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venerdì 8 maggio 2020



A CURA DI PAOLO RADI 












UNA CONVERSAZIONE
     
 CON  





LUIGI 

GIOIA 













Luigi Gioia è nato a Gaeta il 26/10/1989. Vive ad Ausonia (Frosinone) un comune di 3000 anime situato su una collina, con borgo bellissimo in una posizione geografica spettacolare tra mare e montagna. 
Leggiamo quello che da dirci sulla sua vicenda di calciatore.


“Da sempre il calcio è la mia passione e lo pratico da quando avevo 6 anni. Qualche anno dopo mi sposto nelle giovanili del Cassino che all'epoca era il fulcro del calcio provinciale e ci resto per diversi anni. 
Passo interno ai 17 al Venafro (IS) per giocare prima nella juniores nazionale e poi in prima squadra in serie d. 

Dopo 2 anni, ero alla soglia dei  20 anni  capisco che il calcio che sognavo probabilmente non lo avrei mai raggiunto e decido di accettare una proposta che mi cambia la vita. 

Accetto l'offerta dell'Insieme Ausonia, squadra che si era appena insediata nel mio paese e il cui presidente possiede strutture sanitarie che si occupano di riabilitazione psichiatrica. 

La squadra si trovava una bassa categoria e io non avevo intenzione di giocarci, ma nonostante tutto vedevo in loro la voglia di salire di posizione. Mi offrono il lavoro nella struttura e intanto mi laureo in Scienze dell'Educazione. Vinciamo diversi campionati fino ad arrivare in eccellenza. 

Sono stato per tanti anni il capitano della squadra realizzando 108 gol in totale. 

Nel 2018 decido insieme alla società di smettere per diversi motivi, scelta azzardata perché ce ne siamo pentiti entrambi. Loro quest'anno erano primi in classifica, solo il Covid gli ha impedito di vincere e andare in serie d, quella serie d che io avevo lasciato per venire qui. 







Se potesse decidere lei, quando e con quali modalità farebbe ripartire il campionato di serie A e B, oppure tutti gli altri campionati delle varie categorie?

Personalmente sono per far ripartire i campionati, almeno la serie a e la b, ovviamente con il massimo delle precauzioni per cui ritiri obbligatori per ogni squadra nello stesso posto e partite a porte chiuse. Il calcio ha sempre trascinato il nostro paese dal punto di vista sociale ma anche economico, per cui io credo che sia giusto provarci.





Si ricorda il momento in cui ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Non ricordo il momento esatto in cui ho capito che il calcio sarebbe stata la mia passione perché andando indietro nel tempo i miei ricordi dell'infanzia sono tutti legati a questo pallone che porto sempre sotto braccio. E se non c'era il pallone vero iniziavo a calciare qualunque cosa potesse assomigliarvi. Ricordo che il corridoio di casa era il campo e io passavo le ore calciare con mamma (molto attenta alla casa) che non era proprio d'accordo.






I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

I miei genitori mi hanno sempre lasciato la libertà di sognare ma non mi hanno mai permesso di abbandonare totalmente lo sguardo dalla realtà e dalle cose concrete. 

Mi hanno sempre seguito e accompagnato nel calcio, soprattutto mio padre, ma la priorità per loro era sempre la scuola e l'educazione perché mi avrebbero garantito un futuro aldilà del sogno calcio.












Le occasioni per praticare altri sport non le saranno mancate, possibile che non ci sia stata qualcun’altra attività agonistica che potesse interessarla? 

Sono sempre stato e resto un appassionato di tutti gli sport. Da piccolo ho provato anche altro, dal nuoto al karate, ma il richiamo del pallone è sempre stato più forte. Credo che in Italia si è fortemente indotti a questo sport che è da sempre motore sociale e di aggregazione. Comunque sia se un domani avessi un figlio vorrei che praticasse uno sport qualsiasi, l'importante è che lo faccia con serietà e passione.





Lei è laureato in “Scienze dell’educazione”, come mai ha preso questa decisione di iscriversi a questa facoltà? 

