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lunedì 7 settembre 2015


LUNEDI’ 07 SETTEMBRE 2015


INTERVISTA CON EMANUELE SALVATORE



ITALIA/LONDRA



Fotografo professionista, la sua attività professional si è svolta per oltre 20 parallelamente tra cinema, fotografia e grafica di cui oggi ne cerca l’integrazione. Ha collaborato ad oltre 200 produzioni pubblicitarie (Martini, Lavazza, SKY, Campari, Telecom, Mercedes, FIAT, Barilla, Findus ecc) e cinematografiche (Mission Impossible III, Batman “The Dark Knight”, Apocalypto, 007 Quantum of Solace) lavorando con alcuni tra i più noti Registi e Direttori delle fotografia al mondo.  Nel 2007 ha aperto la Salvatore Photographers un’agenzia fotografica che si occupava prevalentemente di servizi fotografici e video per il corporate/industry. L’internazionalizzazione dei progetti a cui ha partecipato l’ha portato nel 2013 ad allargare la sua visione e spostare la sede del business a Londra. Nel 2014 nasce la Salvatore Associates Ltd che opera al momento con 11 dipendenti e 35 professionisti associati nei settori del Brand Building & Communication fornendo soluzioni integrate nelle aree di Design, Innovation Technology e Photo & Video Production.



Signor Emanuele Salvatore  da quanto tempo vive a Londra


Ho iniziato a tessere i rapporti commerciali con Londra nel 2007 poi nel 2013 visto la crescente richiesta di lavoro dal territorio britannico ho optato per il trasferimento. 



Come mai questa scelta di andare a vivere  in questa città? Forse l’Italia non le dava più certi stimoli, o c’è qualcos’altro?
Il problema dell’Italia è che le imprese non godono né di imprenditori lungimiranti né stimoli per il “far bene”. La pressione fiscale a cui sono sottoposte le aziende in Italia oltretutto non consente degli investimenti adeguati da parte degli imprenditori nella produzione di interventi mirati al miglioramento dell’immagine  che vedono sempre più spesso l’investimento in pubblicità come un costo insostenibile piuttosto che un investimento





Come si è trovato inizialmente, mi spiego meglio, volevo chiedere su  come sia  stato accolto dai suoi colleghi?


Avendo già una base di clienti su cui contare lo spostamento in Inghilterra non è stato traumatico. Tuttavia inizialmente sentivo la necessità di confrontarmi con i sistemi britannici ed ho quindi accettato di lavorare come direttore Marketing per un’azienda Londinese. Questo mi ha offerto la possibilità di capire meglio alcuni dei meccanismi del “fare business” in UK e soprattutto mi ha permesso di verificare l’efficienza dei rapporti lavorativi che si instaurano tra datore di lavoro e lavoratore.




Tantissimi sono gli italiani che si sono trasferiti in Inghilterra, non pensa che molti forse potrebbero rimanere delusi? Anche perché molti la vedono come una nuova “”.



Troppi direi, gli italiani che stanno raggiungendo Londra in questi ultimi anni. Da una prima valutazione, stante anche i numeri riportati dal consolato generale d’Italia a Londra, molti di questi ragazzi, sono disposti a fare qualsiasi cosa pur di avere un’opportunità. La maggior parte di loro finisce dentro qualche ristorante a fare il lavapiatti o il cameriere e molti di loro non avranno mai quell’opportunità che tanto cercavano. Tuttavia vivono il sogno di Londra giorno dopo giorno, fino quando non scatta o l’opportunità che tanto cercavano o il biglietto per tornare a casa. Sto sviluppando di concerto con il Consolato Generale d’Italia a Londra un  portale per il censimento delle attività italiane a Londra o di forte riconoscibilità italiana.



Ora che lei è un professionista affermato, quali consigli darebbe a un giovane italiano in procinto di lasciare l’Italia per trasferirsi dove lei lavora?




