore, peccato perché la finale doveva essere disputata all'olimpico, prima della partita della Lazio, ma quel giorno era una partita a rischio cosi ci fecero giocare a Formello. ma non cambiò nulla concludemmo quell' ultimo giorno di scuola calcio con una vittoria di un gran bel torneo. Si segnai un gol da 30 metri e fu un'emozione bellissima, alla fine ci premiò il presidente Lotito e ci disse ragazzi continuate cosi siete sulla buona strada. beh direi una gran bella soddisfazione a soli 12 anni.

 











Successivamente lei viene selezionato dalla Lazio per iniziare la sua avventura agonistica, come reagirono i suoi genitori?

 

Quella è stata la notizia che aspettavo da tanto, i miei genitori furono semplicemente felicissimi ma allo stesso tempo rimanevano "fuori" dalle mie decisioni ed emozioni legate al calcio, mi sono sempre stati vicini ma allo stesso tempo mi lasciavano vivere quel sogno senza pressioni come penso sia giusto per un ragazzino di 13 anni. Diciamo che è stato un motivo di orgoglio per me per la mia famiglia e soprattutto per mio zio colui che ogni domenica mi portava a vedere la Lazio in curva nord.

 

Rimane 7 anni con la Lazio, anni splendidi, ma anche anni di sacrifici per lei, ma anche per sua madre visto che l’accompagnava 5 volte alla settimana nel centro sportivo sulla Cassia che dista 40 km da casa sua, che cosa vuol dire a sua madre in questo momento?


Sono stati 7 anni stupendi coronati da vittorie di campionati e soddisfazioni personali, oltre al campo c'era la gioia di fare il raccattapalle la domenica a contatto con i tuoi idoli ed a un passo dai tifosi penso che sia un’esperienza fantastica. Ho conosciuto belle persone e compagni fantastici, con mister e dirigenti altrettanto preparati. Mia madre devo solo che ringraziarla per il sacrificio che ha fatto insieme a me. 5 volte a settimana dopo scuola prendevamo e partivamo facendo 40 minuti di macchina per arrivare all'allenamento per poi tornare indietro e il giorno dopo rifarlo ancora. E allo stesso tempo mio padre si prendeva cura di mia sorella e di mio fratello e andava a lavorare nella trattoria di famiglia che lui stesso possiede. Sono stati fantastici come genitori hanno sempre aiutato noi figli nei nostri sogni facendo mille sacrifici

 

Nel 2012 lei fa parte degli allievi nazionali ed eravate allenati da Simone Inzaghi, una domenica Inzaghi la fa esordire per pochi minuti contro il Napoli ed ha modo di conoscere un ragazzo “molto promettente” Mirko Fersini, dopo un mese muore per un incidente con la moto, quanto l’ha segnata quella perdita?


Nel 2012/2013 è stato il mio ultimo anno con la maglia biancoazzurra l'anno degli allievi nazionali allenati dal mister Simone Inzaghi. un anno bellissimo ricco di bei ricordi. L'episodio raccontato di Mirko è avvenuto l'anno precedente quando il mister Inzaghi mi convocò sotto età per una trasferta a Napoli. Quel giorno feci il mio esordio subentrando al posto di Mirko anche lui terzino destro. un mese dopo accadde tutto ciò per cui nessuno dei noi era pronto, Mirko fece un incidente e perse la vita. 


Eravamo distrutti emotivamente e al solo pensiero che solo un mese prima era li a battermi il cinque a Napoli dandogli il cambio, o incrociarsi ogni giorno agli allenamenti, ridere, scherzare. è stato brutto e tragico per tutto l'ambiente Lazio. Mirko era forte, era un terzino capace di fare triplette. Mirko era un ragazzo semplice con un sogno grande e per sempre rimarrà nei ricordi nella società e di noi giovani ragazzi che combattevamo per il suo stesso sogno.

 

Nel 2013 lei non viene promosso in Primavera venne svincolato dalla Lazio e messo sul mercato, fu un’enorme delusione, quanto le pesa oggi quella delusione? 