Mi sono trovato a studiare o meglio a ristudiare quando giocando con l'Insieme Ausonia ho avuto la possibilità di lavorare in una struttura sanitaria che si occupa di riabilitazione psichiatrica. 
Come sempre nella mia vita quando faccio qualcosa provo a farla al massimo per cui ho deciso di intraprendere questo percorso di studi affinché raggiungessi una qualifica per svolgere il mio lavoro al meglio. Tra allenamenti, partite e turni non è stato facile, ma alla fine ho raggiunto il mio obiettivo per la felicità dei miei genitori che nel corso degli anni dovevano sempre starmi dietro per gli studi.





Di conseguenza, quanto crede che sia importate avere una buona cultura per frequentare il “mondo del calcio” ad alti livelli e di conseguenza per farsi raggirare dai procuratori e/o presidenti delle varie squadre? 

Io credo che gli studi siano fondamentali per ogni persona e di conseguenza per ogni sportivo. 

È vero, senza essere ipocriti, che anche io molto spesso ho dato la priorità al calcio e lo stesso avranno fatto tanti giocatori che hanno sfondato ma anche altri che ora non sanno cosa fare perché non hanno un minimo titolo di studio. Ma aldilà di tutto questo credo sia fondamentale nel 2020 avere delle risorse che ti permettano di saper parlare, confrontarsi, conoscere argomenti e sviluppare capacità. Ammiro i settori giovanili che nei limiti del possibile curano l'istruzione dei propri tesserati.











Lei ha giocato in diverse squadre, a quale è rimasto più  legato? 

Sono fortemente legato alla squadra nella quale ho militato per tanti anni, quella di casa mia: l'Insieme Ausonia. Ma ho un ottimo ricordo anche del Venafro dove mi è stato insegnato e sono cresciuto molto.






Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira dipiù: la fama o i soldi? 

Credo che tutti vogliano diventare calciatori per la bellezza di questo sport, per vivere quotidianamente un sogno guadagnando tantissimo. Anche se molto spesso c'è una differenza importante a livello di ingaggi tra giocatori di squadre top e giocatori del medio piccole che restano ovviamente dei privilegiati guadagnando però 1/10 degli altri.










Lei ci ha detto che a 20 anni si era reso conto che non il “mondo del calcio che sognava di raggiungere” non si sarebbe mai realizzato, quando ha capito ciò quali sono stati i suoi sentimenti? 

Come precedentemente detto i miei genitori mi hanno sempre detto di sognare senza perdere di vista la realtà.
 Ecco se a 20 anni giochi in serie D probabilmente ti aspetta un tipo di carriera che non ti permette di sistemarti a vita, anzi.. A quel punto ho colto un'occasione che mi permetteva di continuare a divertirmi avendo però un lavoro che mi garantisse un futuro. Resterà per sempre dentro di me il dubbio di ciò che poteva essere se avessi continuato, ma non ci penso più di tanto e sono felice di aver fatto questa scelta.




Lei nell’ Insieme Ausonia ha raggiunto ottimi risultati, a che cosa sono dovuti questi suoi successi?

I miei risultati all'insieme Ausonia sono frutto di lavoro e sacrificio. Come già detto prima sono uno che fa le cose in modo serio sempre, mi prendo il merito di aver sposato il progetto quando la squadra era negli abissi del calcio e nonostante questo io mi sono allenato seriamente per essere pronto quando il livello tornava ad essere competitivo. Non è stato facile ma con il tempo sono stato ripagato.



Lei giocava nel ruolo di?

Ho sempre giocato come esterno d'attacco.











Il suo goal più bello?

Credo che il mio gol più bello sia  stato quello contro il Roccasecca in cui sono partito dalla mia metà campo saltando diversi avversari prima di segnare.






Che cosa le ha dato il calcio e che cosa le ha tolto o le sta togliendo? 

Il calcio mi ha dato molto sia termini di emozioni che di rapporti uomini. Condividi tutto con i tuoi compagni di squadra e con alcuni di loro l'amicizia e il rispetto durano per sempre. Viceversa il calcio mi ha tolto tempo, durante i campionati non sai cosa significa il sabato sera, andare ad un matrimonio ed essere costretto a stare attento all'alimentazione. O magari dopo una sconfitta non riesci a goderti le cose belle di quella giornata. Ma senza dubbio il calcio mi ha dato più di quanto mi ha tolto.







