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giovedì 6 febbraio 2020


A CURA DI PAOLO RADI 






 UNA CONVERSAZIONE 
     

     
 CON 



  CARMINE   
 LIGUORI





Carmine Liguori è nato a Napoli è stato un calciatore dilettante per 12anni nelle categorie promozione eccellenza, nel 2007 finisce col calcio giocato per intraprendere quella da istruttore / allenatore.

 La prima esperienza è in una scuola calcio di Giugliano, poi pian piano si è diplomato UEFA B. Ha fatto diverse varie esperienze da secondo allenatore piazze importi come: Sant’Anastasia e Giugliano.


 Come allenatore può vantare di: aver guidato il Pollena Calcio vincendo il campionato, la Virtus Afragola, il San Pietro a Paternò Ma le sottostazioni le ottiene con i giovani formandosi per tre anni con il Torino tramite l’Accademy Torino F.C. grazie ad una persona squisita come l'ex capitano del Torino Peppe Vives e un allenatore come Teodoro Coppola. 

Oggi aspetta per portare la sua esperienza un presidente che dia fiducia. Quest'anno a settembre ho aperto una scuola calcio insieme ad un: Mr Nino Ferrara un grande de calcio campano.  Oggi” mi diverto con loro e per il futuro resto alla finestra”


   

    
   La  prima domanda è un classico: quando ha scoperto che il gioco del calcio sarebbe stata la sua più grande passione?

La passione per il calcio l’ho ereditata da mio padre, ho iniziato giocando per strada e all’età di 6 anni mi hanno iscritto alla Scuola Calcio Italsider, di conseguenza è iniziato il mio percorso in questo sport.




Se non avesse scelto il calcio, quale altro sport le sarebbe piaciuto praticare? 

Forse avrei praticato atletica leggera, mi appassionano le maratone forse dovuto al mio ruolo nel calcio, il mediano corre un “po' per tutti”. 











I suoi genitori hanno appoggiato questa scelta oppure le hanno detto la solita frase: “Non è meglio che pensi allo studio?”

In verità mia hanno sempre appoggiato, anche se ora da genitore ragionerei forse diversamente.





Com’è stata la sua esperienza da calciatore nel settore dilettantistico? 

Bella, la farei rivivere a tutti quei ragazzi che hanno una forte passione per il calcio e che non arrivano ai palcoscenici di alto livello.










Fra le tante squadre in cui lei è stato, quale ricorda più volentieri? 

Sarebbe scorretto citarne una tutte, mi è rimasto qualcosa, nel bene o nel male, sono state di aiuto sia per la vita che per migliorare in questo sport. 





Ad un certo punto lei decide di diventare allenatore. Cosa è successo, affinché lei prendesse questa decisione?

La passione è forte per questo sport e forse mettere a disposizione la mia esperienza per i giovani o i grandi mi sembrava la cosa più giusta da fare. Effettivamente le esperienze sono completamente diverse, sono come due binari paralleli, un è il calciatore e l’altro è l’allenatore.
Forse oggi posso mettere a frutto quello che ho imparato, cerco sempre di far capire bene ai giocatori quello che penso su come si possa migliorare.










Qual è la principale qualità che deve avere un allenatore? 

Meritocrazia 





Lei è stato al Torino, tramite l’Accademy Torino F.C. ci potrebbe spiegare meglio questa sua esperienza e com’è riuscito ad entrare al Torino?

Un’esperienza bellissima grazie ad una persona speciale sia come uomo che come calciatore.  Peppe Vives mi ha dato questa occasione per formarmi tramite un progetto Academy Torino, con un grande formatore come Teodoro Coppola.










Che cosa le sta dando il calcio e che cosa le sta togliendo? 

Il calcio uno anno di dà e un anno ti toglie.
Per avere continuità c'è bisogno di progetti seri e programmati oggi più che mai rari nel calcio sia a livello dilettantistico che nel settore giovanile.





    Qual è il suo stato d’animo prima di una partita? Quali consigli dà ai giocatori?

Da premettere che vivo per 90° di adrenalina, il mio stato d'animo e sempre in eccitazione per la gara.

Per i calciatori dipende dalla settimana di lavoro e dalla squadra che si affronterà, bisogna “sudare la maglia” è corre l’ obbligo di rispettarla    finché si indossa.










E alla fine di una partita, invece? Ripensa a quello che ha sbagliato a livello tattico, oppure volta pagina? 

Bella domanda, se si vince si pensa già alla prossima partita.
Se si perde bisogna esaminare gli errori e comunque non è facile affrontare la settimana. Il problema e che poi riporti anche in famiglia il tuo stato d'animo, perché un allenatore è un uomo solo. 





Una partita da allenatore che vorrebbe dimenticare? 

Finale di Coppa Italia eccellenza anno 2019 Audax Cervinara – Giugliano, persa ai rigori. 









Un suo pregio?

Un mio pregio non tocca a me certamente dirlo, sta agli addetti ai lavori. 





Un suo difetto?

Difetto tanti, il maggiore non scendere a compromessi.









Come   descriverebbe se stesso nei riguardi di una persona che non conosce nulla di lei?

Disponibile, “ma non fesso”.  Preparato nella materia. 





 La famiglia che cosa rappresenta per lei? 

Rappresenta   un punto di riferimento per i figli, bisogna cercare di guidarli nel loro percorso di vita, sono “un piccolo pilastro”, diciamo così.











Un sogno nel cassetto? 

Il mio sogno: o allenare in un settore giovanile importante e professionistico o entrare in uno staff di alto livello e mettere a disposizione il mio sapere.

Se poi tocca a me essere in prima linea accetto la sfida!




  

 Grazie  

a cura di Paolo Radi   





06          02    2020
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