Alla fine del 2013 è arrivata quella brutta notizia che non volevo mai sentire, fui svincolato e messo sul mercato. diciamo che bene non la presi, mi sentivo tradito da quella società per cui avevo dato tutto anche il mio cuore. non accettavo che tutti quei sacrifici avessero portato ad uno svincolo. Solo a distanza di anni accettai quella decisione, non ero pronto non lo volevo, ma accadde e mi diede la forza e la spinta giusta per continuare

 

La sua carriera è proseguita con successo in altre squadre: lei ha giocato con la Ternana, con la Viterbese, e nel 2015 inizia la sua avventura con la Nuorese, squadra sarda che è di Nuoro, all’epoca era in serie D, tutto andò bene sino a fine dicembre, poi per vari motivi iniziarono le sconfitte, il Presidente, in un’intervista post, partita, fece il suo nome come responsabile  della sconfitta, lei decide di affrontarlo ( a mio avviso ha fatto benissimo, la dignità prima di tutto), si ricorda cosa gli disse e cosa le rispose il Presidente, è ovvio che dopo quell’alterco i rapporti si deteriorano, rifarebbe tutto, oppure userebbe più la diplomazia?

 

La mia carriera prosegui a gonfie vele naturalmente con momenti belli è altrettanto brutti. 

Passando dalla finale berretti persa contro il Torino al Liberati quando ero con la ternana fino all’anno travagliato con la viterbese in serie D dove tra infortuni e incomprensioni feci appena 5 presenze. 

Nuoro e la nuorese furono la rivincita di una vita intera un’annata fantastica dove collezionai sempre in serie D 30 presenze, però nonostante tutto ci furono momenti di incomprensioni perché il calcio è così quando si vince salgono tutti sul carro quando si perde si trovano colpevoli. 

 

Come hai già narrato ci fu questo scontro con il presidente che accusava me ed altri giovani per una sconfitta in un derby tutto ciò lo fece in un’intervista sul giornale. Potete immaginare cosa ho provato un misto a rabbia e delusione. Così decisi di affrontarlo semplicemente perché doveva dirle prime a me determinate cose e poi riportarle sui giornali, le sue risposte sono state le classiche che i giornali avevano scritto altro e avevano capito male le sue parole, fatto sta che la domenica successiva vincemmo 3-0 e feci una grande partita e lui venne da me a farmi i complimenti. 

Penso che nel calcio come nella vita l’età non conta è il rispetto vada portato a chi ha 18 anni come chi ne ha 40. Chi non lo fa non è uomo. Preferisco uno scontro faccia a faccia alle frecciatine da bambini.

 








Nel 2017 lei firma con la squadra del suo quartiere l’Atletico Acilia, la squadra del suo quartiere, suo fratello Andrea era un suo compagno di squadra, fu un bel momento, si giocava per divertirsi, per il solo piacere di dare un calcio alla palla, sappiamo che nel 2018 le succede qualcosa, se la sente di raccontarcelo? 


Dopo un anno di eccellenza all’Astrea nella mia Roma e dopo essere stato fermo 6 mesi ai box per una pubalgia, nel 2017 decisi di firmare con l’atletico Acilia squadra del mio quartiere.

Ormai avevo 21 anni e la mia famiglia non poteva mantenermi così decisi di iniziare la mia carriera solo per passione ritrovando il mio amico Andrea (un fratello vero e proprio) nella nostra cara Acilia dove siamo cresciuti insieme. 


Nel 2018 successe qualcosa che mai mi sarei aspettato, ormai era già un anno che avevo smesso di vivere solo per il calcio, giocavo solo per passione e divertimento, avevo iniziato a lavorare come cassiere e fare altri lavoretti e questi mi portarono ad affrontare la realtà della vita. 

Iniziai a soffrire di attacchi di panico e stati d’ansia generalizzati, mi limitavano in tutto ciò che facevo avevo paura, una paura incontrollata del mondo, della vita. 


Che non ci è passato non può e non potrà mai capire cosa significa immaginate semplicemente il vostro corpo fermo con la vostra testa che viaggia a duemila senza che voi governate i vostri pensieri e non sono belli ve lo garantisco. 

Però poi alla fine dopo un percorso psicologico capii il perché di tutto questo. Stavo accentando una vita che non volevo, io volevo giocare a calcio e nella mia vita c’ero andato vicino, ma non bastava mi serviva affrontare il problema una volta per tutte, dopo che lo feci iniziai a rinascere a stare meglio e iniziai a fare solamente ciò che mi rendeva felice.