Alcuni giorni fa ho letto la frase del presidente dell’Associazione Calciatori, credo, l’importante è quello che dice: “Per giocare bene non serve solo avere dei piedi buoni, ma è utile la testa”. Secondo lei cosa significa questa frase?  

Si nel calcio serve avere qualità e talento ma senza la testa non si va da nessuna parte. Basta pensare ai grandi talenti che hanno si sfondato ma non hanno reso per le qualità che avevano come i vari Cassano, Balotelli, Adriano. Inoltre credo che avere la testa ti possa aiutare anche dopo la carriera.










Il suo più grande difetto?

Sono sempre stato un tipo testardo e negli anni ho cercato di farlo diventare un pregio perché questo aspetto mi ha portato a perseguire diversi obiettivi. Ma è comunque un'arma a doppio taglio la mia testardaggine.






Il suo più grande pregio?

Nonostante io sia un tipo introverso, per alcuni aspetti, sono comunque solare e disponibile. Sono stato il capitano della mia squadra per tanti anni e questo mi ha spinto ad essere ancora più altruista. Ancora oggi sono rispettato a apprezzato per il mio lato umano. Credo dunque che il mio miglior pregio sia la lealtà nonostante in questo mondo a volte sporco non tutti i compagni di squadra siano stati in grado di recepirla.






Se dovesse descrivere se stesso con poche parole, che cosa direbbe? 

Caparbio, vero, passionale, determinato. Mi reputo una persona che crede nei valori nonostante abbia sbagliato molto nella mia vita, molto più di quanto si immagini. Ma ho l'ambizione di migliorarmi sempre, soprattutto nella mia vita privata.





Quanto è importante la famiglia per lei? 

La famiglia è sempre stata la colonna portante della mia vita. 

Credo che senza una famiglia forte non sia facile affrontare le vere difficoltà che la vita ti presenta. Nel 2017 ho perso mio padre a causa di una malattia, è stato un periodo difficile ma i suoi insegnamenti, il calcio e il resto della famiglia mi hanno dato la forza per andare avanti e superare quel momento cosi complicato. Mi piacerebbe costruire una famiglia tutta mia, magari in un futuro prossimo...









Gli amici che ruolo ricoprono nella sua vita quotidiana?

Gli amici ricoprono un ruolo primario nella mia vita, è sempre stato cosi. Ovviamente con il calcio posso dire di avere tantissimi amici, ma in realtà vanno divisi per categorie. Quelli di cui parlo sono coloro con cui condivido le mie giornate, fisicamente o al telefono. Sono coloro che mi hanno spesso sostenuto nel calcio e nella vita di tutti i giorni. Sono quelle persone su cui puoi sempre contare.









Lei abita in un borgo molto bello, che cos’ha di particolare questo luogo?

Ausonia è un piccolo paese situato su una collina, geograficamente perfetto tra mare e montagna. Ha un certo storico davvero bello e un castello medievale che consiglio di visitare. Inutile dire che ci conosciamo tutti e che la maggior parte delle persone vive di calcio. Da un anno ho deciso di investire anche io nel mio paese aprendo una piccola attività. Speriamo di ripartire presto dopo questa emergenza perché le piccole realtà vanno difese e tutelate ad ogni costo altrimenti rischiano di sparire.











Infine: che cosa si aspetta dal futuro? 

Non so cosa aspettarmi dal futuro, innanzitutto mi auguro si possa tornare alla normalità nel più breve tempo possibile, sperando che le conseguenze sanitarie, economiche e sociali non siano ancor più drammatiche di ora. Per quanto riguarda il calcio non mi aspettavo di smettere, neanche temporaneamente, ma le situazioni nella vita cambiano velocemente. Detto questo mi piacerebbe tornare a giocare e non è detto che ciò non accada, ovviamente devono verificarsi diverse condizioni. Perché la mia vita infondo è sempre stata una continua evoluzione...




