PAOLO
RADI INTERVISTA…
30 giugno
2016
CONVERSAZIONE
CON
FABRIZIO LUPIS
IL MIO LIBANO
Fabrizio Lupis
giovane imprenditore del nord ha preso parte alla missione
in Libano dal 12-1982, al 06-1983, da qualche tempo partecipa con gli altri
Veterani Bersaglieri ai vari raduni, noi gli abbiamo rivolto qualche domanda
sulla Missione in Libano.
Signor Fabrizio
Lupis come tutti sappiamo la Missione in Libano si svolse in due
fasi, denominate Libano1, sotto il
comando del Ten. Col. dei Bersaglieri Bruno Tosetti, e Libano2, sotto
il comando del Generale dei Paracadutisti Franco Angioni dal, dal 1982 al
1984. Per la prima volta dopo la fine della seconda guerra mondiale un reparto
armato italiano si recava fuori dai confini italiani, con il compito di
difendere la popolazione civile. Quali sono i primi ricordi che le affiorano
alla mente?
Vede Paolo,
sicuramente i primi ricordi che tornano alla mente sono questi: avevamo la consapevolezza
che stavamo per compiere qualcosa di grande, qualcosa che fino ad allora non era mai stato
messo in pratica, dopo la seconda guerra mondiale le forze armate italiane e, non dimentichiamo
sotto la bandiera italiana, per la prima ed ultima volta uscivano dai confini
nazionali, per partecipare ad una missione di pace, in terra Libanese.
Compito
del contingente italiano era quello di garantire la sicurezza fisica dei
palestinesi che lasciavano Beirut e degli altri abitanti della città e favorire
il ristabilimento della sovranità e dell'autorità del Governo libanese nel
settore meridionale della capitale libanese, smilitarizzare un'area a cavallo
della “Linea Verde”, di conseguenza si dovevano
interporre fra le forze israeliane e palestinesi, e portare in salvo le
forze palestinesi oltre il confine siriano.
Di sicuro ci
sentivamo osservati dagli altri paesi, non potevamo fallire ne andava di mezzo
sia la figura delle forze armate italiane, ma anche la dignità e credibilità di
noi italiani, ad inizio missione eravamo
presi un po’ in giro da qualcuno per il nostro elmetto con le piume di gallo,
ma ben presto si resero conto che noi il nostro compito lo avremmo svolto bene, tanto e vero che solo dopo
qualche giorno sui muri appariva la scritta ,” only italy “ solo italiani ,
ovvero la popolazione libanese iniziava ad apprezzare quello che stavamo
facendo per loro.
Che rapporti
aveva con l’allora Ten. Col. Bruno Tosetti, oggi Generale?
Ma guardi i rapporti con il Comandante, allora sicuramente erano quelli
di ricevere ordini e noi soldati di truppa di obbedire , anche perché non
dimentichiamo che eravamo soldati di leva, non dei professionisti , quindi ci
si fidava dei nostri superiori, comunque una cosa sicura e certa è che il Ten. Col. Bruno Tosetti nome in codice ( Aquila 1) era ed è ancora oggi
molto attaccato ai suoi Bersaglieri, e devo dire che ha fatto di tutto per
riportare a casa tutti gli uomini del contingente italiano e sicuramente c’è riuscito: il 4 marzo 1983 il 2° BTG Governolo
faceva il suo rientro a Legnano con tutti i Bersaglieri al seguito.
Ancora oggi nonostante i suoi 80 anni e dopo trentaquattro anni dagli
avvenimenti in Libano, il Generale Bruno Tosetti fa ancora parte della Nostra
“famiglia” abbiamo la fortuna di poterlo frequentare, ad ogni incontro ci
emoziona ancora raccontandoci degli episodi avvenuti in libano che Noi
bersaglieri non potevamo conoscere allora, ed è sempre un piacere ascoltarlo.
Sono passati 34
anni da quella esperienza, in che modo tale esperienza l’ha fatto maturare sia
sotto il profilo umano e sia sotto quello professionale?
Paolo è vero
sono passati 34 anni da quella
esperienza, che Noi Bersaglieri abbiamo avuto la fortuna e l’incoscienza di
vivere, e fortunatamente di poter raccontare, i ricordi sono ancora talmente vicini che sembra ancora ieri, in quel periodo avevo
19 anni, non avevo nessuna idea di come sarebbe stata la mia vita, per fortuna avevo un lavoro ,un semplice
operaio apprendista, con tanta voglia di imparare un mestiere.