 

Ad un certo momento lei parte con suo amico per fare un’esperienza lavorativa in Inghilterra, decide di trovare una squadra dove allenarsi e inizia a giocare alla Longridge Town (alle porte di Preston) , squadra che milita nella promozione inglese, che esperienza è stata? Come si è trovato con gli inglesi? 

 

L’anno successivo nel 2019 sono partito con il mio amico Valerio per fare un’esperienza in Inghilterra, un’esperienza lavorativa e culturale. Ci rimanemmo 4 mesi e io naturalmente malato di calcio come sono firmai per il Longridge Town squadra alle porte di Preston città nel nord dell’Inghilterra dove noi vivevamo in quel periodo. 

È stato bello direi bellissimo assaporare il calcio inglese, terra dove nacque questo fantastico sport. Diciamo che gli inglesi non sono molto socievoli in generale, ma quando invece giochi a calcio e ti vedono bravo capace e portato impazziscono, sembrava di vivere in un altro mondo. Qui in Italia, tutti lo possono confermare, è una gara a vedere chi sbaglia e in che modo, in Inghilterra vi assicuro che gli sbagli sono visti eccome, ma quando fai una cosa buona in campo la ricordano più degli errori. È stato bello con ottimi compagni che amavano questo sport come il mio. Per non parlare delle strutture perché anche se era una promozione tutti i campi rigorosamente in erba vera e con le tribune - stile inglese- vicinissime a bordo campo. Fare calcio in Inghilterra è stata la cosa più bella che potessi vivere

 










Si ricorda il suo goal più bello?


Premetto che non sono un bomber, anzi segno veramente poco, ne ho due che rimango nel mio cuore. 

Quello raccontato in precedenza nel torneo aquilotto con la Lazio da 30 metri, e un altro forse più bello in assoluto con l’Acilia - compreso di galoppata sulla fascia rientrando nel campo e con il sinistro da 35 metri sotto il sette - diciamo un miracolo!

 

Il suo più grande difetto e il suo più grande pregio (calcisticamente parlando)?


Il mio più grande difetto calcistico forse è l’immedesimarmi troppo nella partita già dal giorno precedente, poiché toglie energie pensare ancor prima di entrare in campo. Il mio pregio è semplicemente quello che ogni volta che entrò in campo do tutto.

 

Se dovesse descrivere se stesso con poche parole, a chi non la conosce, cosa scriverebbe?

 

Sono un ragazzo umile attaccato alla famiglia e ai valori, vivo la mia vita alla giornata e gioco per la passione e per le emozioni che il calcio può darmi

 







 



La sua famiglia, la sua fidanzata e gli amici che ruolo ricoprono nella sua vita quotidiana?


Fidanzata famiglia e amici sono tutto per me, senza questi pilastri che senso avrebbe la vita? Soprattutto nella vita di tutti i giorni.

 

In questo momento lei lavora in aeroporto, gioca con l’atletico Acilia, inoltre è giovanissimo, i suoi ammiratori che cosa dovranno aspettarsi da lei? Magari la vediamo giocare in squadra inglese, che dice le piacerebbe fare questa promessa a coloro che la stimano? 


Continuo a giocare nonostante tutto e continuerò a farlo per il resto della mia vita fino a che davvero non ci riuscirò più!

 Non so quale sarà il futuro o quale meta raggiungerò, ma nel frattempo mi tengo da parte ogni ricordo e ogni emozione sperando magari che nel futuro c’è ne possano essere altre.


Una cosa posso promettere che qualsiasi età avrò io continuerò a calcare quel campo ad 11 delimitato da due porte. Il consiglio che do è uno e semplice vivete ciò che sentite, mai nulla e nessuno potrà togliervi la gioia di un gol fatto o salvato in qualsiasi sia la vostra categoria   in cui militiate. 

Grazie Paolo di questa intervista e spero sia stata utile aver raccontato un po’ di me.

 

 

 

Grazie   

 

a cura di Paolo Radi   

 

 

 

 

  13 04  2021 

 

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