Grazie   

a cura di Paolo Radi   





08  05      2020 
(Tutti i diritti riservati)  





















mercoledì 29 aprile 2020


A CURA DI PAOLO RADI 







UNA CONVERSAZIONE
     

     
 CON  



 SIMONE 
VALLARELLI 










Simone Vallarelli Simone ha 26 anni ed è nato a Terlizzi un piccolo paesino del nord barese, ora studia Scienze Motorie, visto che un domani gli piacerebbe allenare e insegnare. Simone Vallarelli, così ci si è presentato: 



" Fin da piccolino sono stato innamorato del calcio giocando nella scuola calcio della mia città. Quasi per gioco o per caso mi sono ritrovato in porta ruolo che non ho mai abbandonato fino si giorni nostri.

 Dopo anni nel calcio togliendomi qualche soddisfazione fino ad arrivare ai playoff di eccellenza con la squadra della mia città, ho deciso, grazie anche a parenti vicini al mondo del futsal, di sperimentare questo nuovo mondo e farlo diventare da lì a poco il mio mondo dove si esprimermi liberamene.

La prima avventura avviene nella società San Rocco Ruvo dove mi ritrovai quasi per gioco. 

Da lì a pochi mesi grazie alla perseveranza negli allenamenti e a mister che hanno esaltato le mie capacità sono riuscito ad essere il portiere titolare della prima squadra che all’epoca competeva per il campionato di serie b nazionale. 

Da lì una continua ascesa passando in a2 nelle fila del Sammichele fino al Cassano Corazzata Nazionale.

Nel dicembre 2018 arriva la svolta. Ricordo come se fosse ieri. Era una fredda mattinata di dicembre quando il preparatore della società del Napoli calcio a 5 mi prospetta la possibilità di fare il salto di qualità. 


Così il 6 dicembre mi ritrovai a firmare per una delle società più importanti del palcoscenico nazionale; ero riuscito a raggiungere il mio sogno fin da quando ho intrapreso questa avventura; giocare in serie A con giocatori che hanno fatto la storia del futsal e la stanno facendo. 

La stagione termino con i play off raggiunti è una finale di coppa Italia persa ai rigori, ma che fu super entusiasmante contro la squadra che alla fine della manifestazione si laureò campione. 


A fine stagione, mio malgrado, decisi di avvicinarmi di più a casa tornando nella squadra che mi aveva lanciato ad alti livelli: il Sammichele. Fu un anno strepitoso pensando al precampionato dove gli addetti ai lavori ci davano già per spacciati. 


 Arrivammo ad un passo dai play off giocandoci la possibilità fino alla fine. 

Nell’estate del 2019 arriva la chiamata del Rutigliano, squadra di a2.; quello è stato un anno particolare. Fino a dicembre eravamo lì nelle prime tre a combattere per la promozione, poi a dicembre purtroppo, per cause di forza maggiore sono stato costretto a fare un passo indietro.

 Ora sono tesserato con il Palo calcio a 5, società emergente che punta a far bene per crescere a livello nazionale. 

Spero di poter contribuire ai grandi successi che questa società è destinata a raggiungere. 


Tutti sappiamo cosa ha colpito il nostro amato paese e quindi la stagione è stata interrotta. In questo momento le priorità sono altre questo è certo ma io spero di tornare presto a fare ciò che amo”








La prima domanda è questa: quando ha saputo che il Campionato non si sarebbe più riaperto, qual è stata la sua prima reazione? 

Onestamente c’è stato molto rammarico.









Tu cosa proporresti affinché tutti i campionati possano giungere alla naturale conclusione? Mi spiego, li faresti finire ora a porte chiuse, oppure potrebbero riprendere a settembre? 

Diciamo che c’è la necessità da parte delle autorità competenti di tutelare noi e i nostri cari quindi la scelta di fermare il campionato è stata la cosa più opportuna da fare. 

Proprio per questo penso che la ripresa del campionato sia un qualcosa di impensabile, perché saremmo tutti esposti. Io dal canto mio sto cercando di farmi trovare pronto per qualsiasi evenienza allenandomi a casa il più possibile. 





Passiamo ora alle classiche domande; quando ha scoperto che il calcio sarebbe diventato la sua più grande passione?

Sono nato in una famiglia di sportivi anche se tutti i miei familiari praticavano boxe incluso mio papà, ma io sin da piccolo ero attratto dalla palla ed era l’unico oggetto che mi tranquillizzava, per questo ti dico che l’amore per il calcio è nato sin dalla pancia di mia mamma.







