S A B A T O
27 GIUGNO 2015
IO E IL CALCIO
INTERVISTA CON DOMENICO NAPOLI
Domenico Napoli è un giovane manager campano. Abbiamo
deciso di rivolgergli qualche domanda….
Signor Domenico Napoli come vede l’attuale situazione
economica italiana?
Una domanda
non facile questa, la situazione economica Italiana non è delle più semplici,
il paese è stretto nella morsa tra una spesa pubblica che non decresce e le
grandi aziende che sbaraccano. La nostra economia è vittima di una errata programmazione
industriale, incapace di leggere la storia e modificarsi. Ad esempio, al crollo
del Muro di Berlino, solo pochi ed inascoltati economisti avevano previsto
l’invasione dei nuovi potenti dell’Est, da democratici colonizzatori siamo
diventati dei debitori dei potenti oligarchi e della potente economia Cinese.
Il Paese però non è all’ultima spiaggia, ritengo opportuno che chi ci governa
concentri il suo operato sullo sviluppo di una vera e propria economia del
turismo, capace di esaltare quel patrimonio archeologico, culturale,
paesaggistico, gastronomico che soltanto il nostro Paese possiede. Per far
questo c’è bisogno di una presa di coscienza comune, di un orgoglio nazionale
che non deve e non può manifestarsi soltanto in occasione delle partite della
nazionale. Ogni italiano dovrebbe farsi testimonial della propria città, del
proprio Paese, della propria stessa nazione. Per il bene comune.
Spesso si sente dire in televisione da alcuni uomini
politici “ Noi del nord facciamo da traino all’economia meridionale, non si
sente colpito da frasi di questo tipo?
Indubbiamente
alcune zone del Nord hanno rappresentato e rappresentano un traino per la
nostra economia ma, non posso soffermarmi anche su quelle tante aziende che al
Sud sono scese solo per “rubare” fondi, aprire e chiudere aziende in un battito
di ciglia.
Purtroppo il
Sud paga una arretratezza infrastrutturale che il Nord non ha, così come un
eccessivo tasso di scolarizzazione, magari dovremmo avere meno avvocati e più
operai specializzati.
No, da
meridionale non mi sento un parassita rispetto ad un abitante del Nord, anzi.
Lei quest’anno ha avuto un’esperienza particolare, è
stato Direttore operativo del Taranto Calcio, come mai e perché si è
inserito in questo mondo?
Mi sono
inserito in questo mondo per caso, quando un mio fraterno amico, l’ex
calciatore Francesco Montervino, bandiera di Napoli e Salernitana, tarantino di
nascita, compulsato da imprenditori e politici di Taranto, mi ha coinvolto come
consulente nell’impresa di salvare il Taranto dal Fallimento e così, poi, mi
sono ritrovato a gestire tutte le problematiche relative alle PR,marketing, organizzazione e logistica della società.
Saprebbe fare un bilancio, più aspetti positivi o
negativi, oppure la bilancia non pende né a destra e né a sinistra?
Sicuramente il
bilancio è stato positivo, un’esperienza faticosa ma impagabile, per un
appassionato di calcio, ritrovarsi in “mezzo al campo” soprattutto in una
piazza così calda ed appassionata come quella di Taranto mi ha regalato brividi
ed emozioni difficilmente descrivibili.
Peccato che a
causa di alcune divergenze tra lo staff tutto e la proprietà la mia avventura è
terminata anzi tempo, ad un passo dal sogno promozione.
Spesso si sente dire “il calcio è malato”; quali sono
le cause che lo rendono, appunto “malato”: voglia di successo improvviso,
soldi, sudditanza nei confronti dei tifosi, oppure, mancanza d’amore verso
questo sport?
Dopo un solo
anno di calcio, non mi sento in grado di esprimere giudizi sulla salute del
calcio, quello che è certo è che per stare al passo con le altre nazioni, il
nostro calcio necessita di una rifondazione che non può non partire da un
regime fiscale più consono ed allineato al resto d’Europa.
Le pressioni
da parte dei tifosi fanno parte del gioco, ne costituiscono una parte
importante, ma non sono certo un fattore di sudditanza, piuttosto uno stimolo a
migliorarsi. I tifosi pagano il biglietto, fanno chilometri per seguire la
propria squadra e sostenere i propri colori, restano ore al sole, all’acqua ed
al vento, i giocatori ed i dirigenti passano, i tifosi restano, sono loro la
vera bandiera di una squadra, per questo meritano rispetto.
Se la sentirebbe di portare la sue esperienza
manageriale presso un’altra squadra?
Le emozioni che
mi ha regalato quest’anno mi farebbero rispondere certamente si, ma i capelli
bianchi che ho sulla testa mi consiglierebbero di farlo solo davanti ad un
progetto concreto, pensandoci bene, senza lasciarsi trasportare
dall’entusiasmo.