 Londra è una città competitiva, molto veloce e per certi versi diabolica. Se non parlate inglese e non siete degli specialisti in qualcosa, difficilmente potrà essere la vostra città di riferimento per la vita; poi se uno si accontenta di una casa con altri 7 o 9 inquilini provenienti dal resto del mondo ed una camera condivisa con un perfetto sconosciuto e con una paga di 1000£ al mese che probabilmente basteranno a mala pena per pagare l’affitto, i mezzi di trasporto e qualcosa da mangiare, allora:  questo è il posto giusto.



Si dice che noi italiani siamo molto creativi però meno legati a certe regole, si tratta del solito luogo comune?




 Purtroppo è vero, dove ci sono dei record di negatività, questi spettano quasi sempre tutti a noi italiani ed anche qui a Londra molti italiani hanno contribuito a veicolare un messaggio non del tutto positivo sulle nostre abitudini. Tuttavia l’eccellenza italiana è indiscutibile e quando trova terreno fertile, non ce n’è per nessuno.



Le manca la sua città, chiarisco, ha mai la sensazione di sentirsi comunque uno straniero, integrato certamente, ma sempre straniero?



Di Roma mi mancano gli amici e gli affetti ovviamente, per il resto preferisco essere legato ai ricordi di una città favolosa, la caput mundi piuttosto che pensare realmente a quanto purtroppo Roma, non sia in grado di assolvere ai più banali compiti per il benessere del suo cittadino. Per quanto riguarda Londra, io mi sento sempre straniero, e di fatto lo sono, ma per pretendere di integrarsi ed essere accettato e benvoluto bisogna  avere rispetto delle loro regole. È il primo buono passo da compiere per iniziare un processo di integrazione coerente e costruttivo. 



 Un’ultima domanda, di che cosa avrebbe bisogno l’Italia per ritrovare quell’energia, quella freschezza che aveva negli anni ’60?






Mi piacerebbe avere una risposta che sia così ampiamente valida ed applicabile come la domanda richiede. L’Italia ha bisogno di lungimiranza e di una politica incentrata sullo sviluppo e non sul conservatorismo. Scontato dire che la competitività della pressione fiscale sia fondamentale così come anche di contratti di lavoro che non siano blindati e che consentano ad entrambi di giovare dei benefici della reciproca cooperazione quando c’è.


















sabato 29 agosto 2015







SABATO 29 AGOSTO 2015


CONVERSAZIONE CON GAETANO MAIDA


QUALE

 FUTURO

PER

LA

COMUNICAZIONE
?



Gaetano Madia lavora da 10 anni nel mondo della comunicazione e ora è un digital manager per una multinazionale.


Signor Maida il primo dominio internet è di trent’anni, da allora possiamo dire tutto è cambiato. Lei come si è avvicinato a questo mondo?



Si siamo già a 30 anni dalla registrazione del primo dominio. Sono cambiate tante cose nel mondo di internet. Sono cambiati gli attori, basti pensare a Google e Facebook, sono cambiate le tecnologie, è cambiata la velocità di connessione, ma è cambiato soprattutto l’utente, in particolare negli ultimi 10 anni.
La Maggiore consapevolezza degli strumenti e la voglia di ribaltare il modello di comunicazione, da “uno a tanti” come avveniva con la comunicazione di massa a “tanti a tanti” tipico del web 2.0, hanno portato gli utenti ad essere l’elemento centrale del web. Non a caso, per le aziende che lavorano su internet, la vera fonte di ricchezza sono i dati degli utenti che rappresentano il target di ogni possibile comunicazione.
Io sono entrato in questo mondo per caso.
Dopo essermi laureato in Scienze della Comunicazione a Siena, pensavo di voler lavorare nella comunicazione tradizionale. Mi interessavano gli eventi. Mi sarebbe piaciuto organizzarli.
Ma partecipai alla selezione di uno stage per una nota banca che cercava un web project assistant per il settore E-banking. Da li ho cominciato a capire realmente le logiche di internet, le sue potenzialità e ne sono rimasto affascinato.
Dopo la stage fui assunto nella direzione web di Pagine Gialle e da li il mio percorso mi ha portato oggi a lavorare come Digital Manager per una media company multinazionale che offre servizi tradizionali e web ai grossi brand del lusso e del retail.