Venni chiamato alle armi per svolgere il
servizio di leva, ormai non si fa più, e dal mio modesto parere è un peccato perché a molti giovani abituati
ad avere tutto e subito ,avrebbe fatto bene passare un anno lontano da casa, ad
apprendere come ci si comporta nella società civile, come si convive con altre persone , l’importanza di obbedire
a degli ordini , che magari possono sembrare stupidi, per ogni cosa aspettare
in coda il proprio turno.
Poi di colpo
scegli di andare in Libano ed è come essere catapultati su una montagna russa,
davanti agli occhi ti appare un mondo ben lontano da quello che avevi visto
fino a poche ore prima, una citta distrutta, donne e bambini scalzi e mal
nutriti che vagano per la città in cerca di cibo e cercano di andare avanti nonostante
un decennio di guerre, anche un pezzo di
ferro può avere la sua importanza per poterlo rivendere e guadagnare qualche
soldo, finche non ti esplode in mano perché magari era una mina antiuomo.
L’ unica cosa che puoi fare davanti a questo
scempio e di rimboccarti le maniche e darti da fare, condividere con gli altri
quello che si ha,: il cibo i soldi i vestiti il tuo tempo in quel contesto ogni
cosa assume la sua importanza, e dopo sei mesi che hai vissuto in queste
situazioni sicuramente torni cambiato, maturato con la consapevolezza che non
sei più il ragazzo di quando sei partito , ma sei un uomo, sicuramente
migliore, ed ancora oggi nella mia azienda porto avanti quel modo di
relazionarmi con gli altri ,i miei dipendenti.
Io li chiamo ragazzi non operai anche loro
fanno parte della mia famiglia perché sono consapevole che senza di loro in non
sarei mai potuto arrivare, e sanno che in qualsiasi momento o in qualsiasi
situazione possono contare su di me perché
per loro sono Fabrizio uno di loro che cerca di sopravvivere
a questo mondo che a volte può sembrare crudele, ma che allo stesso tempo è
meraviglioso,
Perché scelse
all’epoca di entrare nel corpo dei Bersaglieri?
Paolo, la
scelta fu del tutto casuale , mi
arruolai come volontario nel corpo dei Paracadutisti, perché volevo che il mio
anno di leva non fosse solo formato da guardie e corvè in cucina in qualche
caserma d’Italia .
Quindi il car lo
feci ad Arezzo per circa un mese e mezzo , poi trasferito alla SMIPAR di Pisa ,
la scuola militare di paracadutismo, ma devo dire che fin dal primo momento
ebbi la sensazione che l’ambiente era troppo politicizzato, alcuni istruttori
diciamo che erano troppo montati si credevano dei super eroi e tu eri una nullità
da plasmare alla propria immagine, comunque ognuno è libero di pensarla come
vuole, io sicuramente volevo qualcosa di diverso e come ribadì al mio diretto superiore , “ Io non ho delle
idee politiche e soprattutto in questo
momento non mi interessano, voglio solo fare il paracadutista se va bene cosi ok
altrimenti posso anche andar via” Cosi
venni spedito a Salerno in un paesino di nome Persano dove la città più vicina
era Battipaglia a 30 Km di camion dalla caserma di Bersaglieri del 67° BTG
Fagarè, poi a fine Novembre aggregato al 2° BTG Governolo per la missione in
Libano.
Comunque nel
corpo dei Bersaglieri mi trovai subito
integrato a mio agio , cambiai il vestiario , iniziai ad indossare il Fez ,
il Vaira e soprattutto iniziai a correre cosa che faccio tuttora, e come si
dice Bersagliere a venti anni Bersagliere per tutta la vita
Voi bersaglieri
siete amati ovunque, ovunque vi vedono come coloro che portano la pace, e lo
dico senza ombra di retorica, perché questo successo presso la popolazione sia
italiana che straniera?
E molto esatto quello che dici , il Bersagliere è un soldato portatore di
pace , e questo è dovuto dal fatto che prima di agire con l’uso delle armi ad
ogni eventuale provocazione , il Bersagliere cerca di porsi al nemico in
maniera tale da non dargli motivo di iniziare uno scontro sempre con fermezza
ma sempre disposti a mediare cercando di
interagire con la popolazione in maniera umile aiutando chi ti sta di fronte a
risolvere ogni problema ,dimostrando che tutto quello che sia fa lo si fa con
il cuore, senza imporsi con arroganza o violenza.
La
missione è stata un successo, il vostro modo di rapportarvi con la popolazione
libanese ha fatto capire agli altri contingenti, mi riferisco a quelli USA; Francesi;
(da precisare che solo in un secondo momento si unirono gli inglesi) che il
vostro approccio era giusto, il soldato italiano in che cosa è diverso dal
soldato statunitense, francese o inglese, ad esempio?