I suoi genitori hanno cercato di assecondarla, oppure le hanno detto la classica frase: “...non sarebbe meglio che pensassi allo studio?”

Fortunatamente ho avuto alle spalle sempre una famiglia solida che nonostante le difficoltà non mi ha mai fatto mancare nulla, mi ha incoraggiato sempre in tutto aiutandomi a coltivare la mia più grande passione iscrivendomi sin da piccolo a una di scuola calcio. 

Se sono arrivato dove sono lo devo anche e soprattutto a loro.





Possibile che non ci sia stata qualcun’altra attività agonistica che potesse interessarla? 

Da piccolo ho praticato nuoto a livello agonistico e mi dicevano di essere anche abbastanza portato, ma l’amore per il calcio mi ha portato altrove. Mi piace molto lo sport in generale tra cui il tennis, uno sport che amo dopo il calcio ovvio.









Lei ha giocato in tantissime squadre, a quale è rimasto più  legato? 

Penso che ogni squadra mi abbia lasciato qualcosa e io abbia lasciato qualcosa a loro. Sicuramente il Ruvo è la squadra che mi ha lanciato, ma quella che più ha creduto in me inserendomi   in un palcoscenico prestigioso da titolare, solo dopo una stagione nel futsal, è stato la Sammichele, quindi sì.. a loro devo tantissimo. 





Perché tutti provano a diventare calciatori? Che cosa gli attira, più la fama o i soldi? 

Ho sempre avuto una filosofia che per non farti pesare il lavoro ti deve piacere quindi penso che non ci sia nulla di più bello che fare della tua passione un lavoro, ma dico sempre anche a mio fratello più piccolo, lui calciatore del Monopoli under 15 nazionale, che la cosa che ti spinge a fare sempre di più non è la fama, ma: la fame! 











Per chi conosce poco questo sport, essere un portiere nel futsal è diverso dall’ essere portiere nel calcio tradizionale? 

Il   portiere del futsal dev’ essere concentrato dal primo all ultimo minuto, deve  dimenticare ciò che è successo un minuto prima è mai pensare a un minuto dopo,  il futsal e uno sport imprevedibile e non puoi permetterti distrazioni. 





Lei è arrivato in cima, in serie A, che cosa ha provato quando ha firmato contratto con il Napoli calcio a 5? 

È stato un momento fantastico ho realizzato il mio sogno e solo il fatto di poter allenarmi con gente che poco prima vedevo in tv mi faceva venire la “pelle d’oca”!








Che cosa a dire ai lettori in merito alla sua permanenza in serie A

Non ti nego che nel tempo ci sono state altre possibilità di tornare in massima serie, ma ho dovuto scegliere altro; ma mai dire mai in futuro,  
purtroppo arrivato all’età di 24 anni avevo necessità per motivi personali di avvicinarmi a casa.




Che cosa le sta dando il Futsal e che cosa le ha tolto?

Il futsal mi ha dato tutto: amici e nemici, fratelli penso che non avrei potuto chiedere altro!









Una parola per dire ai lettori qual è il suo più grande difetto?

Il mio più grande difetto è l’essere maniacale nella cura dei dettagli quasi ossessionato. 





Ora, sempre una parola per descrivere il suo più grande pregio?

Sono molto autocritico con me stesso, ma penso che siano anche le mie più grandi qualità che mi hanno portato in alto 









Quanto sono importanti per lei gli affetti (famiglia, fidanzata, amici)?

Gli affetti sono la cosa più importante, ci vuole pazienza a stare vicino a uno come me che vive solo di futsal e si fa condizionare da tutto quel che succede in quel rettangolo; di conseguenza è ovvio che nella vita privata a loro va il mio grazie più grande.









Un sogno che vorrebbe che si realizzasse?

Quando inizia questa avventura avevo due sogni uno si è realizzato: la serie A, l’altro non ancora, e non demordo: la maglia azzurra
Grazie Paolo per avermi fatto rivivere tanti momenti felici.







E io ringrazio te e da parte mia complimenti per quello che hai realizzato, naturalmente noi ti seguiremo nella tua carriera.









a cura di Paolo Radi   





29 04      2020 

(Tutti i diritti riservati)