Potrebbe spiegarci in che cosa consiste il suo lavoro?



Il mio lavoro consiste principalmente nell’ascoltare il cliente. Cercare di capire realmente quali siano le sue esigenze di comunicazione e solo successivamente pensare a quale strategia e quali strumenti siano più adatti per raggiungere i suoi obiettivi. Ovviamente poi seguo tutto il progetto fino a quando non vede la luce.
Molto spesso le aziende, hanno difficoltà a capire veramente quello che vogliono e come comunicarsi al proprio mercato. Io li aiuto anche in questo. Ed è questa la parte più importante e delicata del mio lavoro sia da un punto di vista relazionale (immaginatevi un estraneo che entra a casa vostra e vi dice come è meglio sistemare le stoviglie….) sia da un punto di vista dell’attenzione.



Oggi l’opinione pubblica  si lamenta della poca comunicazione verbale, si scrive molto, ma poi quando si comunica, si comunica male o tale processo non avviene affatto. Lei cosa ne pensa?


Io non sono molto d’accordo con chi dice che non si comunica più. La verità è che forse si comunica in maniera diversa. Ricordate come avveniva una chiacchierata tra amici vent’anni fa? Si parlava, si gesticolava, si guardava un giornale e si commentava.
Oggi invece? Non ce ne rendiamo conto ma comunichiamo a più livelli. Parliamo con il nostro interlocutore e nel frattempo chattiamo con un’altra persona magari in un altro continente. Mentre un nostro amico ci parla di un vacanza, controlliamo sul nostro smartphone dove è stato e quanto costa. In sostanza uniamo la comunicazione tradizionale con quella digitale. Siamo pervasi da informazioni.



Quello che voglio è dire è questo: su Facebook, scriviamo molto, anche cose personali, poi però quando abbiamo la persona davanti, cala il “sipario del silenzio”. Non so, mi viene in mente questa situazione: “dallo psicologo forse siamo capaci di raccontare molto dal nostro intimo, poi capita che se per caso incontriamo il dottore in una situazione diversa, volgiamo lo sguardo dall’altra, come se ci vergognassimo”.  Non trova?


Vede, quando siamo davanti ad una tastiera o al nostro smartphone, ci sentiamo protetti. siamo noi che comunichiamo verso gli altri. Non ci preoccupiamo più di tanto delle reazioni che possiamo suscitare in chi ci legge.  È vero, abbiamo dei feedback, tipo un commento, un “mi piace”, ma si tratta di feedback estremamente asettici e completamente differenti dai feedback che potremmo avere da un nostro reale interlocutore.
Sul web si comunica principalmente attraverso la comunicazione scritta che potremmo paragonare a quella “verbale”, ma mancano gli altri due elementi cardine: la comunicazione non verbale e la paraverbale. Sono questi due elementi che ci offrono tantissime informazioni su come il nostro messaggio viene percepito. Capiamo istantaneamente se piacciamo o meno a chi abbiamo davanti da un suo sguardo, dalla tonalità di voce con cui ci risponde. Quindi nel mondo reale siamo più “vulnerabili”. Per questo ci apriamo di meno.
Lo stesso vale per lo psicologo. Ha mai sentito parlare di uno psicologo che tratta male i propri pazienti?


Tanti sono oggi i social network quale secondo lei influisce di più ne far cambiare, magari, idea alle persone su un determinato fatto culturale? Penso a Facebook, a Twitter, per esempio.



Facebook è senza dubbio il social network più potente.
La sua forza sta nell’essere accessibile a tutti, anche a chi non sa nulla di internet. Per creare un profilo ci vogliono circa 4 minuti. È quindi un social network per tutti. A prescindere da fattori anagrafici, stili di vita, livello culturale ed economico.
È il social network del “popolo” per eccellenza. Una piazza virtuale senza confini geografici e temporali.  È quello più utilizzato dalle aziende per farsi conoscere, dalle testate online per condividere notizie e aumentare il numero di lettori, è quello che più facilmente permette agli utenti di diventare “Narcisi” e “Voyeur”.
Se pensa che è stato utilizzato anche dai politici nelle campagne elettorali, capisce facilmente che è dedicato alla grande massa di utenti.
Twitter è invece un po’ elitario. Molti meno utenti, un modello completamente diverso. Scrivere in 160 caratteri non è roba per tutti. Solitamente il livello culturale di chi lo utilizza è medio alto. Ad oggi è quindi un social non adatto a tutti. C’è da dire però che Twitter è un canale di comunicazione tenuto molto sotto controllo da chi fa informazione. Solitamente infatti gli spiriti più critici sono proprio utenti di Twitter.