Innanzi tutto bisogna dire che il Nostro modo di rapportarci con la
popolazione libanese in quel caso ci ha
dato ragione, e sono i numeri ci hanno
dato ragione, mentre gli americani ebbero circa 310 morti ed i francesi un 56
morti, Noi italiani una sola vittima (il marò Filippo Montesi) e circa 70
feriti. Tanto e vero che venne dato un
nome a questo tipo di approccio usato , il famoso modello Italia, e venne adottato in seguito da americani ,
francesi e inglesi nelle missioni successive. Bisogna ricordare anche che il
Nostro contingente era l’unico ad avere un Ospedale da campo , gestito dai
Nostri Medici Militari e dalle Volontarie della Croce Rosse , le quali
svolgevano un ottimo lavoro curando chiunque si presentasse senza escludere
nessuno, ed anche questo fu molto apprezzato dalla popolazione libanese
10 anni dopo
l’Italia partecipa ad un’altra missione, la missione Ibis in Somalia, la stessa
però non ha avuto lo stesso successo, mi riferisco all’opinione pubblica, di
quella del Libano, quali sono a suo avviso i motivi?
Paolo , secondo la mia modesta opinione, senza nulla togliere ai Nostri
fratelli piumati o a tutti gli altri reparti impegnati in quella missione , la missione
Ibis in Somalia, è stata macchiata da alcuni episodi , e purtroppo quella
missione si ricorda solo per o lati negativi , tralasciando ciò di buono che i
nostri fratelli hanno fatto, in primis il check-point pasta dove ci furono 3
morti e 22 feriti , poi il caso di Ilaria
Alpi avvolto ancora nel mistero ,oppure il caso delle torture subite da alcuni
civili somali eseguiti da alcuni soldati italiani documentati con foto e
processi vari, anche alla fine si sono dimostrati non veritieri o per lo meno
un po’ troppo amplificati. Purtroppo
questi avvenimenti hanno fatto sì che l’opinione pubblica abbia voglia di voler dimenticare ed anche in fretta tutta la
vicenda, insomma meno se ne parla e
meglio è. Non per tutti è così ovviamente, i familiari di Ilaria Alpi e gli
amici vorrebbero conoscere i mandati dell’omicidio.
Comunque tanto di cappello a tutti coloro che hanno preso parte a quella
missione , anche perché ancora oggi , io mi chiedo , e se ci fossi stato io in
quelle situazioni , come mi sarei comportato? Cosa avrei fatto?
Come avrei reagito? Sono domande che ancora oggi mi porgo e non so darmi
una risposta.
Un’ultima
domanda, un episodio che le è più caro di tutta la missione, ce lo può
raccontare brevemente?
Certamente, di situazioni ne abbiamo vissute parecchie dalla nascita di
un piccolo libanese supportato dai Nostri Medici militari che ancora oggi in
nostro onore porta il nome GOVERNOLO
HIBRAIN MUSTAFA’ ALI’ ZAN ZAN, oppure le notti passate sul ceck point civetta 21
nel campo profughi di Chatila, il Natale passato lontano da casa con qualche
rimpianto.
Ma la situazione che ancora mi fa
pensare è sicuramente quella in cui una notte dove alcuni miliziani ci spararono
sulle tende da dei palazzi intorno al
camp, vedevi i traccianti, (proiettili
che lasciano una scia luminosa per vedere dove vanno a colpire), che ti
passavano sulla testa , ed allora imbracciai il fal BM59 e strisciando dietro il palazzo di comando
decisi di mettermi al riparo di una
colonna in cemento per controllare il
perimetro, nel frattempo sopraggiunse un Mercedes a bassa velocità, che si
ferma davanti al portone d’ingresso e solo dopo aver ricevuto l’ordine da un
colonnello di sparare, aprii il fuoco, e quella volta ci andò bene perché
alcuni occupanti del mezzo scapparono lasciando i Kalashnikov in auto e alcune
bombe a man, mentre l’autista ferito rimase
al volante, soccorso dai nostri medici e portato prima per le cure
nell’ospedale da campo e poi consegnato alle forze libanesi.
Per farla breve, passammo tutta la notte cosi sempre allertati in posizione di difesa. Questa vicenda, Mi fa
ancora oggi riflettere , e penso che se avessero voluto farci fuori , in
qualsiasi momento avrebbero potuto farlo, ma per fortuna Noi siamo Bersaglieri
, coloro che portano la Pace.
GRAZIE
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