Un eccesso di informazioni che troviamo nel Web non può portare a 0 informazioni. E’ difficile distinguere cosa sia vero o cosa sia falso.


Sono in parte d’accordo. Troppe informazioni tendono a creare entropia, e se non ci fossero le tecnologie giuste, rischieremmo di non trovare più nulla.
Pensi a Google. Nel 2001 fu innovativo perché dava all’utente la possibilità di scrivere all’interno di un unico box di ricerca quello che voleva trovare. Questo era possibile perché il numero di pagine “indicizzate” in Google era di un miliardo e mezzo circa.
Dopo 5 anni, quando il numero di pagine indicizzate da Google crebbe esponenzialmente, Google dovette cambiare, dando all’utente la possibilità di selezionare a monte se stava cercando un’immagine, una notizia, un video etc..
In sostanza all’aumentare delle informazioni, Google cambiò il modo di far fare le ricerche agli utenti e ovviamente migliorò anche il suo algoritmo di ricerca.
È quello che succede oggi. Tante informazioni e nuovi modi di fruirne.
Questo ci  aiuta anche a capire cosa è vero e cosa è falso. Ma purtroppo non sempre è cosi. I fattori culturali ed anagrafici, in tal senso, giocano un ruolo cruciale. Basti pensare al Phishing ( la pratica di inviare mail associabili alla propria banca, inviate da truffatori  che vogliono carpire i dati di accesso del conto corrente del destinatario), tante sono le persone che ci cascano. Si tratta principalmente di anziani o di persone che non riescono a capire se la mail è inviata realmente dalla propria banca o meno.



Beppe Grillo afferma spesso che Internet è un sistema democratico, ma siamo sicuri che sia così?

Un sistema è democratico quando all’interno di un perimetro di regole, ognuno si comporta in maniera libera.
Internet è sicuramente uno strumento che permette ad ognuno di poter dire quello che pensa, a patto che rispetti le regole della moralità e del diritto civile e penale.
Credo che Grillo si riferisse all’aspetto politico e di comunità virtuale in cui ognuno può dire quello che pensa.
Io però vedo internet anche come un sistema economico. Dove si sono ormai imposti degli attori che in qualche modo influenzano il nostro comportamento.
Internet è ancora un modo de-regolato. Esistono tanti vuoti normativi, in particolare sulla privacy. Ed esistono poi tanti modelli pubblicitari che mirano a modificare le scelte degli utenti.
Navigando non le è mai capitato di visitare un sito e poi essere “perseguitato” da un banner che pubblicizza quel sito o un prodotto che ha visto precedentemente?
Ecco. Non so se sia democratico o meno. Sicuramente però è un aspetto da valutare quando si parla di libertà di scelta e democrazia.




Grazie al signor Gaetano Madia.
















giovedì 6 agosto 2015

GIOVEDI’




6 AGOSTO 2015


I VERI ITALIANI. I VERI PATRIOTI  




I verti patrioti parlano italiani, al Nord è diffuso dire: " Ci sono molti italiani negli atenei americani piuttosto che nei college". E' sbagliato in quanto piuttosto che è una congiunzione avversativa, ad esempio è corretto scrivere:" In vacanza preferisco andare al mare piuttosto che fare un viaggio". E' sbagliato scrivere. " Hai fame? Assolutamente " . Assolutamente ha un significato neutro è dev' essere accompagnato da sì o no:" Hai fame? Assolutamente sì". I veri patrioti parlano e scrivono in Italiano.


IN ITALIANO CARI LETTORI...